Scarsità d’acqua in Medio Oriente: ecco come la regione sta lottando contro una crisi delle risorse

La regione del Medio Oriente e Nord Africa (MENA) è la più colpita dalla scarsità d’acqua nel mondo, secondo l’ONU, il 90% delle popolazioni del mondo arabo vive in aree a stress idrico alto o estremamente alto. Le cause di questa crisi sono molteplici: clima arido, sfruttamento eccessivo delle risorse, inefficienza nella gestione dell’acqua, cambiamento climatico. La scarsità d’acqua ha gravi conseguenze sul piano economico, sociale e politico, e può generare conflitti tra i Paesi che si contendono i bacini idrici transfrontalieri, come il Nilo, il Tigri e l’Eufrate, e il Giordano.
È necessaria una maggiore cooperazione regionale e internazionale per affrontare questa crisi, oltre a politiche di adattamento e mitigazione che promuovano un uso sostenibile dell’acqua.
La scarsità d’acqua in Medio Oriente (dei 17 paesi più stressati al mondo, 11 si trovano in Medio Oriente e Nord Africa) è una sfida seria che riguarda milioni di persone. Le conseguenze della scarsità d’acqua includono insicurezza alimentare, rischi per la salute, disordini sociali e degrado ambientale. La regione per affrontare questo problema, deve adottare pratiche più sostenibili ed efficienti di utilizzo, conservazione e cooperazione dell’acqua.
L’accelerazione della crisi climatica, la scarsità d’acqua nella regione che ospita 360 milioni di persone potrebbe peggiorare e interrompere la crescita economica. Il rapporto della Banca Mondiale ha rilevato che nei prossimi 30 anni la scarsità idrica legata al clima potrà portare a perdite economiche fino al 14% del PIL totale della regione.
Le innovazioni tecnologiche e il miglioramento dei sistemi di gestione dell’acqua in alcuni paesi stanno contribuendo ad attenuare la crisi; altri paesi stanno cercando collaborazioni internazionali, sviluppando impianti di desalinizzazione, incoraggiando un’agricoltura sostenibile e programmi di riciclo dell’acqua, ma è opinione diffusa che in futuro sia necessaria una maggiore cooperazione e una gestione a livello statale per evitare una grave crisi idrica.
I giornalisti del The National in tutta la regione hanno parlato con agricoltori, cittadini, funzionari e imprenditori del settore agroalimentare per capire la portata del problema e dove può risiedere la speranza di cambiamento.

Iraq
Le Nazioni Unite hanno identificato l’Iraq come il quinto Paese al mondo più vulnerabile ai cambiamenti climatici, uno dei settori più colpiti dalla scarsità d’acqua in Iraq è l’agricoltura, che rappresenta meno del 4% del PIL annuale del Paese (nel 2021 era pari a 208 miliardi), ma è la principale fonte di reddito per almeno un terzo – ovvero 14 milioni – dei 44 milioni di abitanti della nazione.
Le due principali fonti d’acqua dell’Iraq, i fiumi Tigri ed Eufrate, che rappresentano oltre il 90% delle riserve d’acqua dolce del Paese, si sono notevolmente ridotte nel corso degli anni. La costruzione di dighe e la deviazione dell’acqua a monte, in Turchia e in Iran, hanno aggravato la situazione, lasciando a nazioni a valle come l’Iraq meno acqua.
È stato evidenziato che anche la cattiva gestione e l’inquinamento hanno contribuito alla crisi, alcuni agricoltori hanno iniziato a abbandonare le tecniche di irrigazione secolari per passare a sistemi più moderni che riducono l’uso dell’acqua di quasi la metà.
Il governo fornisce un certo sostegno, ma secondo gli agricoltori non è sufficiente a coprire le loro esigenze.

Giordania
La Giordania è una delle nazioni con la maggior scarsità d’acqua al mondo, sono disponibili appena 100 metri cubi d’acqua all’anno per persona, ben al di sotto dei 500 metri cubi che le Nazioni Unite classificano come “scarsità assoluta”.
L’aumento della popolazione, la cattiva gestione e i cambiamenti climatici stanno mettendo ulteriormente a dura prova le riserve idriche naturali in diminuzione.
Il governo sta cercando di costruire un impianto di desalinizzazione multimiliardario con investimenti stranieri, per convogliare l’acqua dalla città più meridionale di Aqaba alla capitale Amman.
Il progetto offre qualche speranza al Paese, ma la procedura di gara è in stallo da più di tre anni, mentre le autorità lottano contro l’uso illegale dell’acqua, i furti e le perdite nella rete; anche le precipitazioni si sono ridotte nel corso degli anni e gli agricoltori ne hanno risentito maggiormente, con un calo significativo della produzione a causa della mancanza d’acqua, per questo motivo alcuni agricoltori hanno abbandonato le colture tradizionali, che richiedono più acqua, per passare a quelle che ne richiedono meno, come le fragole e i datteri.
La domanda nel Golfo rende questi prodotti più redditizi per gli agricoltori e riduce la pressione sulle riserve idriche del regno, per lo più deserto e arido.

Libano
Lo scorso anno l’Unicef ha avvertito che la salute di milioni di persone in Libano (Paese di circa sei milioni di abitanti) era a rischio a causa della crisi idrica, ha sottolineato che i fornitori statali, non sono in grado di fornire acqua a sufficienza “in gran parte a causa della crisi energetica”, ma anche perché l’aumento dell’inflazione – aggravato dall’inizio della crisi economica nel 2019 – rende proibitivo il mantenimento delle infrastrutture e il costo dei ricambi.
L’agricoltura sta soffrendo nelle città più piccole come Baalchamy, a sud-est di Beirut. La città per installare pannelli solari sul pozzo pubblico ha chiesto l’aiuto e il finanziamento all’Ambasciata giapponese e al gruppo dell’Università americana di Beirut.
La siccità e il cambiamento climatico stanno mettendo a dura prova gli agricoltori del Libano, che devono affrontare la scarsità di acqua e le fluttuazioni dei raccolti, nel villaggio di Qab Elias, nella valle della Beqa’a, molti coltivatori di frutta e verdura si sentono impotenti di fronte alle piogge incostanti e sempre più scarse.
Hassan coltiva pomodori e melanzane ha detto:
«Ogni stagione è come una lotteria, non sappiamo mai se avremo abbastanza acqua da irrigare i nostri campi o se dovremo comprare l’acqua da altri. Il costo dell’acqua è aumentato negli ultimi anni, a volte non riesco a coprire le spese. Siamo in una situazione critica, se non troviamo una soluzione, saremo costretti ad abbandonare la nostra terra».
La mancanza di pioggia li costringe a irrigare le loro colture con la limitata fornitura di acqua di sorgente fornita dal Comune ogni nove-dodici giorni.

Egitto
Oltre il 90% dei 105 milioni di abitanti dell’Egitto dipende dal Nilo per il proprio fabbisogno di acqua dolce, ma a monte, la costruzione di una diga sul fiume Nilo Azzurro nella regione rivale dell’Etiopia, minaccia una grave carenza.
L’Egitto a sua volta nel sud ha costruito la diga bassa di Assuan e la diga alta di Assuan per prevenire l’inondazione incontrollata del bacino del Nilo, creare una riserva di acqua dolce – il lago Nasser – e contribuire a fornire elettricità vitale all’enorme nazione.
La costruzione delle dighe è avvenuta a spese dei nubiani del sud, sono stati trasferiti in un’altra zona perché le loro case sono state distrutte dal lago Nasser.
I nubiani del sud sono un gruppo etnico che vive nella regione del Nilo in Sudan e Sud Sudan, sono discendenti degli antichi nubiani, una civiltà che fiorì lungo il Nilo tra il 2500 a.C. e il 1500 d.C. I nubiani del sud parlano diverse lingue nubiane appartenenti alla famiglia linguistica nilo-sahariana, alcuni di loro sono cristiani, altri musulmani e altri seguono religioni tradizionali. I nubiani del sud hanno una ricca cultura e storia, ma sono anche minacciati da conflitti, povertà e marginalizzazione.
Il gruppo etnico continua a sentire il dolore della perdita e sta lavorando duramente per garantire che la sua cultura sopravviva alle generazioni future.
Il problema riguarda anche a nord, l’antica città di Rosetta (è il nome latinizzato della città egiziana Rashid situata presso la costa del Mar Mediterraneo circa 65 km a est di Alessandria nel Governatorato di al-Buhayrah) sta scomparendo sotto l’acqua, prima della costruzione delle dighe, i sedimenti naturali risalivano il Nilo e si depositavano lungo le rive, impedendo l’erosione del suolo. Tuttavia, da quando sono state costruite le dighe, Rosetta ha perso fino a 6,8 km di terreno a favore del fiume, compresi tutti gli edifici che vi sorgevano. Ora anche il Fort Julien, vecchio di 550 anni, è a rischio: solo le pompe elettriche tengono a bada l’acqua.

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About Pino Silvestri

Pino Silvestri, blogger per diletto, fondatore, autore di Virtualblognews, presente su Facebook e Twitter.
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