L’economia italiana nella morsa del deficit di bilancio e debito pubblico elevato

L’economia italiana è cambiata drasticamente dopo la fine della seconda guerra mondiale, da un’economia basata sull’agricoltura, si è trasformata in attività industriale, classificato nel mondo come ottava più grande economia di mercato. L’Italia fa parte delle nazioni industrializzate del Gruppo degli Otto (G8), è un membro dell’Unione europea e l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE).
L’Italia ha poche risorse naturali, importa prodotti alimentari perché buona parte del suo territorio non è adatto all’agricoltura. Non ha consistenti giacimenti di ferro, carbone, o petrolio. Le riserve di gas naturale, soprattutto nella Pianura Padana e lontano dalla costa nel Mare Adriatico, costituiscono la risorsa mineraria più importante. La maggior parte dei materiali grezzi necessari per la produzione, oltre l’80% delle fonti energetiche del Paese è importata.
La forza economica in Italia è basata sulla lavorazione e la produzione di beni, soprattutto nelle piccole e medie imprese a conduzione familiare. Le sue industrie principali riguardano macchinari di precisione, autoveicoli, prodotti chimici, farmaceutici, elettrici, turismo, moda e abbigliamento.
L’Italia continua a confrontarsi con il deficit di bilancio e debito pubblico elevato. Ha aderito all’Unione Monetaria Europea (UEM) nel 1998 con la firma del Patto di stabilità e di crescita, come condizione di quest’appartenenza alla zona euro, deve mantenere il suo deficit di bilancio sotto un tetto del 3%.
Il governo italiano ha avuto difficoltà a portare il disavanzo a un livello tale da consentire una rapida diminuzione del debito. Il peggioramento della situazione economica ha compromesso quest’obiettivo, il deficit è cresciuto ben sopra il tetto del 3%, nel 2009 era al 5,4%, nel 2010, al 4,5%.
Il primo ministro Mario Monti ha annunciato l’intenzione di pareggiare il bilancio entro il 2013 attraverso le misure di austerità prescritte dall’UE, comprendono l’aumento delle tasse e tagli alla spesa.
La crescita economica in Italia nel periodo 2001-2008, in media è stata sola dello 0,8%. Il PIL (in gran parte a causa della crisi economica mondiale e il suo impatto sulle esportazioni e della domanda interna), ha avuto un calo dell’1,3% nel 2008 e del 5,2% nel 2009. Ha recuperato solo una parte del terreno perduto con il PIL in crescita dell’1,2% nel 2010 e dello 0,6% nel 2011.
I legami commerciali italiani sono più stretti con gli altri paesi dell’Unione europea, con la quale conduce circa il 58,1% degli scambi complessivi (dati 2009). I suoi partner commerciali più importanti in ordine di mercato sono la Germania (12,7%), Francia (11,6%), Spagna (5,7%), e Regno Unito (5,1%).
L’Italia continua a confrontarsi con i danni della globalizzazione in cui alcuni paesi (in particolare la Cina) hanno eroso l’economia secondaria del settore industriale. L’economia italiana è influenzata anche da un’economia sommersa, l’Istituto statistico italiano (Istat) stima che le transazioni non tassate potrebbero ammontare a 275.000.000.000 di euro l’anno (circa 363.000 milioni dollari), rappresentano il 18% del PIL.

Lavoro
La disoccupazione in Italia è un problema regionale – bassa al Nord, alta al Sud -, il tasso ufficiale di disoccupazione attestato sull’8,5% nel 2011, è inferiore alla media UE. Tuttavia, gli esperti ritengono che il tasso reale di disoccupazione (con i sottoccupati e quelli che hanno smesso di cercare lavoro), ha raggiunto l’11% in un decennio di bassa crescita e il rallentamento dell’economia mondiale.
Esperti economisti prevedono per l’Italia il tasso di disoccupazione elevato nel 2012 e 2013. Tradizionali disparità regionali del mercato del lavoro rimangono invariati, con un tasso di disoccupazione significativamente più elevato al Sud rispetto al Nord e Centro Italia. Il tasso complessivo nazionale è al suo livello più basso dal 1992. Problemi cronici d’inadeguatezza delle infrastrutture, la corruzione, la criminalità organizzata, agiscono come disincentivi agli investimenti e alla creazione di posti di lavoro nel Sud. La rilevante economia sommersa assorbe un numero consistente di persone che lavorano con salari bassi e senza standard di prestazioni sociali e protezioni. Le donne e i giovani, rispetto agli uomini, hanno tassi significativamente più elevato di disoccupazione.

Sindacati
I sindacati sostengono di rappresentare il 40% della forza lavoro. La maggior parte dei sindacati italiani sono raggruppati in quattro grandi confederazioni: la Confederazione Generale Italiana del Lavoro (CGIL), la Confederazione Italiana Sindacati dei Lavoratori (CISL), l’Unione Italiana del Lavoro (UIL), e l’Unione Generale del Lavoro (UGL), insieme rappresentano il 35% della forza lavoro. In precedenza queste confederazioni prima di diventare autonome erano associate con importanti partiti politici o correnti.
La CGIL, CISL, e UIL sono affiliati con la Confederazione Internazionale dei Sindacati Liberi (CISL), abitualmente coordinano le loro posizioni prima di affrontare la gestione o fare pressioni sul governo. Le Confederazioni hanno avuto un ruolo importante di consultazione nazionale sulle questioni sociali ed economiche.

Agricoltura
L’agricoltura in Italia riflette quella dei paesi del nord e del sud dell’Unione europea. Il  settentrione dell’Italia produce principalmente cereali, barbabietole da zucchero, soia, carne e latticini, mentre il Sud è specializzato in frutta, verdura, olio di oliva, vino, e frumento duro.
L’Italia anche se gran parte del suo territorio montuoso non è adatto all’agricoltura, ha una grande forza lavoro (1,4 milioni) impiegata in questo settore. La maggior parte delle aziende agricole sono piccole, con la dimensione media di soli sette ettari.

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Pino Silvestri, blogger per diletto, fondatore, autore di Virtualblognews, presente su Facebook e Twitter.
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