La sindrome di Down, come l’Alzheimer, è un disturbo da doppio prione

Il cervello delle persone con sindrome di Down sviluppa gli stessi grovigli e placche neurodegenerative associate al morbo di Alzheimer, spesso mostrano i segni del disturbo neurodegenerativo tra i quaranta e i cinquant’anni.
Il nuovo studio dei ricercatori dell’Università della California San Francisco mostra che questi grovigli e placche sono guidati dagli stessi prioni amiloide-beta (Aß) e tau,  nel 2019 hanno dimostrato essere alla base del morbo di Alzheimer.
I prioni nascono come proteine normali che si deformano e si autopropagano, diffondendosi nei tessuti come un’infezione, costringendo le proteine normali ad adottare la stessa forma errata.
I prioni iniziano come proteine normali che diventano deformi e si autopropagano, diffondendosi attraverso i tessuti come un’infezione costringendo le proteine normali ad adottare la stessa forma mal ripiegata. Sia nell’Alzheimer sia nella sindrome di Down, poiché i prioni Aß e tau si accumulano nel cervello, causano disfunzioni neurologiche che spesso si manifestano come demenza.
L’Istituto nazionale sull’invecchiamento (fondato nel 1974 per migliorare la salute e il benessere degli anziani attraverso la ricerca, conduce e sostiene la ricerca genetica, biologica, comportamentale, sociale ed economica sull’invecchiamento e le sfide e le esigenze degli anziani), riporta che nella maggior parte delle persone con sindrome di Down i grovigli di Tau e le placche di Aß sono evidenti già all’età di 40 anni e almeno il 50% di questa popolazione sviluppa l’Alzheimer con l’età.
Il nuovo studio pubblicato il 7 novembre 2022 nella rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, evidenzia come una migliore comprensione della sindrome di Down possa portare a nuove conoscenze anche sull’Alzheimer.
Stanley Prusiner, autore senior dello studio, ha ricevuto il Premio Nobel nel 1997 per la sua scoperta dei prioni, Direttore dell’Istituto per le Malattie Neurodegenerative e Professore di Neurologia e Biochimica presso l’Università della California di San Francisco ha dichiarato:
«Abbiamo due malattie – la sindrome di Down e il morbo di Alzheimer – che hanno cause completamente diverse, eppure vediamo la stessa biologia della malattia. È davvero sorprendente».
La sindrome di Down è la malattia neurodegenerativa più comune tra i giovani negli Stati Uniti, mentre il morbo di Alzheimer è il più comune tra gli adulti.
La sindrome di Down si verifica a causa di una copia in più del cromosoma 21. Tra i molti geni presenti su questo cromosoma ce n’è uno chiamato APP, codifica per uno dei principali componenti dell’amiloide beta. Le persone con sindrome di Down con una copia in più del gene producono un eccesso di APP, il che può spiegare perché sviluppano placche amiloidi nelle prime fasi della vita.

I cervelli giovani forniscono un quadro più chiaro
È noto da tempo che le placche di Aß e i grovigli di tau sono presenti sia nella sindrome di Down sia nell’Alzheimer. I ricercatori avendo già dimostrato che queste caratteristiche neurodegenerative sono provocate dai prioni nell’Alzheimer, volevano sapere se le stesse proteine fossero presenti nel cervello delle persone con sindrome di Down.
Stanley Prusiner ha detto:
«Sebbene siano stati condotti studi approfonditi su queste placche e grovigli nel cervello delle persone affette da Alzheimer, può essere difficile discernere quali cambiamenti cerebrali siano dovuti alla vecchiaia e quali all’attività dei prioni. Poiché nelle persone con sindrome di Down si riscontra la stessa patologia a placche e triangoli in età molto più giovane, lo studio del loro cervello ci permette di avere un quadro migliore del processo iniziale di formazione della malattia, prima che il cervello sia compromesso da tutti i cambiamenti che avvengono durante l’invecchiamento. Idealmente, vogliamo terapie che affrontino queste fasi iniziali».
Il team di ricercatori impiegando una variante del nuovo test utilizzato nello studio sull’Alzheimer, ha esaminato campioni di tessuto donati da persone decedute con sindrome di Down, ottenuti da biobanche di tutto il mondo. I ricercatori su 28 campioni provenienti da donatori di età compresa tra i 19 e i 65 anni, sono riusciti a isolare quantità misurabili di prioni Aß e tau in quasi tutti i campioni.

Nuove conoscenze potrebbero portare alla prevenzione
I risultati confermano non solo che i prioni sono coinvolti nella neurodegenerazione della sindrome di Down, ma anche che l’Aß guida la formazione di grovigli di tau e di placche amiloidi, una relazione che è stata ipotizzata ma non dimostrata.
Carlo Condello, autore principale dello studio, ricercatore presso l’Istituto per le malattie neurodegenerative Università della California San Francisco ha detto:
«Il campo della ricerca ha cercato a lungo di capire quale sia l’intersezione tra queste due patologie. Il caso della sindrome di Down conferma l’idea che ora abbiamo questo cromosoma in più che guida l’Aß e non c’è un gene tau sul cromosoma, quindi, è proprio aumentando l’espressione dell’Aß che si dà il via alla produzione della tau, questa intuizione e altre ricavate dallo studio dei cervelli delle persone con sindrome di Down porteranno a un quadro molto più preciso di come i prioni iniziano a formarsi».
Resta da vedere se il tessuto cerebrale della sindrome di Down si rivelerà il modello definitivo per lo sviluppo di trattamenti per l’Alzheimer, mentre i due disturbi condividono molte somiglianze nella loro patobiologia prionica, ci sono alcune differenze che potrebbero essere limitanti.
I ricercatori tuttavia hanno evidenziato che lo studio delle placche e dei grovigli nella sindrome di Down è una strada promettente per identificare i prioni specifici che si formano nelle primissime fasi del processo della malattia, questa conoscenza potrebbe aprire nuove prospettive non solo per il trattamento, ma forse anche per la prevenzione della malattia di Alzheimer.
Carlo Condello in conclusione ha detto:
«Se noi riuscissimo a capire come inizia la neurodegenerazione, faremo un grande passo avanti verso la possibilità di intervenire in un punto significativo e di prevenire la formazione di queste grandi lesioni cerebrali».

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Pino Silvestri, blogger per diletto, fondatore, autore di Virtualblognews, presente su Facebook e Twitter.
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