I lavoratori agricoli africani lottano contro i pesticidi vietati nell’Unione Europea

Diana Ndleleni bracciante sudafricana, dopo sei anni di lavoro in un vigneto appena fuori Città del Capo, è collassata tra le viti coltivate per produrre vini rinomati in tutto il mondo. Il suo medico ha detto che aveva danni polmonari permanenti che riteneva fossero dovuti ad anni di inalazione di pesticidi spruzzati sull’uva.
La donna quasi un anno dopo aver trascorso una settimana in ospedale, si è unita a centinaia di altre donne che marciavano per chiedere che questi pesticidi, vietati nell’Unione Europea, non venissero importati in Sudafrica, dove i lavoratori denunciano una serie di problemi di salute che vanno dalle eruzioni cutanee all’asma e persino al cancro.
Diana Ndleleni ha 61 anni, intervistata presso una sala comunitaria a Paarl, città a 60 km a est di Città del Capo, dove centinaia di lavoratrici agricole si sono riunite il mese scorso per chiedere la fine delle importazioni di pesticidi tossici, con voce rauca tra un colpo di tosse e l’altro, ha affermato:
«Questi pesticidi sono un killer silenzioso, mi sono sentita molto triste quando ho saputo che erano stati vietati in altri Paesi, ma non qui. Perché le nostre vite sono meno importanti? Dalla fine del 2022 sono troppo malata per lavorare».
Diana Ndleleni fa parte di un collettivo chiamato Women on Farms Project, un gruppo che si batte per i diritti delle lavoratrici agricole in Sudafrica. L’organizzazione ha dichiarato che sia gli uomini sia le donne sono colpiti dai pesticidi, ma poiché le donne sono più spesso assunte come lavoratori stagionali, non ricevono una formazione adeguata o un equipaggiamento di protezione personale (DPI) e quindi sono più a rischio.
Heinrich Böll Foundation fa parte del movimento politico globale dei Verdi, in una sua ricerca riporta che nel 2018 e nel 2019, circa 140.908 tonnellate di pesticidi vietati nell’UE a causa dei rischi per la salute e l’ambiente sono state esportate dai Paesi dell’UE e dalla Gran Bretagna in Brasile, Sudafrica, Kenya e altri Paesi.
Marcos Orellana relatore speciale delle Nazioni Unite su sostanze tossiche e diritti umani, lo scorso agosto dopo una visita in Sudafrica ha dichiarato:
«L’esportazione di pesticidi vietati da parte dell’UE riproduce modelli di sfruttamento razzisti e coloniali di lunga data».
I braccianti hanno detto che i medici, come quello di Diana Ndleleni, spesso lavorano per le aziende agricole e quindi, nonostante ciò che dicono personalmente, non sono disposti a scrivere rapporti che indichino le cause dei disturbi.

Doppi standard
Il progetto Women on Farms è concentrato su 67 pesticidi vietati dall’UE, per cercare di dimostrare un legame, mira a ottenere relazioni mediche da medici indipendenti basandosi su ricerche accademiche già esistenti dell’Università di Città del Capo; anche la rete UnPoison – un gruppo sudafricano di ricerca e difesa – ha compilato un elenco di 192 pesticidi altamente pericolosi registrati e utilizzati in Sudafrica, più di un terzo è vietato nell’UE.
UnPoison ha dichiarato:
«Tra questi pesticidi in elenco sono presenti il mevinphos, che può causare difetti neurologici, il carbofuran, che può causare difetti riproduttivi e di sviluppo, e il terbufos, un insetticida con effetti neurotossici».
Colette Solomon, direttrice di Women on Farms ha affermato:
«Si tratta di due pesi e due misure, perché se queste sostanze chimiche sono così dannose per l’UE, non può essere giusto che non lo siano per il nostro Paese. Le vite africane hanno lo stesso valore di quelle europee».
Marcos Orellana ha dichiarato:
«Il Sudafrica per decenni ha dato priorità all’agricoltura intensiva rispetto alla protezione della salute umana e dell’ambiente».
Il Dipartimento sudafricano per l’agricoltura, la riforma agraria e lo sviluppo rurale ha dichiarato alla Thomson Reuters Foundation che intende vietare una serie di pesticidi altamente pericolosi entro giugno 2024.
Marcos Orellana ha invitato il Sudafrica a «vietare l’importazione di tutti i pesticidi altamente pericolosi senza indugio e a distruggere le scorte esistenti».
La Commissione europea si è impegnata nel 2020 a garantire che le sostanze chimiche vietate nell’UE non siano prodotte per l’esportazione, ma tre anni dopo non ha ancora interrotto questa pratica, lo scorso maggio ha lanciato una consultazione pubblica sulla questione.

La vita dei lavoratori africani è importante
Le donne nella città di Paarl durante la protesta hanno cantato e ballato con cartelli dipinti a colori vivaci che recitavano “Due pesi e due misure razziste” e “La vita dei lavoratori africani è importante”, poi si sono dirette verso gli uffici della Bayer, un’importante azienda farmaceutica e biotecnologica tedesca con una vasta presenza in Sudafrica, una volta arrivate, hanno consegnato un memorandum che chiedeva alla Commissione europea e alla Bayer di porre fine alla produzione e all’esportazione di pesticidi già vietati in Europa.
Bayer ha dichiarato che i suoi prodotti sono «sicuri da usare se applicati secondo le istruzioni riportate sull’etichetta» e ha affermato di aver rispettato pienamente le leggi e le normative locali.
CropLife un’associazione di categoria, ha dichiarato che il Sudafrica ha «clima, colture e parassiti completamente diversi dall’Europa», ha affermato che «sia gli agricoltori sia i braccianti agricoli sono obbligati per legge a garantire l’uso dei DPI se le istruzioni del prodotto lo prevedono».
I braccianti hanno detto che gli agricoltori hanno ripetutamente ordinato loro di lavorare nei campi subito dopo l’irrorazione delle colture, senza DPI. Hanno detto che i pesticidi sono finiti anche negli insediamenti vicini e che hanno dovuto fare i bisogni nei campi irrorati a causa della mancanza di servizi igienici.
Carmen Louw co-direttrice di Women on Farms ha affermato:
«La non conformità degli agricoltori è una questione separata dalla tossicità dei pesticidi. Sappiamo di casi in cui i braccianti avevano tutti i DPI e sono diventati comunque arancioni, anche se gli agricoltori europei avevano i DPI, i pesticidi pericolosi sono ancora vietati».

Usare la legge
Anna Shevel, coordinatrice della rete UnPoison ha affermato:
«Il motivo per cui i pesticidi pericolosi sono diffusi in Sudafrica è un cocktail di ragioni, tra queste, le normative sui pesticidi obsolete che risalgono agli anni ’40, la mancanza di test sui residui di pesticidi, l’assenza di una banca dati chimica pubblica, le importazioni illegali di pesticidi, l’irrorazione non regolamentata e le poche alternative per gli agricoltori. L’opinione pubblica sudafricana non è consapevole di quanti pesticidi pericolosi vengano utilizzati per produrre i propri alimenti, non c’è pressione da parte del pubblico sui rivenditori e quindi non c’è pressione da parte di questi ultimi nei confronti del governo per regolamentare meglio la produzione».
UnPoison ha accolto con favore l’impegno del Dipartimento sudafricano dell’agricoltura, della riforma agraria e dello sviluppo rurale di eliminare gradualmente alcune sostanze chimiche entro il giugno 2024, ma ha affermato che non si tratta di quelle più pericolose e che l’annuncio è privo di dettagli come le tempistiche e la metodologia.
Il Dipartimento sudafricano dell’agricoltura, della riforma agraria e dello sviluppo rurale ha dichiarato: «Continueremo a rivedere la sicurezza dei pesticidi utilizzati in Sudafrica in linea con le tendenze internazionali».
Colette Solomon, direttrice di Women on Farms ritiene che la legge sarà una delle armi migliori contro l’avvelenamento da pesticidi, ha affermato:
«Il governo tedesco nel gennaio 2023 ha introdotto una nuova legge che obbliga le aziende tedesche a garantire il rispetto dei lavoratori lungo la loro catena del valore (*); anche la Francia ha una legislazione progressista che vieta la produzione e l’esportazione di sostanze pericolose. Vogliamo testare queste leggi. Le leggi sono meravigliose sulla carta, ma in termini di attuazione, hanno mordente? Se c’è un divieto, dovrebbe essere globale».

(*) La catena del valore è una serie di passaggi consecutivi che portano alla creazione di un prodotto finito, dalla sua progettazione iniziale fino al suo arrivo alla porta del cliente. La catena identifica ogni fase del processo in cui viene aggiunto valore, comprese le fasi di approvvigionamento, produzione e commercializzazione della sua produzione.

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About Pino Silvestri

Pino Silvestri, blogger per diletto, fondatore, autore di Virtualblognews, presente su Facebook e Twitter.
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