Dispositivo wireless, portatile e non invasivo rileva i biomarcatori dell’Alzheimer e del Parkinson

Il team internazionale di ricercatori ha sviluppato un dispositivo portatile non invasivo in grado di rilevare i biomarcatori del morbo di Alzheimer e del morbo di Parkinson. Il biosensore può anche trasmettere i risultati in modalità wireless a un computer portatile o a uno smartphone.
Il dispositivo testato su campioni in vitro di pazienti, ha dimostrato la sua precisione, il team di ricercatori intendono testare con il biosensore anche campioni di saliva e urina. Il dispositivo potrebbe essere modificato per rilevare biomarcatori di altre patologie.
Le caratteristiche del dispositivo sono state pubblicate nella rivista Proceedings of the National Academy of Science (PNAS). Il dispositivo si basa sulla rilevazione elettrica anziché chimica, secondo i ricercatori è più facile da implementare ed è più accurata.
Ratnesh Lal, professore di bioingegneria, ingegneria meccanica e scienze dei materiali presso la Jacobs School of Engineering dell’Università della California San Diego, uno degli autori che ha sviluppato il dispositivo, ha affermato:
«Questo sistema diagnostico portatile per le malattie neurodegenerative, consentirebbe a livello globale di effettuare test a domicilio e presso i punti di assistenza, come le cliniche e le case di cura».
Entro il 2060, circa 14 milioni di americani saranno affetti dal morbo di Alzheimer, sono in aumento anche altre malattie neurodegenerative, come il Parkinson. Gli attuali metodi di analisi per l’Alzheimer e il Parkinson richiedono una puntura lombare e test di imaging, tra cui una risonanza magnetica. La diagnosi precoce della malattia è difficile, poiché i pazienti si oppongono alle procedure invasive. I test sono difficili anche per i pazienti che presentano già sintomi e difficoltà di movimento, nonché per quelli che non hanno accesso tempestivo agli ospedali o alle strutture mediche locali.
Ratnesh Lal tra le ipotesi prevalenti su cui si è concentrato, è che la malattia di Alzheimer sia causata da peptidi amiloidi solubili che si uniscono in molecole più grandi, che a loro volta formano canali ionici nel cervello.
Ratnesh Lal voleva sviluppare un test in grado di rilevare i peptidi amiloide beta e tau – biomarcatori dell’Alzheimer – e le proteine alfa-sinucleina – biomarcatori del Parkinson – in modo non invasivo, in particolare da saliva e urina. Ha voluto affidarsi alla rilevazione elettrica piuttosto che a quella chimica, in quanto ritiene che sia più facile da implementare ed è più accurata. Voleva inoltre costruire un dispositivo in grado di trasmettere in modalità wireless i risultati del test alla famiglia e ai medici del paziente.
Il dispositivo è il risultato della sua esperienza trentennale e della collaborazione con ricercatori di tutto il mondo, tra cui i coautori di questo lavoro provenienti dal Texas e dalla Cina.
Ratnesh Lal ha dichiarato: «Sto cercando di migliorare la qualità della vita e di salvare vite umane».
Ratnesh Lal e i suoi colleghi hanno adattato un dispositivo sviluppato durante la pandemia Covid per rilevare le proteine spike e nucleoproteine del virus SARS-CoV-2 vivo, che hanno descritto nella rivista PNAS nel 2022. L’innovazione del nuovo dispositivo è stata resa possibile dalla miniaturizzazione dei chip e dall’automazione su larga scala della produzione di biosensori.

Come è fatto e come funziona il dispositivo
Il dispositivo descritto nello studio pubblicato nella rivista Proceedings of the National Academy of Science (PNAS) consiste in un chip con un transistor ad alta sensibilità, comunemente noto come transistor a effetto di campo (FET), in questo caso, ogni transistor è costituito da uno strato di grafene spesso un solo atomo (GFET, con la G che sta per grafene) e da tre elettrodi: gli elettrodi di drain (catodo) e source (anodo), collegati ai poli positivo e negativo di una batteria, per far fluire la corrente elettrica, e un elettrodo di gate per controllare la quantità di flusso di corrente.
È collegato all’elettrodo di ingresso un singolo filamento di DNA, che funge da sonda e si lega in modo specifico alle proteine amiloide beta, tau o sinucleina. Il legame di questi amiloidi con il loro specifico filamento di DNA, chiamato aptamero, modifica la quantità di corrente che scorre tra l’elettrodo di origine e quello di scarico. La variazione della corrente o della tensione è il segnale utilizzato per rilevare i biomarcatori specifici, come gli amiloidi o le proteine Covid-19.
Il team internazionale di ricercatori ha testato il dispositivo con le proteine amiloidi derivate dal cervello di pazienti deceduti con Alzheimer e Parkinson. Gli esperimenti hanno dimostrato che i biosensori, al pari dei metodi attualmente esistenti, erano in grado di rilevare con grande precisione i biomarcatori specifici per entrambe le patologie. Il dispositivo funziona anche a concentrazioni estremamente basse, ciò significa che ha bisogno di piccole quantità di campioni, fino a pochi microlitri.
I test hanno dimostrato che il dispositivo funziona bene anche quando i campioni analizzati contengono altre proteine. Le proteine Tau erano più difficili da rilevare, ma poiché il dispositivo analizza tre diversi biomarcatori, può combinare i risultati di tutti e tre per ottenere un risultato complessivo affidabile.
La tecnologia è stata concessa in licenza dall’Università della California San Diego alla startup biotecnologica Ampera Life. Ratnesh Lal è il presidente della società, ma per la sua ricerca non riceve alcun sostegno finanziario dall’azienda.
Le prossime tappe per il dispositivo prevedono l’analisi del plasma sanguigno e del liquido cerebrospinale, infine campioni di saliva e urina. I test si svolgeranno in ospedali e case di cura, se avranno esito positivo, Ampera Life richiederà l’approvazione del dispositivo da parte della FDA, auspicabilmente nei prossimi cinque o sei mesi. L’obiettivo finale è di immettere il dispositivo sul mercato entro un anno.
La ricerca è stata finanziata dal National Institutes of Health, dall’Università della California San Diego e dall’Accademia cinese delle scienze. Inoltre, i ricercatori hanno utilizzato le strutture che fanno parte del Centro di ricerca sui materiali dell’Università della California San Diego, finanziato dalla National Science Foundation (NSF) agenzia governativa degli Stati Uniti che sostiene la ricerca e la formazione di base in tutti i campi non-medici della scienza e dell’ingegneria.

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Pino Silvestri, blogger per diletto, fondatore, autore di Virtualblognews, presente su Facebook e Twitter.
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