Le formiche sono capaci di notevoli imprese di coordinamento, attraverso la giungla possono creare percorsi complessi, costruire strutture sofisticate, adeguare i modelli di ricerca di cibo adatto al loro ambiente, il tutto senza ordini da una fonte centralizzata.
Deborah Gordon, biologo presso la Stanford University, da semplici azioni individuali spera di scoprire le basilari regole che producono modelli complessi. Ha preso in esame le formiche, in particolare perché sono insetti che eccellono in ricerca collettiva, adattano automaticamente la loro strategia di ricerca per coprire in modo efficiente grandi aree di terreno. Ha trovato un parallelo tra gli algoritmi utilizzati dalle colonie di formiche per cercare il cibo e quelli artificiali che sono alla base di Internet.
Deborah Gordon dopo aver visto da quanto tempo, le formiche sono state impegnate a risolvere questi problemi, spera di scoprire nuovi algoritmi che su larga scala alla fine renderanno le reti informatiche più economiche e più efficienti.
Deborah Gordon, poco prima di partire per un viaggio in Messico per studiare gli algoritmi d’instradamento nelle formiche arboree, mentre si trovava a New York a Cold Spring Harbor per partecipare a una conferenza sugli insetti sociali, è stata intervistata dalla rivista Quanta Magazine (pubblicazione online indipendente lanciata dalla Simons Foundation per migliorare la pubblica comprensione della scienza).
Quanta Magazine (QM) – Da cosa è nato il tuo interesse per le formiche?
Deborah Gordon – Originariamente ero interessata alla biologia dello sviluppo per capire come un embrione evolve senza alcun controllo centrale. Ero alla ricerca di un sistema come un embrione, dove posso vedere tutto, è molto più facile per me capire cose che posso vedere. Ho scelto le formiche per questo motivo. Oggi in un embrione in via di sviluppo si può vedere molto, non era così quando ero agli inizi.
QM – In Arizona per trent’anni hai studiato le stesse colonie di formiche. Era la tua intenzione fin dall’inizio?
Deborah Gordon – No. Quando ho iniziato, ero interessata a variazioni tra le colonie, così le ho contrassegnate per sapere l’anno successivo se stavo guardando la stessa colonia. Ho notato che alcune colonie di anno in anno diventavano sempre più grandi, così ho imparato come cresce una colonia. A quel punto, nessuno sapeva per quanto tempo poteva vivere una colonia di formica mietitrice. Sono tornata a controllare le colonie ogni anno, l’ho fatto per cinque anni, poi dieci. Non ho avuto altra scelta che continuare.
QM – Che cosa ti ha più colpito delle formiche?
Deborah Gordon – Sono impressionata dal contrasto tra le risposte coordinate delle colonie e le azioni inefficaci e incomplete delle singole formiche. In altre parole, le colonie realizzano molto, ma nessuna formica da sola è molto competente. Ad esempio, le formiche sono veramente brave nella ricerca collettiva, senza alcun controllo centrale un gruppo di formiche è in grado di coprire a fondo l’area di ricerca. Lo fanno attraverso semplici interazioni, toccando le antenne: quando molte formiche sono in un piccolo spazio, s’incontrano spesso, tendono a prendere un percorso contorto che le tiene bloccate in un unico luogo; quando poche formiche sono in un grande spazio, allungano i loro percorsi e coprono più terreno.
Per le formiche operaie, abbiamo imparato che una formica decide di uscire fuori per cercare il cibo con la velocità con cui entrano le formiche con il cibo. E’ una forma di risposta positiva: le formiche stanno arrivando velocemente con il cibo, le altre formiche escono. Ogni formica decide di uscire solo quando il suo tasso d’interazione è abbastanza alto. Nel complesso questo sistema permette alla colonia di regolare e rendere utile l’attività di rifornimento in modo che le formiche non vanno fuori salvo che non ci sia abbastanza cibo.
QM – Hai chiamato l’algoritmo formica mietitrice “anternet”. Perché?
Deborah Gordon – Ho lavorato con Balaji Prabhakar, un collega di Stanford, per capire l’algoritmo che le formiche operaie stanno usando per regolare l’attività di ricerca del cibo, mi ha spiegato che l’algoritmo è simile al “Transmission Control Protocol“, regola il traffico su Internet per assicurarsi che i dati non escono se non c’è sufficiente larghezza di banda. Entrambi i sistemi utilizzano il riscontro locale per regolare l’attività. Penso che potremmo essere in grado di trovare altri algoritmi che le formiche usano per risolvere problemi d’ingegneria che non abbiamo ancora pensato. Sono interessato all’idea che l’evoluzione può produrre più algoritmi in diversi sistemi per risolvere gli stessi problemi.
QM – Affinché l’evoluzione produca gli algoritmi che aiutano la colonia, l’evoluzione deve lavorare al livello di gruppi, non solo sugli individui.
Deborah Gordon – La colonia dal punto di vista dell’evoluzione è realmente l’individuo, perché è la colonia che si riproduce. Le formiche non fanno più formiche, le colonie fanno più colonie, quindi, se pensiamo a come si evolve il comportamento della formica, dobbiamo guardare alle colonie.
QM – Le decisioni prese dalle singole formiche nel suo complesso come alterano il comportamento della colonia?
Deborah Gordon – Nel deserto, l’acqua è un vincolo importante. Le formiche perdono l’acqua solo quando sono fuori e fanno un giro tortuoso. Ottengono la loro acqua dalle sementi che mangiano, dunque devono spendere acqua per prendere acqua. Nessuna formica in modo individuale prende la decisione di risparmiare acqua e rimanere a casa, ma piccole differenze nel modo in cui rispondono alle interazioni possono aggiungere grandi differenze nel modo in cui le colonie fanno rifornimento, ciò dipende da quanta prole hanno.
Abbiamo scoperto che la selezione naturale favorisce le colonie che conservano l’acqua. Io lo chiamo “i frutti di moderazione”. Penso che questo sia il primo studio che è stato in grado di monitorare l’evoluzione del comportamento collettivo in una popolazione naturale degli animali. Un semplice, comportamento locale di come una formica risponde quando incontra un’altra formica, è stato selezionato per determinare il risultato di comportamento di tutta la colonia.
QM – L’evoluzione ha prodotto altri algoritmi?
Deborah Gordon – Sto lavorando con un altro scienziato del computer sulle reti d’interazione che usano le formiche. Le specie di formiche Arboree in Messico seguono percorsi molto complessi attraverso il groviglio di alberi, rampicanti e altra vegetazione che collega i nidi e fonti di cibo. I percorsi spesso s’interrompono, per esempio quando un ramoscello o un animale è sul percorso, ma la strada è facilmente riparata. Come fanno in pochi minuti a trovare una nuova via quando ci sono così tante scelte diverse? Pensiamo che utilizzino una strategia che non prende la strada più breve, ma ristabilisce il percorso molto velocemente mantenendo il flusso in corso. In qualche modo sacrificano quello che noi pensiamo sia la loro efficienza con la loro resilienza (in psicologia è la capacità di far fronte in maniera positiva a eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà, di ricostruirsi restando sensibili alle opportunità positive che la vita offre, senza alienare la propria identità). Pensiamo di avere individuato un modello che ha un senso, lo stiamo testando in campo.
QM – Questo come potrebbe essere importante nel calcolo?
Deborah Gordon – In informatica, c’è un compromesso tra la quantità d’informazioni disponibili e il costo di mantenere e organizzare le informazioni. Siamo interessati ai modi in cui le formiche si sono evolute per risolvere questo problema fondamentale. In questo caso, siamo interessati all’analogia con gli algoritmi d’instradamento nei sistemi informatici in cui il percorso più diretto o più breve potrebbe richiedere molte informazioni, per esempio mentre stiamo guidando in un luogo sconosciuto, l’uscita che vogliamo prendere è bloccata. Possiamo trovare la strada se abbiamo una mappa, ma come facciamo senza alcuna informazione e senza un indirizzo?
La ricerca collettiva affronta un problema simile. In robotica, ora c’è molto interesse a utilizzare i robot più economici che richiedono il minor numero possibile d’informazioni e che lavorano insieme. Un sistema di questo tipo è più robusto al fallimento. Piuttosto che inviare un robot realmente complesso per esplorare Marte o per cercare un edificio in fiamme, ha significato inviare un gruppo di robot economici che continueranno a funzionare come gruppo, anche se uno funziona male. Probabilmente ci sono nuovi algoritmi che le formiche evolute utilizzano per risolvere questi problemi, quello che dobbiamo fare è andare a dare un’occhiata.
QM – Avete lanciato un progetto scientifico cittadino per incoraggiare il pubblico a studiare i diversi tipi di formiche. Qual è il vantaggio di studiare nuove specie di formiche?
Deborah Gordon – Sono state studiate solo cinquanta specie di formiche su circa quattordicimila specie. E’ probabile che se studiamo nuove specie, si potranno scoprire nuovi algoritmi. Abbiamo sviluppato un piccolo kit per gli studenti, per vedere come le diverse specie di formiche fanno ricerca collettiva. Se i ragazzi cercano questo con specie diverse, probabilmente faranno scoperte inedite.