Lo scioglimento dei ghiacciai potrebbe portare alla prossima pandemia

La prossima pandemia potrebbe non essere causata da pipistrelli o uccelli, il recente studio scientifico ha insinuato che potrebbe derivare dallo scioglimento dei ghiacciai.
L’analisi genetica dei sedimenti e del suolo del lago Hazen, al mondo il più grande lago d’acqua dolce dell’Artico, suggerisce che il rischio di spillover virale (quando un virus infetta per la prima volta un nuovo ospite), potrebbe essere più elevato in prossimità dello scioglimento dei ghiacciai. I risultati implicano che, con l’aumento delle temperature globali dovuto ai cambiamenti climatici, diventa più probabile che virus e batteri bloccati nei ghiacciai e nel permafrost possano risvegliarsi e infettare la fauna locale, in particolare quando il loro areale (in fitogeografia e zoogeografia, l’area geografica entro la quale è distribuita una specie), si sposta più vicino ai poli.

Virus congelati nel ghiaccio
È accaduto nel 2016, un’epidemia di antrace nel nord della Siberia, che ha ucciso un bambino e infettato almeno altre sette persone, è stata attribuita a un’ondata di calore che ha sciolto il permafrost e ha esposto una carcassa di renna infetta.
Stéphane Aris-Brosou e i suoi colleghi dell’Università di Ottawa in Canada per comprendere meglio il rischio posto dai virus congelati, hanno raccolto campioni di suolo e sedimenti dal lago Hazen, vicino al punto in cui confluivano piccole, medie e grandi quantità di acqua di fusione dei ghiacciai locali. Successivamente hanno utilizzato un algoritmo per determinare la probabilità che questi virus possano infettare gruppi di organismi non correlati. Infine, hanno analizzato il RNA e il DNA nei campioni raccolti per identificare le firme che corrispondono strettamente a quelle di virus noti, nonché potenziali ospiti animali, vegetali o fungini.
La ricerca pubblicata nella rivista Proceedings of the Royal Society B, ha suggerito che il rischio di diffusione dei virus verso nuovi ospiti è più alto nelle località in cui affluiscono grandi quantità di acqua di fusione glaciale, condizione che diventa più probabile con il riscaldamento del clima.
Il team di ricercatori non ha quantificato quanti dei virus identificati fossero precedentemente sconosciuti, né ha valutato se questi virus fossero in grado di scatenare un’infezione, studio che intende fare nei prossimi mesi.

I virus antichi persistono
Recenti ricerche hanno suggerito che i virus sconosciuti possono annidarsi nel gelo dei ghiacciai, per esempio, l’anno scorso i ricercatori dell’Ohio State University negli Stati Uniti hanno annunciato di aver trovato materiale genetico di 33 virus (28 dei quali nuovi), in campioni di ghiaccio prelevati dall’altopiano tibetano in Cina. I virus in base alla loro posizione, sono stati stimati risalenti a circa 15.000 anni fa.
Il team di ricercatori inoltre ha identificato 27.000 potenziali fattori di virulenza che aiutano i batteri a invadere e colonizzare presumibili ospiti, anche se questi batteri potenzialmente patogeni non sopravvivono a lungo dopo essere fuggiti dai loro ghiacciai, possono comunque causare problemi.
Gli scienziati del Centro nazionale francese per la ricerca scientifica di Aix-Marseille nel 2014 sono riusciti a rianimare un virus gigante isolato dal permafrost siberiano, rendendolo nuovamente infettivo per la prima volta dopo 30.000 anni. L’autore dello studio, Jean-Michel Claverie, ha dichiarato alla BBC che esporre tali strati di ghiaccio potrebbe essere “una ricetta per il disastro”.

Possibile pandemia causata dallo scioglimento dei ghiacciai è ancora oggetto di verifiche
Il team di Stéphane Aris-Brosou ha sottolineato che prevedere un alto rischio di spillover non era la stessa cosa che prevedere effettivi spillover o pandemie. Hanno scritto:
«Finché i virus e i loro “vettori ponte” non sono contemporaneamente presenti nell’ambiente, la probabilità di eventi drammatici rimane bassa».
È altamente probabile che il cambiamento climatico possa alterare la gamma delle specie esistenti, portando potenzialmente nuovi ospiti a contatto con virus o batteri antichi.
Stéphane Aris-Brosou ha affermato:
«L’unica conclusione che possiamo trarre con sicurezza è che, con l’aumento delle temperature, il rischio di spillover in questo particolare ambiente sta aumentando, questo porterà a pandemie? Non lo sappiamo».
Inoltre, non è chiaro se il potenziale cambio di ospite identificato nel lago Hazen sia unico all’interno dei sedimenti lacustri. Arwyn Edwards, direttore del Centro interdisciplinare di microbiologia ambientale dell’Università di Aberystwyth, ha dichiarato:
«Per quanto ne sappiamo, potrebbe essere la stessa probabilità di cambio dell’ospite rappresentata dai virus del fango nel tuo stagno locale, nel contesto abbiamo urgente bisogno di esplorare i mondi microbici in tutto il nostro pianeta per comprendere questi rischi. Ora due elementi sono molto chiari: in primo luogo, che l’Artico si sta riscaldando rapidamente e che i maggiori rischi per l’umanità derivano dalla sua influenza sul nostro clima; in secondo luogo, che malattie provenienti da altri luoghi stanno trovando la loro strada nelle comunità vulnerabili e negli ecosistemi dell’Artico».

Colpa del cambiamento climatico
Lo scioglimento dei ghiacciai è un problema allarmante, se i risultati confermassero ulteriormente che una nuova pandemia potrebbe essere causata dallo scioglimento dei ghiacciai, questa si trasformerebbe in un’emergenza globale. Altrettanto preoccupante è il fatto che i ghiacciai si stanno sciogliendo più velocemente, perdendo il 31% in più di neve e ghiaccio all’anno rispetto a 15 anni prima, come evidenziato dalle misurazioni satellitari tridimensionali di tutti i ghiacciai montani del mondo.
Gli scienziati sottolineano che il cambiamento climatico è causato dall’uomo. Utilizzando 20 anni di dati satellitari declassificati, nel 2021 hanno calcolato che i 220.000 ghiacciai di montagna del mondo dal 2015 hanno perso più di 328 miliardi di tonnellate di ghiaccio e neve l’anno, scioglimento che fluisce negli oceani, per esempio, ogni anno potrebbe mettere la Svizzera sotto quasi 7,2 metri d’acqua.
Lo studio pubblicato nella rivista Nature ha evidenziato che metà della perdita glaciale mondiale proviene dagli Stati Uniti e dal Canada, ma quasi tutti i ghiacciai si stanno sciogliendo, anche quelli in Tibet che erano stabili. Fatta eccezione per alcuni ghiacciai in Islanda e Scandinavia, alimentati dall’aumento delle precipitazioni, i tassi di scioglimento stanno accelerando in tutto il mondo.

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About Pino Silvestri

Pino Silvestri, blogger per diletto, fondatore, autore di Virtualblognews, presente su Facebook e Twitter.
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