Ricerca australiana ha elaborato un metodo conveniente per riciclare i pannelli solari

La nuova ricerca ha proposto un metodo economicamente vantaggioso per riciclare i pannelli solari e contribuire a gestire il crescente volume di celle fotovoltaiche (PV) a fine ciclo previsto entro il termine del prossimo decennio.
Il team di ricercatori dell’Università del Nuovo Galles del Sud in un documento pubblicato nella Rivista Renewable and Sustainable Energy, hanno delineato un processo per verificare se fosse tecnicamente, economicamente e ambientalmente fattibile raccogliere ed estrarre materiali preziosi dai pannelli solari.
Il procedimento prevede la raccolta di pannelli solari, la rimozione della loro struttura in alluminio, la frantumazione delle celle e l’utilizzo di una separazione elettrostatica per recuperare materiali preziosi, tra cui argento e rame, riducendo i pannelli al 2%-3% del loro peso originale. Il materiale recuperato verrebbe poi spedito direttamente a una raffineria per essere purificato e lavorato.
Pablo Dias autore principale dello studio, ha dichiarato:
«È possibile gestire un impianto a basso volume in grado di gestire 1.000 tonnellate di pannelli solari all’anno. Ciò equivale all’incirca a 50.000 pannelli all’anno, o a circa 4.100 pannelli il mese. È un materiale che si può portare in altro luogo, non utilizza sostanze chimiche, non emette inquinamento o sostanze pericolose. Produce polvere dalla frantumazione dei pannelli, ma ci sono i depolveratori per la depurazione dell’aria».
L’Australia attualmente ha una capacità molto limitata di trattare e riciclare i pannelli solari quando raggiungono la fine del loro ciclo di vita. È considerato un problema sempre più pressante, poiché l’elevata diffusione dell’energia solare sui tetti e le proposte di parchi solari su larga scala, fanno sì che un numero crescente di pannelli raggiunga la fine del proprio ciclo di vita.
L’Agenzia Internazionale per le Energie Rinnovabili (Irena) in un documento del 2016 ha rilevato che gli impianti solari su larga scala e quelli che hanno adottato per primi il fotovoltaico, possono aspettarsi i maggiori volumi di rifiuti dai vecchi sistemi. È previsto che l’Australia genererà 145.000 tonnellate all’anno di rifiuti solari fotovoltaici entro il 2030, mentre gli Stati Uniti prevedono 1 milione di tonnellate all’anno e la Cina 1,5 milioni di tonnellate.
Pablo Dias ha affermato:
«Gli impianti su scala ridotta sono importanti perché possono trattare il materiale più vicino alla fonte prima di inviarlo, riducendo le emissioni dovute al trasporto. Si potrebbe fare in un sobborgo dell’Australia meridionale, concentrare il materiale prezioso e poi inviarlo direttamente ai raffinatori che si occupano dell’estrazione e della purificazione dei metalli. Metterò in pratica l’idea attraverso Solarcycle start-up che sta costruendo un impianto in Texas, negli Stati Uniti. L’impianto dovrebbe essere operativo entro novembre».
Peter Majewski del Future Industries Institute dell’Università dell’Australia Meridionale, non è stato coinvolto nella ricerca, ha affermato che l’iniziativa è “assolutamente sensata”, ma ha messo in guardia su un trattamento di riciclo unico per tutti. Ha detto:
«È necessario sviluppare una solida tecnologia di riciclaggio e un’industria in questo settore perché ci troveremo di fronte a un’enorme quantità di pannelli solari. Vale la pena di considerare al momento tutti i diversi scenari, dobbiamo sviluppare diversi metodi di riciclaggio. Sebbene sia necessario pensare a come trattare i pannelli solari a fine ciclo, si tratta di un “problema risolvibile”, potrebbe essere risolto con un programma di gestione che chiarisca chi è responsabile e le regole per lo smaltimento. I rifiuti con i pannelli solari e l’eolico, sono spesso evidenziati come un problema, come non accade in altre tematiche. Molte tecnologie producono rifiuti. Possiamo gestirli. È una questione di legislazione e di tecnologia».

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Pino Silvestri, blogger per diletto, fondatore, autore di Virtualblognews, presente su Facebook e Twitter.
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