La formica invasiva ha reso i leoni meno efficaci a uccidere le zebre, la loro preda principale

La nuova ricerca condotta da Jacob R. Goheen presso il Dipartimento di Zoologia e Fisiologia e Programma di Ecologia ed Evoluzione, Università del Wyoming, Laramie, WY (USA), mostra che le formiche invasive nella savana keniota hanno innescato una reazione ecologica a catena, inducendo i leoni a cambiare il loro comportamento predatorio.
Lo studio pubblicato nella rivista Science è stato condotto insieme a gruppi di ricerca di The Nature Conservancy, University of British Columbia, University of Florida, University of Nairobi, Duke University, University of Glasgow, Karatina University, University of Nevada-Reno e US Geological Survey.
Il team di ricercatori ha scoperto che l’invasione di formiche dalla testa grande nella riserva Ol Pejeta in Kenya ha reso i leoni meno efficaci nell’uccidere le zebre, la loro preda principale, questo perché gli insetti invasivi uccidono le formiche autoctone dell’acacia che proteggono gli alberi di spine sibilanti dagli elefanti e altri erbivori, con il risultato che i leoni hanno una minore copertura arborea quando tendono imboscate alle zebre.
Douglas Kamaru fa parte del gruppo di ricerca del professor Jacob R. Goheen presso il Dipartimento di Zoologia e Fisiologia dell’Università del Wyoming, ha affermato:
«Abbiamo dimostrato che un piccolo invasore ha riconfigurato le dinamiche predatore-preda tra le iconiche specie».
La buona notizia è che la popolazione dei leoni non è diminuita dopo l’invasione degli insetti, probabilmente perché hanno cambiato la loro dieta dalle zebre ai bufali africani, che sono ugualmente a rischio di predazione da parte dei leoni nelle aree invase.
Gli alberi di spine sibilanti, la specie arborea dominante in gran parte dell’Africa orientale, forniscono nettare e riparo alle formiche autoctone, in cambio, le formiche difendono gli alberi dagli insetti mordendoli ed emettendo acido formico.
Il team di ricercatori ha affermato:
«Le formiche autoctone sono particolarmente efficaci nel difendere gli alberi dagli elefanti, stabilizzando così la copertura arborea della savana su interi paesaggi».
L’invasione della formica dalla testa grande – che si ritiene abbia avuto origine su un’isola dell’oceano Indiano -, negli ultimi due decenni ha interrotto la relazione simbiotica tra gli alberi di spine sibilanti e le formiche autoctone. Le formiche dalla testa grande uccidono le formiche autoctone ma non proteggono gli alberi dagli elefanti, consentendo ai massicci erbivori di brucare e rompere gli alberi a una velocità da cinque a sette volte superiore a quella delle aree non invase.
I ricercatori hanno ipotizzato che la perdita della copertura arborea avrebbe influenzato le interazioni tra i leoni e le loro prede principali, le zebre. Utilizzando una serie di aree di studio – alcune invase da formiche dalla testa grande, altre no – e studiando l’attività delle zebre e dei leoni, gli scienziati hanno scoperto che l’invasione delle formiche dalla testa grande, effettivamente ha ridotto il numero di uccisioni di zebre da parte dei leoni, aumentando l’apertura attraverso il paesaggio.
Il team di ricercatori ha affermato:
«Abbiamo dimostrato che la diffusione della formica dalla testa grande, uno degli invasori più diffusi ed ecologicamente più impattanti del mondo, ha innescato una reazione ecologica a catena che riduce il successo con cui i leoni possono cacciare la loro preda principale».
Gli scienziati ritengono che i leoni dell’Ol Pejeta Conservancy abbiano mantenuto il loro numero uccidendo un maggior numero di bufali africani, che sono più grandi e più difficili da uccidere rispetto alle zebre, in altre parti dell’Africa orientale, sono necessari gruppi più numerosi di leoni per uccidere i bufali, il che potrebbe portare a cambiamenti nelle dimensioni e nella composizione dei branchi di leoni nella Ol Pejeta Conservancy.
Il team di ricercatori ha affermato:
«Sebbene l’invasione di formiche dalla testa grossa abbia modellato la distribuzione spaziale delle uccisioni di zebre e la frequenza delle uccisioni di zebre sia diminuita nel tempo, il cambio di preda da parte dei leoni verso prede più temibili, sembra aver finora impedito qualsiasi effetto a cascata sul numero di leoni. Il ruolo degli aggiustamenti comportamentali alla base della stabilità della popolazione di leoni, e il grado di mantenimento di tale stabilità con l’avanzare delle formiche dalla testa grossa nel paesaggio, rimangono questioni aperte da indagare in futuro».

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Pino Silvestri, blogger per diletto, fondatore, autore di Virtualblognews, presente su Facebook e Twitter.
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