È in fase di test la batteria termica per rendere milioni di case indipendenti dal gas

La necessità di trovare alternative al gas russo nelle case è aumentata dal conflitto in Ucraina. Ora una batteria termica con componenti semplici come acqua e sale, potrebbe fornire una soluzione rapida e su larga scala per oltre tre milioni di famiglie nei Paesi Bassi, il doppio dell’obiettivo fissato dal governo olandese. La batteria termica è economica, compatta, senza perdite, pronta per i primi test nel mondo reale, è stata sviluppata da un consorzio di Eindhoven University of Technology, l’Organizzazione olandese per la ricerca scientifica applicata TNO, l’azienda collegata Cellcius e partner industriali.
La batteria termica con l’accumulo di calore nelle case e sfruttando la grande quantità di calore di scarto industriale che altrimenti verrebbe buttato via, è un potenziale punto di svolta per la transizione energetica. Ecco i quattro elementi più rappresentativi di questa innovativa batteria termica.

1. La base della batteria è sorprendentemente semplice
Il semplice esperimento rivela immediatamente l’essenza della batteria di calore: riempi una bottiglietta di sale bianco in grani, aggiungi un po’ d’acqua e il tutto inizia a sfrigolare. Inoltre, come per magia, istantaneamente e incredibilmente la bottiglietta al tatto è calda. L’esperimento dimostrato innumerevoli volte, ha sempre sorpreso i presenti.
Olaf Adan, professore dell’University of Technology Eindhoven e ricercatore principale al TNO, è direttamente coinvolto allo studio della batteria termica di Eindhoven, l’idea ruota essenzialmente attorno a un principio termochimico relativamente vecchio: la reazione di un idrato di sale con il vapore acqueo.
Olaf Adan ha affermato:
«I cristalli di sale assorbono l’acqua, diventano più grandi e, nel processo, rilasciano calore, da qui il riscaldamento rapido della bottiglietta. È anche possibile il contrario, aggiungendo calore, si fa evaporare l’acqua e sostanzialmente si “asciuga” il sale, riducendo così le dimensioni dei cristalli di sale. Finché l’acqua non arriva a una secca polvere di sale, il calore viene sempre immagazzinato al suo interno, quindi, a differenza di altri tipi di accumulatori di calore, non si perde nulla, la batteria termica è completamente esente da perdite».
È possibile ripetere questo processo all’infinito, in un modo o nell’altro, fornendo così la base per una batteria termica in grado di immagazzinare calore e usarlo in un secondo momento e in un luogo diverso. È questa una soluzione per l’offerta fluttuante di energia rinnovabile nelle case e negli edifici, e per l’opportuno riutilizzo in un altro luogo del “calore di scarto”.
Il principio della batteria termica sebbene possa essere semplice, applicarlo in questo tipo di dispositivo non lo è certamente, testimone il fatto che Olaf Adan ha lavorato su questo progetto per oltre 12 anni, ad esempio, la scelta del materiale salino specifico non è scontata. Ci sono migliaia di reazioni conosciute degli idrati di sale con l’acqua. Olaf Adan in dettaglio li ha studiati tutti, scoprendo infine che solo un numero molto limitato ha le giuste proprietà per l’uso in una batteria termica. Ha affermato:
«Un cristallo di sale come quello diventa sempre più piccolo, il calore entra ed esce continuamente, di conseguenza una tale particella può disintegrarsi rapidamente o aggregarsi ad altre particelle, quindi hai bisogno di un materiale che puoi continuare a utilizzare ciclicamente».
Olaf Adan e il suo team come base hanno optato per il carbonato di potassio, un sale facilmente estraibile che si trova in molti prodotti come cibo, sapone o vetro.
Olaf Adan ha detto:
«Allora hai anche bisogno di un dispositivo che sfrutti appieno il potenziale di questo materiale, se deve stare in una casa, deve essere compatto e preferibilmente anche conveniente e molto efficiente, quindi inizi a guardare tutti i tipi di concetti di reattore, come quello nel vuoto o con aria aperta, ma fino ad oggi senza successo».
Olaf Adan alla fine è arrivato al cosiddetto sistema a circuito chiuso (*), un dimostratore che ha costruito nel 2019. Il sistema di ricircolo è costituito da componenti tra cui uno scambiatore di calore, una ventola, un evaporatore/condensatore e una caldaia con particelle di sale, producendo una capacità minima di stoccaggio di 7 kWh, in teoria, per due giorni, poteva fornire il riscaldamento per una tipica famiglia di quattro persone.

(*) Sistema a “circuito chiuso” come base per la batteria termica (vedi immagine)
L’aria circola al suo interno, grazie a un ventilatore (in basso al centro). L’aria fredda e umida entra nella caldaia (bianca, in alto a sinistra) che contiene le particelle di sale. La reazione con il sale rende l’aria secca e calda. Lo scambiatore di calore (in basso a sinistra) estrae il calore. L’aria fredda entra nel condensatore per umidificarlo nuovamente e così può tornare in caldaia. Il processo può avvenire anche al contrario, per cui l’aria secca viene riscaldata (con scambiatore di calore), il sale viene essiccato, diventa umido e freddo e viene nuovamente essiccato dall’evaporatore.
Credito: Bart van Overbeeke 

Olaf Adan ha detto:
«Il dispositivo sembrava ancora piuttosto semplice, con una tecnologia esistente e matura, ma ci ha permesso di dimostrare che il nostro concetto, semplice com’era, ha funzionato».
I vari test hanno permesso a Olaf Adan all’interno del consorzio europeo Heat-Insyde (tra cui TU/e, TNO, Caldic e gruppi provenienti da Francia, Belgio, Polonia e Svizzera) di vincere un sussidio europeo di sette milioni di euro per un ulteriore sviluppo. Il team si è quindi messo al lavoro per “aggiornare” il dimostratore fino a realizzare un prototipo pronto per l’uso pratico.

2. La tecnologia è ottimizzata per l’uso nel mondo reale
Il prototipo ora realizzato in termini di dimensioni è paragonabile al dimostratore, ma è qui che finiscono le somiglianze visibili. Il prototipo si presenta come una sorta di grande armadio con dozzine di armadietti, con tutti i tipi di cavi sciolti che sporgono dal lato.
Sorprendentemente, ogni coppia di piccoli “armadietti” rappresenta una batteria termica che corrisponde all’intero dimostratore originale in termini di capacità di stoccaggio. L’intero dispositivo contiene circa 30 “armadietti”, con una capacità di stoccaggio totale di oltre 200 kWh. Olaf Adan lo mette in prospettiva:
«È equivalente a due Tesla completamente cariche. Abbiamo ottimizzato la versione precedente in innumerevoli modi, abbiamo riprogettato i singoli componenti, come l’evaporatore e lo scambiatore di calore, abbiamo sfruttato meglio lo spazio e utilizzato altri materiali».
L’unità include anche un sistema di misurazione e controllo, ad esempio, in modo da sapere quando caricare e quanto calore è rimasto nel sistema. La maggior parte delle applicazioni non richiede una batteria così grande. Olaf Adan ha detto:
«Ecco perché abbiamo scelto deliberatamente quelle piccole unità multiple che puoi combinare a piacimento, in altre parole è un sistema modulare. Se hai un grande contenitore di sale, devi iniziare a usarlo tutto in una volta. È davvero inefficiente, quindi puoi usare “bit” della batteria, separati dal resto. Inoltre, le unità separate offrono ogni tipo di possibilità di design, rendendo possibili forme e dimensioni diverse, a seconda della situazione pratica desiderata. Il nostro è un prototipo orientato all’utente, non è ancora un prodotto commerciale, ma ora è tutto pronto per essere testato per la prima volta in una situazione reale”.
I test inizieranno entro la fine dell’anno, con i primi progetti piloti della batteria termica nelle case. La batteria termica di circa 70 kWh sufficienti per durare qualche giorno senza sole e vento, sarà installata in quattro case, due a Eindhoven, una in Polonia e una in Francia.
Olaf Adan ha aggiunto:
«Anche se sono “solo” quattro case, i test in pratica ci forniranno input preziosi su cos’altro è necessario per applicare la batteria termica su larga scala e su cosa ne pensa l’utente, ad esempio, dovrebbe esserci un’app per far funzionare la batteria?”.

3. Il trasporto di calore è cruciale nella transizione energetica
L’idea che ha dato il via al progetto è stata la batteria termica come supporto di accumulo di calore nelle case. Il consorzio nel frattempo sta valutando anche l’accumulo di calore negli edifici per uffici, l’orticoltura in serra o, ad esempio, autobus elettrici o navi di lusso.
Il team di ricercatori considerando che questa batteria termica può immagazzinare calore senza perdite, ha evidenziato che può anche essere trasportata senza perdite, in fin dei conti non succede nient’altro al sale secco finché non viene aggiunta acqua. È proprio qui che la batteria termica potrebbe fare la differenza, perché altre forme di trasporto del calore, come attraverso tubi o transizioni di fase, aumentano sempre le perdite.
Il consorzio ha concentrato la propria attenzione anche sul calore residuo industriale come fonte di calore, una sorta di “spreco di calore”, come quello generato come sottoprodotto nelle fabbriche o il calore in eccesso dai data center, questo calore non è più così “caldo”, a temperature inferiori a 150° C non ha valore per la maggior parte dell’industria, invece, per le case un tale calore è molto utile. Tali temperature sono più che sufficienti per riscaldare la casa o fare una doccia calda, se il calore residuo industriale potesse essere utilizzato per riscaldare le case, si avrebbe una situazione vantaggiosa per tutti: le case potrebbero essere rese indipendenti dal gas (un’esigenza ancora più urgente data la dipendenza dal gas russo) e le emissioni di CO2 sarebbero ridotte.
Olaf Adan ha fatto un rapido calcolo con l’unità di energia Joule pari a 0,24 calorie (petajoule equivale a 1 000 000 000 000 000 joule (10 alla potenza 15). Un petajoule rappresenta 31,6 milioni di m³ di gas naturale o 278 milioni di kilowattora di elettricità. Ha detto:
«Nei Paesi Bassi ogni anno abbiamo circa 150 Petajoule (un numero con 15 zeri) di calore residuo dall’industria. Ciò permetterebbe di togliere dal gas quasi 3,5 milioni di case, che è più del doppio dell’obiettivo del governo olandese, vale a dire 1,5 milioni di case senza gas entro il 2030. Se si sovrappongono su una mappa dei Paesi Bassi le posizioni delle fonti di calore residuo industriale e delle case, la corrispondenza è ragionevolmente buona, non ci sono più di 30 chilometri tra di loro, ma questo è ancora troppo per le reti termiche, il metodo su cui il governo si sta ora concentrando. Le griglie di calore utilizzano tubi con acqua, che si raffredda e quindi limita il raggio d’azione, inoltre, le reti di riscaldamento presentano un elevato rischio di investimento e l’intero paesaggio deve essere “violato” per costruirle, non è un’opzione interessante».
Olaf Adan con il consorzio che comprende Cellcius, Ennatuurlijk, Demcon, SiTech, TNO, Brightside e SABIC (società saudita, attiva nel settore petrolchimico, chimico, dei polimeri industriali, fertilizzanti e metalli), sta preparando un test nel mondo reale per utilizzare la batteria termica per il riutilizzo del calore residuo industriale. Il calore residuo del Chemelot Campus di Sittard-Geleen sarà trasportato in una cinquantina di abitazioni nel quartiere dello stesso comune.
Olaf Adan ha affermato:
«Con una stazione di ricarica di calore di SABIC raccogliamo calore ed essicchiamo il sale. Portiamo poi questo sale in camion fino a una sorta di “casa del trasformatore” nella zona residenziale, da dove le cinquanta case vengono alimentate con il calore tramite tubi, quindi non dobbiamo essere nelle stesse case».
E sì, l’uso dei camion non è rispettoso del clima ma Olaf Adan può rassicurare tutti:
«Le emissioni che ne derivano sono trascurabili rispetto a quelle che risparmiamo con questo trasporto termico. Inoltre, vogliamo passare presto ai camion elettrici».
Il programma pilota dovrebbe iniziare nel corso del prossimo anno, quando i primi camion carichi di “energia” potranno mettersi in strada.

4. Il passaggio alla valorizzazione rafforza lo sviluppo
Ora che la tecnologia sta per essere introdotta nella società, sono stati presi provvedimenti anche sul lato organizzativo e finanziario, ad esempio, la società collegata Cellcius, fondata alla fine del 2020 è ancora piccola, con cinque persone al momento ma Olaf Adan si aspetta di vederla crescere entro la fine dell’anno fino a raggiungere da 10 a 15 persone. Inoltre, da Eindhoven Engine, stanno convincendo molti studenti interessati alle varie materie di studio a collaborare su vari aspetti.
Il team di ricercatori ha detto che dopo la sovvenzione europea a sette cifre, sono stati assicurati molti finanziamenti aggiuntivi per consentire la realizzazione del prossimo progetto pilota residenziale. E grazie ai recenti investimenti della Brabant Development Corporation, dell’Innovation Industries e del GoeieGrutten Impact Fund, sono stati apportati gli ultimi ritocchi al quadro finanziario per il progetto pilota del trasporto di calore.
Olaf Adan attraverso la società collegata Cellcius, ora che è più coinvolto non solo come ricercatore ma anche nella valorizzazione, vede come questa interazione abbia un effetto amplificante sulla tecnologia, ha detto:
«Ora stai davvero lavorando su un prodotto, che a sua volta con la tecnologia genera nuove domande per le basi, ciò è un meraviglioso esempio di co-creazione e di come ti consente di accelerare quel ciclo».
Olaf Adan nonostante la grande promessa della tecnologia che ha a disposizione, rimane con i piedi per terra, in conclusione ha detto:
«Mentre il potenziale è grande, abbiamo anche visto molte grandi tecnologie che non ce l’hanno fatta, quindi terremo i piedi per terra e faremo un passo alla volta. Sono dentro a questo progetto per un motivo, è bello poter contribuire alla transizione energetica».

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About Pino Silvestri

Pino Silvestri, blogger per diletto, fondatore, autore di Virtualblognews, presente su Facebook e Twitter.
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