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Gelato al merluzzo? I verdi dicono no. Non perché temano l´estinzione della specie acquatica, che con il gelato c´entra poco. A preoccupare la capogruppo dei Verdi nella Commissione Agricoltura e Alimentazione del Senato, Loredana De Pretis, e tutti gli appassionati di gelato, è la proteina artificiale copiata da quella del merluzzo con la bioingegneria che finirebbe nei gelati confezionati. Il nuovo artefatto, infatti, potrebbe avere a che fare con gli Ogm. L´idea di mettere in circolazione gelati al merluzzo è della multinazionale Unilever, «colosso commerciale che peraltro è il più grande produttore mondiale di gelati e controlla oltre il 40% del mercato italiano del gelato confezionato con i marchi Algida, Sorbetteria di Ranieri, Eldorado e Carte d’Or, ed ha già ottenuto l’autorizzazione a commercializzare il gelato biotech negli Stati Uniti, in Cile, Indonesia, Messico e Filippine» si legge in una nota della parlamentare dei Verdi. Lo scorso 20 luglio Unilever ha presentato formalmente richiesta presso l´Agenzia per la sicurezza alimentare della Gran Bretagna per avere il via libera alla commercializzazione della proteina ottenuta dal «macrozoarces americanus», una varietà di merluzzo che vive nelle acque più fredde dell´Atlantico.
«È irresponsabile, dice la De Petris, introdurre una proteina ad alto rischio di allergie in un prodotto così diffuso al consumo, anche in soggetti particolarmente vulnerabili, com’è il gelato confezionato. Il nostro governo si deve attivare in sede europea per impedire la commercializzazione in assenza di adeguate garanzie per la salute del nuovo gelato contenente la proteina derivata, con procedimento biotecnologico, dal merluzzo artico» ha aggiunto la parlamentare. Per questo ha presentato un´interpellanza urgente. «Si espongono i consumatori, sostiene ancora la parlamentare dei Verdi, a rischi per il sistema immunitario solo per abbassare la temperatura a cui si formano i cristalli di ghiaccio e quindi produrre gelati di forme più complicate. Non c’è proprio alcuna necessità di mettere in discussione, per questioni di marketing estetico, il contenuto nutrizionale e la sicurezza alimentare di un prodotto che gli europei consumano in dosi massicce, solo in Italia 2,5 chili a testa nel periodo estivo». «Non a caso Unilever, prosegue De Petris, ha scelto la Gran Bretagna per l’avvio della pratica, «si tratta del Paese europeo più aperto agli Ogm. Il parere delle autorità britanniche, per le procedure interne al sistema di sicurezza alimentare dell’Unione, viene immediatamente trasferito all’Autorità europea di Parma per l’istruttoria del nuovo alimento su scala europea». La nostra, conclude l’esponente dei Verdi, è anche «un’allerta per le organizzazioni dei consumatori: l’opinione informata di chi acquista può pesare molto sui comportamenti dei marchi più diffusi in Europa».
Fonte: Unità