Ricercatori italiani hanno scoperto come prolungare di 30 giorni la durata di conservazione della pasta fresca

La pasta è un affare serio in Italia con più di 300 forme specifiche conosciute e circa 1.300 nomi. C’è persino una “legge sulla pasta” in vigore da 55 anni che ne regola la produzione e la lavorazione, ma ciò non significa che l’amato alimento base sia escluso dall’innovazione.
Ora, i ricercatori italiani utilizzando un nuovo processo di confezionamento che prevede all’impasto anche l’applicazione di colture probiotiche bioprotettive, hanno elaborato un nuovo processo per prolungare di 30 giorni la durata di conservazione della pasta fresca. Hanno pubblicato lo studio per conservare al meglio la pasta fresca nella rivista Frontiers in Microbiology.

Il problema della pasta fresca
La maggior parte della pasta fresca venduta oggi nei negozi è prodotta attraverso un processo industriale che prevede il trattamento termico del prodotto, essenzialmente l’equivalente della pastorizzazione della pasta. La pasta appena prodotta è conservata in un cosiddetto Processo di confezionamento in atmosfera modificata (MAP), prevede la rimozione dell’ossigeno e la sua sostituzione con altri gas all’interno di una confezione costituita da una pellicola di plastica.
La pasta fresca conservata in frigorifero, ha una durata di conservazione compresa tra 30 e 90 giorni. Tuttavia, molte cause possono compromettere la qualità della pasta e persino la sicurezza del prodotto, ad esempio alcuni batteri possono sopravvivere al trattamento termico e crescere nelle giuste condizioni, come  un’eccessiva umidità.
L’industria a volte utilizza anche conservanti chimici per aiutare a mantenere la freschezza. Tuttavia, per i consumatori che preferiscono prodotti naturali, “a marchio pulito”, senza ingredienti artificiali o sintetici, le opzioni disponibili per prolungare la durata di conservazione della pasta fresca sono limitate.

Mappare un nuovo metodo di conservare la pasta
I ricercatori del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), il più grande ente pubblico di ricerca in Italia, insieme all’Università degli Studi di Bari Aldo Moro e in collaborazione con il laboratorio chimico privato Food Safety Lab, hanno sviluppato un nuovo metodo certificato “Clean Label” per ridurre al minimo i problemi di deterioramento: in primo luogo, hanno modificato il rapporto di gas MAP e la combinazione di pellicole di plastica utilizzate nella confezione per controllare meglio la crescita microbica e l’impermeabilità; infine, hanno aggiunto una miscela probiotica a più ceppi per inibire la crescita dei batteri.
La certificazione del progetto Clean Label viene assegnata ai marchi che seguono i criteri più severi per mostrare cosa c’è nei loro prodotti. I ricercatori hanno testato il nuovo protocollo utilizzando un tipo di pasta corta e sottile chiamata Trofie: un primo set di pasta fresca è stato prodotto e confezionato in modo tradizionale; un secondo set è stato prodotto in modo tradizionale ma conservato nella MAP sperimentale. Hanno aggiunto i ceppi probiotici bioprotettivi a un terzo set di Trofie fresche, che sono state poi conservate nella confezione sperimentale.
I ricercatori dopo alcuni mesi di attesa, utilizzando metodi ad alta tecnologia come il sequenziamento genico per identificare la composizione microbica e la spettrometria di massa per tracciare il profilo dei composti organici volatili, hanno scoperto che nei tre esperimenti le Trofie trattate con probiotici antimicrobici bioprotettivi nella MAP sperimentale avevano la migliore durata di conservazione.
Francesca De Leo, ricercatrice dell’Istituto di Biomembrane, Bioenergetica e Biotecnologie Molecolari del CNR, ha detto:
«I risultati dimostrano che la MAP, insieme a una coltura probiotica bioprotettiva essiccata a spruzzo, ha agito in modo sinergico per controllare il deterioramento microbico della pasta fresca durante la conservazione in frigorifero».

Lotta allo spreco alimentare
Francesca De Leo ha affermato:
«La tecnica sviluppata dal mio team potrebbe essere introdotta a livello industriale, aggiungendo 30 giorni di durata di conservazione rispetto ai prodotti convenzionali, dal punto di vista del consumatore, un chiaro vantaggio di questo prodotto è la lunga durata e la facilità di conservazione. Ciò può essere particolarmente importante considerando che i consumatori tendono sempre di più a ridurre la frequenza dei loro acquisti di cibo e, di conseguenza, a conservare le derrate il più possibile a casa».
Il valore di questa ricerca non si limita a trovare un metodo migliore per conservare la pasta più a lungo, ma contribuisce a ridurre gli sprechi alimentari. Il Programma Alimentare Mondiale stima che circa un terzo di tutto il cibo prodotto ogni anno viene sprecato o perso prima di essere consumato.
Francesca De Leo ha sottolineato:
«Lo spreco e la perdita di cibo hanno una grande influenza sulla sostenibilità ecologica e ambientale del sistema alimentare. L’adozione di soluzioni tecnologiche innovative per la prevenzione degli sprechi alimentari, come quella descritta in questo studio, può aiutare a compensare questi problemi, se le aziende sono disposte ad accettare la sfida e ad innovare».

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Pino Silvestri, blogger per diletto, fondatore, autore di Virtualblognews, presente su Facebook e Twitter.
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