Innovativa “fotocamera biologica” sfrutta le cellule viventi del DNA per codificare e archiviare i dati

La “fotocamera biologica” per la prima volta al mondo ha aggirato i vincoli degli attuali metodi di archiviazione dati del DNA, sfruttando le cellule viventi e i loro meccanismi biologici intrinseci per codificare e archiviare i dati. Ciò rappresenta una svolta significativa nella codifica e nella memorizzazione delle immagini direttamente all’interno del DNA, creando un nuovo modello per l’archiviazione delle informazioni che ricorda una fotocamera digitale.
Il team di ricerca guidato da Poh Chueh Loo (professore associato coordinatore scientifico del College of Design and Engineering presso la National University of Singapore), in collaborazione con NUS Synthetic Biology for Clinical and Technological Innovation (SynCTI), potenzialmente potrebbe scuotere l’industria dell’archiviazione dei dati, come evidenziato nello studio pubblicato nella rivista Nature Communications.

Nuovo modello di riferimento per affrontare il sovraccarico di dati a livello globale
Il mondo poiché continua a generare dati a un ritmo senza precedenti, i dati sono stati considerati la “valuta” del XXI secolo. Si stima che nel 2018 i dati fossero pari a 33 ZB, ma si prevede che la Datasfera globale raggiungerà i 175 ZB entro il 2025 (zettabyte – ZB – è un’unità di archiviazione di informazioni digitali utilizzata per indicare la dimensione dei dati). Ciò ha innescato la ricerca di un’alternativa di archiviazione in grado di superare i confini dell’archiviazione dati convenzionali e di affrontare l’impatto ambientale dei centri dati ad alta intensità di risorse.
L’idea di utilizzare il DNA per memorizzare altri tipi di informazioni, come immagini e video, solo di recente ha suscitato attenzione. Ciò è dovuto all’eccezionale capacità di memorizzazione, alla stabilità e alla lunga importanza del DNA come mezzo di archiviazione delle informazioni.
Poh Chueh Loo ha affermato:
«Siamo di fronte a un imminente sovraccarico di dati. Il DNA, il biomateriale chiave di ogni essere vivente sulla Terra, immagazzina informazioni genetiche che codificano per una serie di proteine responsabili di varie funzioni vitali, per intenderci, un solo grammo di DNA può contenere oltre 215.000 terabyte di dati, equivalenti alla memorizzazione di 45 milioni di DVD messi insieme».
Lim Cheng Kai ha lavorato con Poh Chueh Loo per sviluppare il nuovo sistema che cattura e memorizza le immagini direttamente nel DNA, ha affermato:
«Il DNA è anche facile da manipolare con gli attuali strumenti di biologia molecolare, può essere conservato in varie forme a temperatura ambiente ed è così resistente che può durare secoli».
La ricerca attuale sulla conservazione del DNA, nonostante il suo immenso potenziale, si concentra sulla sintesi di filamenti di DNA al di fuori delle cellule, questo processo è costoso e si basa su strumenti complessi, anch’essi soggetti a errori.
Poh Chueh Loo e il suo team per superare questo collo di bottiglia, si sono rivolti a cellule vive, che contengono un’abbondanza di DNA che può fungere da “banca dati”, aggirando la necessità di sintetizzare il materiale genetico all’esterno.
Il team di ricercatori attraverso pura ingegnosità e intelligente ingegneria ha sviluppato “BacCam”, un nuovo sistema che unisce varie tecniche biologiche e digitali per emulare le funzioni di una fotocamera digitale utilizzando componenti biologici.
Poh Chueh Loo ha spiegato:
«Immagina il DNA all’interno di una cellula come una pellicola fotografica non sviluppata. Utilizzando l’optogenetica, una tecnica che controlla l’attività delle cellule con la luce simile al meccanismo dell’otturatore di una macchina fotografica, siamo riusciti a catturare “immagini” imprimendo segnali luminosi sulla “pellicola” di DNA».
Il team di ricercatori utilizzando tecniche di codici a barre simili all’etichettatura fotografica, successivamente hanno contrassegnato le immagini acquisite per l’identificazione univoca. Sono stati impiegati algoritmi di apprendimento automatico per organizzare, ordinare e ricostruire le immagini memorizzate, questi costituiscono la “fotocamera biologica”, rispecchia i processi di acquisizione, archiviazione e recupero dei dati di una fotocamera digitale.
Lo studio ha mostrato la capacità della fotocamera di acquisire e memorizzare contemporaneamente più immagini utilizzando diversi colori di luce; ancora più importante, rispetto ai precedenti metodi di archiviazione dei dati del DNA, il sistema innovativo del team di ricercatori è facilmente riproducibile e scalabile.
Poh Chueh Loo in conclusione ha affermato:
«Mentre ci spingiamo oltre i confini dell’archiviazione dei dati del DNA, c’è un crescente interesse nel colmare l’interfaccia tra i sistemi biologici e digitali. Il nostro metodo rappresenta un’importante pietra miliare nell’integrazione dei sistemi biologici con i dispositivi digitali. Sfruttando la potenza del DNA e dei circuiti optogenetici, abbiamo creato la prima “fotocamera digitale vivente”, che offre un metodo economico ed efficiente all’archiviazione dei dati del DNA. Il nostro lavoro non solo esplora ulteriori applicazioni dell’archiviazione dei dati del DNA, ma riprogetta anche le tecnologie di acquisizione dei dati esistenti in un quadro biologico. Speriamo che questo studio getti le basi per una continua innovazione nella registrazione e memorizzazione delle informazioni».

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About Pino Silvestri

Pino Silvestri, blogger per diletto, fondatore, autore di Virtualblognews, presente su Facebook e Twitter.
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