Gli hacker tramite lo schermo possono spiarci anche se copriamo la webcam

Nell’inquietante romanzo “1984” di George Orwell gli onnipresenti teleschermi incarnano l’ultima invasione della privacy. I teleschermi nel romanzo immaginario sono installati nelle case di ogni membro del Partito e in tutti gli spazi pubblici, fungendo da macchine di propaganda e da sentinelle dello Stato.
Ora si scopre che anche se non ci sono telecamere, lo schermo può comunque spiare le persone, a tal proposito, il nuovo studio  pubblicato nella rivista Science Advances, condotto da ricercatori del MIT, dimostra che non si tratta di un’idea così campata in aria. Gli scienziati hanno messo a punto un metodo che ha permesso di violare i sensori di luce ambientale, minuscoli componenti progettati per regolare la luminosità dello schermo, in modo da fungere da finestra per sbirciare nella nostra vita privata. È la prima volta che si dimostra che questi sensori possono essere trasformati in una seconda fotocamera.

Telecamera nascosta sotto mentite spoglie
I sensori di luce ambientale a prima vista sembrano innocui, misurano la luminosità dell’ambiente circostante, attenuando automaticamente lo schermo in presenza di luce solare o illuminandolo in ambienti più bui per una visione ottimale.
I ricercatori della Computer Science and Artificial Intelligence Laboratory (CSAIL) del MIT hanno scoperto che questi sensori possono catturare immagini di ciò che accade davanti a loro, senza bisogno di una telecamera. Si tratta di un enorme rischio per la privacy che finora era rimasto sottotraccia: a differenza delle app che richiedono il permesso di utilizzare le telecamere, questi sensori operano senza chiedere, raccogliendo silenziosamente i dati.
Yang Liu, dottorando presso il Dipartimento di ingegneria elettrica e informatica del MIT e affiliato al CSAIL, autore principale dello studio, ha affermato:
«Molti ritengono che questi sensori debbano essere sempre accesi, ma proprio come il teleschermo, i sensori di luce ambientale possono catturare passivamente ciò che facciamo senza il nostro permesso, mentre le app devono richiedere l’accesso alle nostre fotocamere. Le nostre ricerche dimostrano che, se combinati con uno schermo, questi sensori potrebbero rappresentare una sorta di minaccia per la privacy delle immagini, fornendo queste informazioni agli hacker che controllano i nostri dispositivi intelligenti».

Ecco come funziona l’hacking della luce ambientale
Il processo è tanto complesso quanto ingegnoso. Il sensore di luce ambientale raccoglie le sottili variazioni di intensità luminosa causate dai movimenti e dalle interazioni con lo schermo, quando si tocca la superficie di un dispositivo per interagire con una pagina o digitare dati privati, la luce viene bloccata dalla mano e riflessa dal viso.
Il team di ricercatori utilizzando un sofisticato algoritmo possono mappare queste variazioni su uno spazio bidimensionale, ricostruendo essenzialmente un’immagine pixelata dell’attività di fronte allo schermo. Le immagini risultanti non sono così nitide come quelle catturate con una fotocamera tradizionale, ma rappresentano comunque un’invasione della privacy che può essere utilizzata in vari nefasti modi.
Il team di ricercatori del MIT negli esperimenti ha utilizzato un tablet Android per condurre tre dimostrazioni, che vanno dall’interazione di un manichino con il dispositivo, alla cattura delle sfumature dei movimenti della mano umana, questi test hanno dimostrato che interazioni come scrollare, strisciare e toccare lo schermo, possono essere monitorati, trasformando ogni tocco e pressione in un potenziale punto di dati per gli hacker.
I ricercatori propongono diverse misure per salvaguardare la nostra privacy. Suggeriscono di restringere le autorizzazioni delle app per i sensori di luce ambientale e di ridurre la precisione e la velocità dei sensori, rendendo più difficile per gli osservatori indesiderati catturare informazioni dettagliate. La modifica dei sensori di luce può comportare un calo delle prestazioni, ma i consumatori ne guadagnerebbero in tranquillità.
Inoltre, riposizionare i sensori sui dispositivi potrebbe impedire che siano direttamente indirizzati verso gli utenti, considerando che il sensore di luminosità nella stragrande maggioranza dei dispositivi, come gli smartphone o i computer portatili, è posizionato direttamente accanto alla fotocamera.
E se l’idea di uno schermo di computer che osserva ogni nostro movimento può sembrare fantascienza, la realtà è che la tecnologia avanza in modi che mettono continuamente in discussione la nostra percezione della privacy, ricordandoci che anche le funzioni tecnologiche di base dei nostri dispositivi possono essere sfruttate per la sorveglianza.

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About Pino Silvestri

Pino Silvestri, blogger per diletto, fondatore, autore di Virtualblognews, presente su Facebook e Twitter.
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