Le cellule immunitarie moltiplicate in laboratorio, ripristinano le loro funzioni una volta reintrodotte nel corpo umano

I macrofagi sono cellule immunitarie cruciali per la risposta immunitaria, la riparazione dei tessuti e la rimozione delle cellule tumorali. Gli scienziati vedono i macrofagi come promettenti terapie viventi, tuttavia, per essere utilizzati efficacemente per le terapie, i macrofagi devono essere coltivati in gran numero in colture di laboratorio senza perdere le loro funzioni speciali. Finora, non era chiaro se tutto questo fosse possibile.
Il team di scienziati di Dresda e Marsiglia ora riferisce che i macrofagi coltivati per lunghi periodi in condizioni di laboratorio, possono funzionare normalmente quando vengono trasferiti nuovamente nel corpo e sono indistinguibili dalle cellule che non hanno mai lasciato il tessuto. I risultati aprono la strada a nuove terapie cellulari basate sui macrofagi. Lo studio è stato pubblicato nella rivista Nature Immunology.
I macrofagi sono cellule immunitarie presenti in tutti gli organi del nostro corpo. Agiscono come guardiani dei tessuti, nutrendo altre cellule e rimuovendo sostanze dannose come batteri, detriti cellulari e persino cellule tumorali, pertanto, sono stati individuati dagli scienziati come potenziali nuovi farmaci viventi per curare gli organi danneggiati, combattere le infezioni e il cancro.
Le cellule per raggiungere questo obiettivo, in gran numero devono essere cresciute al di fuori del corpo. Finora è stato difficile per i macrofagi. Inoltre, c’erano seri dubbi sul fatto che le condizioni di laboratorio potessero far perdere le loro speciali abilità.
La moltiplicazione delle cellule in laboratorio, la cosiddetta coltura cellulare, è una tecnica comune che negli anni ha consentito enormi progressi in biologia e medicina. Le cellule cresciute in laboratorio, tuttavia sono rimosse dal loro ambiente naturale e dai segnali fisici che sembrano essenziali per la loro funzione. Le cellule vengono coltivate su Piastre di Petri di plastica e bagnate in soluzioni nutritive artificiali, devono adattarsi a queste nuove condizioni, tutto questo, a livello di coltura cellulare è un vero shock.
Michael Sieweke, vicedirettore del Centro per le terapie rigenerative di Dresda (CRTD) all’Università tecnica di Dresda, esperto di biologia delle cellule staminali e dei macrofagi, ha affermato:
«Volevamo sapere esattamente come cambiano le cellule nella coltura cellulare prolungata e se questi cambiamenti sono permanenti o meno».

Lo shock della coltura cellulare
Il team di Michael Sieweke presso il Centro per le terapie rigenerative di Dresda (CRTD) all’Università tecnica di Dresda e il Centro di immunologia di Marsiglia Luminy (CNRS, INSERM, Università Aix-Marseille) ha studiato i macrofagi polmonari di topo, cellule immunitarie che vivono naturalmente negli alveoli (minuscole sacche d’aria nei polmoni).
Il team è riuscito a far crescere le cellule in condizioni di laboratorio per diversi mesi e in gran numero, anche se il loro aspetto e le loro caratteristiche generali non sono stati influenzati, quando si è esaminato più da vicino, è diventato chiaro che le cellule avevano effettivamente acquisito molti cambiamenti per adattarsi al nuovo ambiente.
Sethuraman Subramanian uno degli autori dello studio ha detto:
«Ogni cellula del nostro corpo ha lo stesso set di geni, ma le cellule differiscono in quali geni sono accesi e quali sono tenuti spenti. Si può pensare come l’impronta digitale molecolare della cellula, una combinazione unica di geni accesi che distinguono, ad esempio, un macrofago del polmone da un macrofago dell’intestino e una cellula del cervello».
Gli scienziati hanno confrontato il modello genico nelle cellule coltivate in laboratorio con le loro controparti del polmone, hanno visto differenze sostanziali.
Michael Sieweke ha spiegato:
«Vivere su una superficie di plastica come quella della Piastra di Petri e avere tutti i nutrienti prontamente disponibili è molto diverso dalle condizioni naturali, c’era da aspettarselo. Le cellule hanno dovuto abituarsi e lo hanno fatto cambiando lo stato di più di 3.000 geni. La domanda che ci interessava veramente era se questi cambiamenti possono essere invertiti».

Dimenticare la coltura cellulare
Il team ha trasferito i macrofagi coltivati in laboratorio nella loro sede naturale nei polmoni del topo. Confronti dettagliati hanno mostrato che le cellule coltivate in laboratorio erano indistinguibili dai loro equivalenti che non hanno mai lasciato il polmone.
Clara Busch, tra gli autori dello studio, ha detto:
“Siamo stati sorpresi di vedere che i sostanziali adattamenti che i macrofagi hanno fatto per vivere in laboratorio si sono dimostrati completamente reversibili. I macrofagi coltivati in laboratorio avevano dimenticato il tempo trascorso in laboratorio e hanno assunto completamente la loro normale funzione e il loro status nel polmone, ignari del loro precedente shock della coltura cellulare”.

Terapie cellulari del futuro
La ricerca anche se è stata effettuata nei topi, ha risvolti molto promettenti per le terapie umane. La capacità di trasferire i macrofagi tra la coltura cellulare e il loro ambiente naturale mostra un grande potenziale per le future terapie cellulari basate sui macrofagi. I macrofagi polmonari potrebbero essere moltiplicati in laboratorio, adattati sperimentalmente per combattere una specifica malattia, prima di essere rilasciati nei polmoni del paziente dove possono immediatamente iniziare a svolgere la loro funzione. Tale configurazione potrebbe essere utilizzata per trattare il cancro, la malattia fibrotica o le infezioni simili a quelle del Covid-19 nel polmone.
Michael Sieweke in conclusione ha detto:
«Il presente studio è iniziato molto prima della pandemia, ma dimostra ancora una volta che la ricerca fondamentale può servire come fonte di future applicazioni terapeutiche».

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