Ricercatori hanno identificato nel cervello il marcatore associato all’aggressività nei bambini

Immaginate una situazione con due bambini, il primo giocoso prende in giro l’altro, il secondo bambino lo considera ostile e risponde in modo aggressivo. Tale comportamento accade sempre con i bambini, ma il motivo per cui alcuni reagiscono in modo neutrale e altri agiscono con aggressività è un mistero.
Il gruppo di ricerca dellUniversità dell’Iowa riferisce di aver identificato un marcatore cerebrale associato all’aggressività nei bambini piccoli. Negli esperimenti di misurazione di un tipo di onda cerebrale in bambini di età compresa dai 2 anni e mezzo ai 3 anni e mezzo, quelli che avevano picchi più piccoli nell’onda cerebrale P3, in relazione a un cambiamento di una situazione erano più aggressivi dei bambini che registravano picchi più grandi dell’onda cerebrale P3.
I risultati potrebbero portare a identificare in anticipo i bambini che sono a rischio di comportamento aggressivo, ciò potrebbe aiutare ad arginare questi impulsi prima dell’adolescenza, un’età in cui la ricerca ha dimostrato che il comportamento aggressivo è più difficile da trattare.
Isaac Petersen, professore assistente del Dipartimento di Scienze Psicologiche e del Cervello dell‘Università dell’Iowa, autore dello studio pubblicato il 25 settembre 2018 sulla rivista Journal of Child Psychology and Psychiatry, ha detto:
«Nel nostro ambiente sono presenti tutti i tipi di ambigui segnali sociali, i bambini quando non sono in grado di rilevare un cambiamento di un atteggiamento, possono essere più propensi a fraintenderlo come ostile piuttosto che giocosoI bambini agli atteggiamenti sociali rispondono in modo differente, pensiamo che ciò sia dovuto a come interpretano quel segnale, neutrale o ostile».
L’onda P3 fa parte di una serie di onde cerebrali generate quando un individuo valuta e risponde a un cambiamento dell’ambiente, come ad esempio i cambiamenti di spunti in un’interazione sociale. Ricerche precedenti, soprattutto negli adulti, hanno dimostrato che gli individui con picchi di onde P3 più brevi quando si confrontano con un cambiamento nell’ambiente tendono a essere più aggressivi. Gli scienziati per questo motivo ritengono che il P3 sia un indicatore chiave dell’aggressività, così come associato alla depressione e alla schizofrenia.
I ricercatori per scoprire le differenze, hanno selezionato 153 bambini e, in sessioni individuali, hanno dotato ognuno di cuffia EEG per misurare l’attività delle onde cerebrali mentre un flusso costante di toni suonava nella stanza. I ricercatori mentre i bambini guardavano su uno schermo televisivo i cartoni animati senza audio e l’intonazione dei toni cambiava nella stanza, hanno misurato l’onda cerebrale P3 che accompagnava ogni cambiamento d’intonazione.
Isaac Petersen ha spiegato:
«Il cambiamento di tono è analogo a un cambiamento in un’interazione sociale, in cui il cervello – consciamente o inconsciamente – reagisce a un cambiamento nell’ambiente. In questo caso, è stato il cambiamento di tono.
I bambini con un picco più breve nell’onda cerebrale P3 che accompagna il cambiamento di tono sono stati valutati dai genitori come più aggressivi rispetto ai bambini con picchi P3 più pronunciati.
La differenza nei picchi di P3 nei bambini aggressivi e non aggressivi era statisticamente rilevante, l’effetto è stato identico per bambini e bambine. I loro cervelli rispetto ai bambini con picchi di onde cerebrali P3 più brevi, hanno meno capacità di rilevare i cambiamenti nell’ambiente, per questo possono essere più propensi a fraintendere informazioni sociali ambigue come ostili, inducendoli a reagire in modo aggressivoE’ questa la nostra ipotesi, è importante notare che ci sono altre possibilità che possono spiegare l’aggressività che la ricerca futura dovrebbe esaminare.
I ricercatori hanno testato gli stessi bambini a 30, 36 e 42 mesi di età per esplorare ulteriormente l’associazione con l’onda cerebrale P3 e l’aggressività: questo marcatore cerebrale, sull’aggressività non è mai stato ampiamente studiato nella prima infanzia e nei bambini, in futuro potrebbe far parte di una serie di strumenti per rilevare il rischio di aggressione che potrebbe non comparire in uno screening comportamentale.
La ricerca è importante perché gli interventi precoci sono più efficaci per arginare l’aggressività che si manifesta in seguito quando il comportamento è più radicato e stabile».

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