L’Italia di Matteo Salvini fra tragedia greca e fado portoghese

Miguel Otero-Iglesias esperto di economia europea e mercati emergenti presso Elcano Royal Institute. Le sue aree di competenza sono: l’Unione monetaria europea e la cooperazione monetaria in altre regioni del mondo; modelli di capitalismo e teorie di denaro e potere; relazioni monetarie e finanziarie internazionali; il triangolo energetico tra l’UE, la Cina e gli Stati Uniti; l’Europa, in particolare la Germania.
Recentemente sull’Italia ha scritto:
«L’Italia è la testimonianza di un conflitto preannunciato. Era evidente che il governo di Giuseppe Conte – diretto dai suoi referenti politici, Luigi Di Maio (del Movimento Cinque Stelle) e Matteo Salvini (leader della Lega e, per molti, il più forte d’Europa perché è il politico più temuto) – si sarebbe scontrato con la Commissione Europea sui livelli di deficit del nuovo bilancio pubblico italiano. Di Maio e Salvini hanno convinto (o più probabilmente costretto) il ministro delle Finanze, Giovanni Tria, a far salire il deficit per il 2016 da un previsto 1,6% del Pil al 2,4%: ciò è stato ricevuto a Bruxelles come uno schiaffo in faccia.
Il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, ha risposto duramente: L’Italia non può ricevere un trattamento di favore, perché “se tutti lo ricevessero, sarebbe la fine dell’euro”.
Sono appena tornato da alcuni giorni in Italia, dove la tensione era evidente. Ho avuto l’opportunità di partecipare a un incontro di giovani leader americani e italiani di diversi settori, organizzato dal Consiglio Italia-USA. Il livello di preoccupazione del contingente italiano era più che evidente. Molti temono che Salvini abbia sopravvalutato le proprie forze nella sua battaglia con Bruxelles e spinto il Paese in una crisi ancora più acuta. Il fantasma della tragedia greca del 2015 era nell’aria. Tuttavia, molti di questi giovani dirigenti e imprenditori italiani capiscono che il loro attuale governo ha un mandato popolare. Se i politici che hanno vinto le elezioni con una così ampia maggioranza hanno promesso un sussidio di base per i disoccupati di lunga durata, una pensione minima di 780 euro e uno sgravio fiscale per quasi un milione di lavoratori, naturalmente il deficit aumenterà.
E’ possibile provare una certa simpatia per l’aumento della spesa italiana. Il paese da decenni è in stagnazione, i suoi conti pubblici sono soggetti al “controllo ironico” dei funzionari di alto livello del Tesoro, sanno che il pesante debito pubblico italiano (oltre il 130% del Pil e 2.300 miliardi di euro in volume) non lascia allo Stato molto spazio per risolvere i problemi.
Il governo di Salvini in un certo senso potrebbe fare quello che Antonio Costa ha fatto in Portogallo: quando quest’ultimo è salito al potere – anche grazie a una coalizione senza precedenti che ha generato tanta diffidenza a Bruxelles come nei mercati – molti commentatori hanno pensato che le sue misure anti-austerità fossero sconsiderate. Il Portogallo quasi tre anni dopo, tuttavia, sta abbattendo il suo debito – nonostante (o forse come risultato) alzando gli stipendi dei dipendenti pubblici -, aumentando le pensioni, riducendo la disoccupazione, registrando oltre il 2% di crescita.
Ed è proprio questa la visione di Giovanni Tria, nell’ultima riunione dell’Eurogruppo sembra che abbia chiesto ai suoi colleghi un’opportunità: un’occasione per applicare politiche di stimolo per evocare lo spirito primordiale necessario per rilanciare l’economia. Se l’esperimento funziona, potrebbe anche abbattere il debito dell’Italia.
L’intento sembra ragionevole, ma il problema è più lo stile che la sostanza. Matteo Salvini se andasse a Bruxelles a cantare un dolce fado portoghese come fece Antonio Costa, susciterebbe molta più simpatia. Il leader della Lega al contrario, sembra aver scelto il dramma e la tragedia greca. Ha cercato il confronto e ha costantemente provocato la Commissione e i membri nordeuropei dell’Unione; non solo, come Yanis Varoufakis ai suoi tempi (economista ed ex ministro delle Finanze greco, divenne famoso in tutto il mondo durante la terribile crisi finanziaria scoppiata nel 2011 che ha portato la Grecia ad un passo dall’uscita), Salvini ha assunto una posizione populista perché sa che suscita simpatia e attira voti in Italia. La sua combattività, al contrario, gli rende molti nemici a Bruxelles e altrove. L’UE si basa sul dialogo, sulle alleanze e sull’impegno reciproco, in questo momento l’Italia non ha un solo alleato nell’Eurogruppo, nemmeno a Malta.
Matteo Salvini non sembra comprendere che oggi è molto più difficile praticare il vecchio giochetto a due livelli nell’UE: in un’Europa sempre più integrata e interconnessa, l’invettiva in casa è sentita da tutto il quartiere. Gioca a fare il duro in Italia, quando a Bruxelles i legittimi rappresentanti delle altre democrazie europee dovranno essere duri anche loro, proprio per non perdere voti in patria. E’ così che funziona la democrazia.
L’Italia è un membro del club Europa che tende a essere sottovalutato: certamente ha un grande debito pubblico, ma ha anche un surplus primario, il suo livello di debito ha una scadenza media relativamente lunga. Il Paese ha anche un avanzo delle partite correnti quasi strutturale (la mia visita in Trentino e Alto Adige ha confermato la forza dell’export del Nord Italia), mentre la sua posizione patrimoniale netta sull’estero (cioè il debito estero netto) è migliorata dal -24% nel 2014 al -8% nel 2018. Può quindi resistere per qualche round con Bruxelles (la Commissione è al corrente).
Tuttavia, se lo scontro continua senza sosta, soprattutto se Matteo Salvini inizia a giocare la carta “L’Italia potrebbe lasciare l’euro”, i mercati cominceranno a diventare nervosi, il premio di rischio aumenterà, le banche italiane vedranno le loro partecipazioni al debito pubblico italiano perdere valore di mercato e il paese potrebbe rapidamente scendere in un circolo improduttivo come quello che ha travolto la Grecia nel 2015. Sembra improbabile al momento, ma rimane un’arma politica potente soprattutto se Bruxelles appare all’opinione pubblica italiana come l’implacabile mostro burocratico».

Consiglio a Matteo Salvini e Luigi Di Maio
Miguel Otero-Iglesias in conclusione ha scritto:
«Il mio consiglio a Matteo Salvini e Luigi Di Maio sarebbe di non seguire la scia di Yanis Varoufakis. Dovrebbero scegliere il fado portoghese (anche se una malinconica accettazione del fatto che l’eroismo appartiene al passato) piuttosto che la tragedia greca (finisce sempre in lacrime). Non è forse una cattiva idea prendere l’ultima relazione della Commissione europea sull’Italia e attuare alcuni dei miglioramenti strutturali che essa raccomanda. Il Commissario Pierre Moscovici e l’Eurogruppo sarebbero sicuramente più flessibili, si potrebbe favorire una dinamica più positiva, a tutto vantaggio dell’Italia.
In ultima analisi, ciò di cui l’Italia ha bisogno, sono maggiori investimenti e maggiore produttività, questo non può essere ottenuto solo con consumi più elevati, anche in questo caso, il Portogallo può essere una buona lezione su cosa evitare: i suoi livelli di produttività rimangono bassi».

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