La Terra contiene notevoli quantità di acqua immagazzinata nella roccia a una profondità di oltre 600 chilometri

Lo studio internazionale che coinvolge l’Istituto di Geoscienze della Goethe University di Francoforte, ha evidenziato che la zona di transizione della Terra tra il mantello superiore (marrone) e quello inferiore (arancione) contiene notevoli quantità d’acqua racchiusa nella roccia (vedi immagine grafica).
Il team di ricerca italo-tedesco-americano utilizzando la Spettroscopia Raman e la Spettrometria FT-IR, ha analizzato un raro diamante formatosi a 660 metri sotto la superficie terrestre. Lo studio pubblicato nella rivista Nature, ha confermato ciò che per molto tempo era solo una teoria, ovvero che l’acqua oceanica accompagna le lastre in subduzione ed entra così nella zona di transizione, significa che il ciclo dell’acqua del nostro pianeta include l’interno della Terra.
La zona di transizione (TZ) è il nome dato allo strato limite che separa il mantello superiore e quello inferiore della Terra, si trova a una profondità compresa tra 410 e 660 chilometri. L’immensa pressione fino a 23.000 bar nella TZ fa sì che l’olivina minerale color verde oliva, che costituisce circa il 70 per cento del mantello superiore della Terra ed è anche chiamato peridoto, alteri la sua struttura cristallina, al limite superiore della zona di transizione, a una profondità di circa 410 chilometri, viene convertita in wadsleyite più denso (è un minerale scoperto nel 1966 il cui nome è stato attribuito in onore del cristallografo A. D. Wadsley (1918-1969); a 520 chilometri si trasforma poi in ringwoodite ancora più densa (è un polimorfo di alta pressione dell’olivina che è stabile alle temperature e pressioni presenti nel mantello terrestre a profondità comprese fra i 525 e i 660 km).
Il peridoto è l’unica pietra oltre al diamante che si forma nella roccia fusa del mantello superiore della Terra. I cristalli di peridoto non si formano sulla crosta terrestre ma molto più in profondità, nel mantello, vengono portati in superficie dall’attività tettonica o vulcanica.
Frank Brenker geoscienziato dell’Istituto di Geoscienze della Goethe University di Francoforte, ha detto:
«Queste trasformazioni minerali ostacolano notevolmente i movimenti della roccia nel mantello, ad esempio, i pennacchi del mantello – colonne di roccia calda che salgono dal mantello profondo – a volte si fermano direttamente al di sotto della zona di transizione, anche il movimento della massa nella direzione opposta si ferma. Le placche in subduzione spesso hanno difficoltà a sfondare l’intera zona di transizione, quindi c’è un intero cimitero di tali placche in questa zona sotto l’Europa. Tuttavia, fino ad ora non si sapeva quali fossero gli effetti a lungo termine del “risucchio” di materiale nella zona di transizione sulla sua composizione geochimica e se esistessero quantità maggiori di acqua. Le lastre di subduzione trasportano anche i sedimenti di acque profonde nell’interno della Terra, questi sedimenti possono trattenere grandi quantità di acqua e CO2, ma fino ad ora non era chiaro quanto entrasse nella zona di transizione sotto forma di minerali e carbonati più stabili e idrati, quindi non era nemmeno chiaro se vi fossero davvero immagazzinate grandi quantità di acqua».
Le condizioni prevalenti sarebbero certamente favorevoli a questo aspetto. I densi minerali wadsleyite e ringwoodite possono (a differenza dell’olivina a profondità minori) immagazzinare grandi quantità di acqua, così grandi che la zona di transizione sarebbe teoricamente in grado di assorbire sei volte la quantità di acqua nei nostri oceani.
Frank Brenker ha affermato:
«Sapevamo che lo strato limite ha un’enorme capacità di immagazzinare acqua, tuttavia, non sapevamo se lo facesse davvero».
Lo studio internazionale in cui è stato coinvolto Frank Brenker, ora ha fornito la risposta. Il team di ricerca ha analizzato un diamante del Botswana, in Africa, si è formato a una profondità di 660 chilometri, proprio all’interfaccia tra la zona di transizione e il mantello inferiore, dove la ringwoodite è il minerale prevalente. I diamanti di questa regione sono molto rari, anche tra i diamanti rari di origine super profonda, che rappresentano solo l’uno per cento dei diamanti.
Le analisi hanno rivelato che la pietra contiene numerose inclusioni di ringwoodite, che mostrano un alto contenuto di acqua. Inoltre, il gruppo di ricerca è stato in grado di determinare la composizione chimica della pietra, praticamente era quasi esattamente lo stesso di ogni frammento di roccia del mantello trovato nei basalti in qualsiasi parte del mondo. Ciò ha mostrato che il diamante proveniva sicuramente da un normale elemento del mantello terrestre.
Frank Brenker ha affermato:
«In questo studio abbiamo dimostrato che la zona di transizione non è una spugna secca, ma contiene notevoli quantità d’acqua, questo ci avvicina anche di un passo all’idea di Jules Verne di un oceano all’interno della Terra. La differenza è che laggiù non c’è oceano ma roccia idrata, non è né bagnata né gocciolante».
La ringwoodite idrata è stata rilevata per la prima volta in un diamante della zona di transizione già nel 2014, anche Frank Brenker è stato coinvolto in quello studio. Tuttavia, non è stato possibile determinare l’esatta composizione chimica della pietra perché troppo piccola, quindi in generale, non è chiaro quanto sia rappresentativo il primo studio del mantello poiché il contenuto d’acqua di quel diamante potrebbe anche derivare da un ambiente chimico esotico; al contrario, le inclusioni nel diamante di 1,5 centimetri del Botswana, che il team di ricerca ha studiato nel presente studio, erano sufficientemente grandi da consentire la precisa determinazione della composizione chimica, ciò ha fornito la conferma finale dei risultati preliminari del 2014.
L’elevato contenuto d’acqua della zona di transizione, ha conseguenze di vasta portata per la situazione dinamica all’interno della Terra. Le conseguenze sono visibili, ad esempio, nei pennacchi caldi del mantello provenienti dal basso, che si bloccano nella zona di transizione. Lì, riscaldano la zona di transizione ricca di acqua, che a sua volta porta alla formazione di nuovi pennacchi di mantello più piccoli che assorbono l’acqua immagazzinata nella zona di transizione.
Ora se questi piccoli pennacchi del mantello ricchi di acqua migrano verso l’alto e sfondano il confine con il mantello superiore, accade che il rilascio dell’acqua contenuta nei pennacchi del mantello, abbassi il punto di fusione del materiale emergente. Pertanto, fonde immediatamente e non solo prima di raggiungere la superficie, come avviene di solito.
Le masse rocciose in questa parte del mantello terrestre di conseguenza nel complesso non sono più così resistenti, il che conferisce maggiore dinamismo ai movimenti di massa. La zona di transizione, che altrimenti lì funge da barriera alle dinamiche, diventa improvvisamente un motore della circolazione globale dei materiali.