I superbatteri resistenti agli antibiotici vengono trasmessi tra cani e gatti e i loro proprietari

Lo studio condotto da Juliana Menezes dell’Università di Lisbona in Portogallo e Sian Frosini del Royal Veterinary College, Regno Unito, ha evidenziato che sei animali domestici in Portogallo e uno nel Regno Unito trasportavano batteri resistenti agli antibiotici simili a quelli trovati nei loro proprietari.
Lo studio sui batteri multiresistenti che vengono trasmessi tra cani e gatti domestici e i loro proprietari, è in corso di presentazione al Congresso europeo di microbiologia clinica e malattie infettive (ECCMID) di quest’anno a Copenaghen, in Danimarca (15-18 aprile).
La scoperta sottolinea l’importanza di includere le famiglie proprietarie di animali domestici nei programmi per ridurre la diffusione della resistenza antimicrobica.
La resistenza agli antibiotici sta raggiungendo livelli pericolosamente alti in tutto il mondo. Le infezioni resistenti ai farmaci a livello globale uccidono circa 700.000 persone l’anno, potrebbero salire a 10 milioni entro il 2050 se non verrà intrapresa alcuna azione. L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) classifica la resistenza agli antibiotici come una delle maggiori minacce per la salute pubblica che deve affrontare l’umanità.
È noto che cani, gatti e altri animali domestici contribuiscono alla diffusione di agenti patogeni resistenti agli antibiotici che possono causare malattie umane. Juliana Menezes e colleghi del Laboratorio di resistenza agli antibiotici presso il Centro di ricerca interdisciplinare in salute animale, Facoltà di medicina veterinaria, Università di Lisbona, Portogallo, volevano scoprire se gli animali domestici trattati con antibiotici per le infezioni, condividono tali agenti patogeni con i loro proprietari.
I ricercatori hanno testato campioni fecali di cani e gatti e dei loro proprietari per le specie Enterobacterales (una grande famiglia di batteri Gram-negativi che comprende i comuni patogeni nosocomiali Klebsiella pneumoniae, Escherichia coli) resistenti ai comuni antibiotici.
Klebsiella pneumoniae è uno dei batteri Gram-negativi più comuni riscontrati dai medici di tutto il mondo. La polmonite primaria causata da Klebsiella pneumoniae è difficile da controllare ed il tasso di mortalità può essere pari al 50%, indipendentemente dal trattamento.
I ricercatori si sono concentrati sui batteri resistenti alle cefalosporine di terza generazione (usate per trattare un’ampia gamma di condizioni, tra cui meningite, polmonite e sepsi, sono classificate tra gli antibiotici più importanti per la medicina umana dall’Organizzazione Mondiale della Sanità) e ai carbapenemi (parte dell’ultima linea di difesa quando altri antibiotici hanno fallito).
Lo studio ha evidenziato che in Portogallo, un cane (1/43 animali domestici, 2,3%) è stato colonizzato da un ceppo di Escherichia coli produttore di OXA-181 multiresistente. OXA-181 è un enzima che conferisce resistenza ai carbapenemi.
Tre gatti e 21 cani (24/43 animali domestici, 55,8%) e 28 proprietari (28/78, 35,9%) ospitavano ESBL/Amp-C produttori di Enterobacterales, questi sono resistenti alle cefalosporine di terza generazione.
In otto famiglie, due case con gatti e sei con cani, sia l’animale domestico sia il proprietario erano portatori di batteri produttori di ESBL/AmpC; in sei di queste case, il DNA dei batteri isolati dagli animali domestici (un gatto e cinque cani) e dai loro proprietari era simile, ciò significa che questi batteri sono stati probabilmente trasmessi tra gli animali e gli esseri umani, non è noto se siano stati trasferiti dall’animale domestico all’uomo o viceversa.
Lo studio per quanto riguarda il Regno Unito, ha evidenziato che un cane (1/7,14,3%) è stato colonizzato da E. coli multiresistente che produce NDM-5 e CTX-M-15 beta-lattamasi, questi E. coli sono resistenti alle cefalosporine di terza generazione, ai carbapenemi e a diverse altre famiglie di antibiotici.
Gli enterobatteri produttori di ESBL/AmpC sono stati isolati da cinque cani (5/7, 71,4%) e tre proprietari (3/8, 37,5%), in due famiglie con cani, sia l’animale domestico sia il proprietario erano portatori di batteri produttori di ESBL/AmpC; in una di queste case, il DNA dei batteri isolati dal cane e dal proprietario era simile, suggerendo che i batteri fossero probabilmente passati dall’uno all’altro. La direzione del trasferimento non è chiara.
Tutti i cani e i gatti sono stati trattati con successo per le loro infezioni della pelle, dei tessuti molli e del tratto urinario. I proprietari non avevano infezioni e quindi non avevano bisogno di cure.
Juliana Menezes ha affermato:
«In questo studio, forniamo la prova che i batteri resistenti alle cefalosporine di terza generazione, antibiotici di fondamentale importanza, vengono trasmessi dagli animali domestici ai loro proprietari. Cani e gatti possono aiutare la diffusione e la persistenza di tali batteri nella comunità ed è di vitale importanza che siano inclusi nelle valutazioni della resistenza antimicrobica. I proprietari possono ridurre la diffusione di batteri multiresistenti praticando una buona igiene, compreso lavarsi le mani dopo aver raccolto i rifiuti del proprio cane o gatto e anche dopo averli accarezzati».

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