Trovate microplastiche nell’intestino di tutte le specie di tartarughe marine presenti nell’oceano Atlantico, Pacifico e il Mediterraneo

Il nuovo studio ha evidenziato che la microplastica è stata trovata nell’intestino di ogni singola tartaruga marina esaminata, gettando nuova luce sulla scala dell’inquinamento plastico negli oceani del mondo.
La ricerca, pubblicata sulla rivista Global Change Biology, ha esaminato più di 100 tartarughe marine, tutte le 7 specie presenti nell‘Atlantico, il Pacifico e il Mediterraneo. I ricercatori dell’Università di Exeter e del laboratorio marino di Plymouth, insieme ai laboratori di ricerca di Greenpeace, hanno individuato particelle sintetiche che includevano microplastiche nei corpi di 102 tartarughe marine.
I ricercatori hanno detto che più di 800 particelle sintetiche sono state trovate nelle tartarughe, rilevando che il vero numero di particelle probabilmente è 20 volte più alto, poiché è stata testata solo una parte dell’intestino di ciascun animale.
Brendan Godley, professore di scienze della conservazione presso l‘Università di Exeter, ha detto:
«L’ubiquità della presenza di particelle e fibre rileva la gravità della situazione negli oceani e il nostro bisogno di procedere con un’azione ferma e decisa sull’uso improprio delle materie plastiche».
Il team di ricercatori della Carolina del Nord, Cipro e Queensland in Australia hanno svolto le loro ricerche conducendo necropsie e autopsie sulle tartarughe marine che erano morte a causa di arenamenti o per essere state accidentalmente catturate dai pescatori.
Le particelle sintetiche sono state trovate in tutte le tartarughe, le fonti più comuni di questi materiali erano gomme, sigarette, abbigliamento ed equipaggiamento marittimo, comprese le corde e le reti da pesca.
Pennie Lindeque, scienziata della Plymouth Marine Laboratory, ha detto:
«Lo studio fornisce nuove prove dell’inquinamento degli oceani, tutti noi dobbiamo contribuire a ridurre la quantità di rifiuti plastici rilasciati nei nostri mari e mantenere gli oceani puliti, sani e produttivi per le generazioni future».
David Santillo del Greenpeace Research Laboratories dell’Università di Exeter ha dichiarato:
«Le minacce alle tartarughe causate da impigliamento nelle attrezzature da pesca e soffocamento con pezzi di plastica più grandi sono ben note. Ora il nuovo studio ha fatto emergere che ogni tartaruga marina indagata, presente in tre differenti siti marini, conteneva microplastiche nelle loro viscere, ciò ha rivelato una nuova dimensione, in precedenza nascosta, al problema dell’inquinamento delle materie plastiche».
Emily Duncan, del Centro di Ecologia e Conservazione dell’Università di Exeter, autrice principale dello studio ha osservato:
“Gli effetti dell’ingestione di particelle sulle tartarughe sono sconosciuti, poiché le microplastiche possono in genere passare attraverso le budella degli animali senza causare blocchi. Inoltre, non è ancora noto come le tartarughe ingeriscano le particelle sintetiche. Tuttavia, successive ricerche sarebbero necessarie per determinare gli effetti più dannosi d’ingestione di microplastiche sugli organismi acquatici. Possono trasportare contaminanti, batteri o virus, oppure interessare la tartaruga marina  a livello cellulare o subcellulare».
Brendan Godley ha aggiunto:
«Il team in Australia sta continuando a fare ricerche sugli effetti degli inquinanti chimici sulle tartarughe marine. Ha notato che una delle possibili minacce nascoste della plastica è la diffusione di altre tossine chimiche attraverso la catena alimentare».
Il più alto tasso di contaminazione è stato riscontrato nel Mediterraneo, ma i ricercatori hanno riconosciuto che le dimensioni e la metodologia del campione dello studio non consentivano dettagliati confronti geografici.
Lo studio ha stimato che ogni anno possano entrare negli oceani del mondo, tra 4,8 e 12,7 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica, ciò contribuisce a stimare cinque miliardi di pezzi di plastica nelle acque di superficie.
Dilyana Mihaylova, responsabile dei progetti di Marine Plastics presso Fauna & Flora International, la più antica organizzazione internazionale di conservazione della fauna selvatica del mondo, ha detto:
«I risultati non sono una sorpresa. L’inquinamento microplastico è diffuso nell’oceano, quando gli animali marini mangiano queste materie plastiche, le sostanze chimiche che rilasciano possono causare gravi danni. Sapere da dove proviene la plastica è fondamentale per fermare il suo flusso nell’oceano».

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