Scoperto il motivo della corrosione puntiforme nell’acciaio inossidabile stampato in 3D

La corrosione per vaiolatura come un nemico nascosto attacca le superfici metalliche, rendendone difficile l’individuazione e il controllo, questo tipo di corrosione causata principalmente dal contatto prolungato con l’acqua di mare, è particolarmente problematica per le navi militari.
Scienziati del Lawrence Livermore National Laboratory (LLNL) in un recente studio pubblicato nella rivista Nature Communications, hanno approfondito il misterioso mondo della corrosione per vaiolatura dell’acciaio inossidabile 316L in acqua di mare, prodotto in modo additivo (stampato in 3D).
L’acciaio inossidabile 316L è una scelta popolare per le applicazioni marine grazie alla sua eccellente combinazione di forza meccanica e resistenza alla corrosione. Ciò è ancora più vero dopo la stampa 3D, ma anche questo materiale resistente non è immune dal flagello della corrosione per vaiolatura.
Il team di scienziati del Lawrence Livermore National Laboratory (LLNL) ha scoperto che i protagonisti di questo dramma della corrosione sono minuscole particelle chiamate “scorie”, prodotte da disossidanti come il manganese e il silicio, questi elementi nella produzione tradizionale di acciaio inox 316L, vengono aggiunti prima della colata per legarsi all’ossigeno, e formare una fase solida nel metallo liquido fuso, che può essere facilmente rimossa dopo la produzione.
I ricercatori hanno scoperto che queste scorie si formano anche durante la stampa 3D a fusione di polvere con laser (LPBF), ma rimangono sulla superficie del metallo e innescano la corrosione per vaiolatura.
Shohini Sen-Britain scienziata del Lawrence Livermore National Laboratory (LLNL), autrice principale dello studio, ha affermato:
«La corrosione per vaiolatura è estremamente difficile da comprendere a causa della sua natura stocastica, ma abbiamo determinato le caratteristiche del materiale che causano o innescano questo tipo di corrosione. Sebbene le nostre scorie avessero un aspetto diverso da quello osservato nei materiali prodotti in modo convenzionale, abbiamo ipotizzato che potessero essere la causa della corrosione per vaiolatura nell’acciaio inox 316L. Lo abbiamo confermato sfruttando la straordinaria gamma di caratterizzazione dei materiali e le capacità di modellazione di cui disponiamo presso il Lawrence Livermore National Laboratory (LLNL), dove siamo stati in grado di dimostrare senza ombra di dubbio che le scorie erano la causa, ciò è stato molto gratificante».
Il team di scienziati ha affermato:
«Le scorie possono formarsi anche durante la produzione tradizionale di acciaio inossidabile, ma in genere vengono rimosse con martelli da taglio, smerigliatrici o altri strumenti, queste opzioni di post-lavorazione vanificherebbero lo scopo della produzione additiva (AM) del metallo. Prima del nostro studio non c’erano informazioni dettagliate su come le scorie si formano e si depositano durante la produzione additiva (AM)».
Il team di scienziati per rispondere a queste domande senza risposta, ha utilizzato una combinazione di tecniche avanzate, tra cui la fresatura con fascio di ioni al plasma, la microscopia elettronica a trasmissione e la spettroscopia di fotoelettroni a raggi X su componenti in acciaio inossidabile AM, riuscendo a ingrandire le scorie e a scoprirne il ruolo nel processo di corrosione in un ambiente oceanico simulato, scoprendo che creano discontinuità e permettono all’acqua ricca di cloruri di penetrare nell’acciaio e di scatenare il caos. Inoltre, le scorie contengono inclusioni metalliche che si dissolvono quando sono esposte all’ambiente marino, contribuendo ulteriormente al processo di corrosione.
Brandon Wood ricercatore principale ha affermato:
«Volevamo fare uno studio di microscopia in profondità, potenzialmente per capire che cosa potrebbe essere responsabile della corrosione quando si verifica in questi materiali e, nell’eventualità della scoperta, applicare ulteriori metodi per migliorare i materiali evitando quel particolare agente. C’è una fase secondaria che si forma in queste scorie che contiene manganese che sembra essere la principale responsabile. Il nostro team di scienziati ha effettuato un’ulteriore microscopia dettagliata osservando le vicinanze di queste scorie e, di sicuro, siamo stati in grado di dimostrare che in quelle vicinanze c’è un potenziamento, un indicatore secondario del fatto che questo è probabilmente l’agente dominante».
Il team di scienziati utilizzando la microscopia elettronica a trasmissione, dalla superficie hanno prelevato selettivamente piccoli campioni di acciaio inossidabile stampato in 3D (circa pochi micron) per visualizzare le scorie al microscopio e analizzarne la chimica e la struttura a risoluzione atomica.
Thomas Voisin ricercatore principale ha affermato:
«Le tecniche di caratterizzazione hanno contribuito a far luce sulla complessa interazione dei fattori che portano alla corrosione per vaiolatura, permettendo al nostro team di analizzare le scorie in modi mai fatti prima nella produzione additiva (AM). Il materiale durante il processo, viene fuso localmente con il laser e poi si solidifica molto rapidamente. Il rapido raffreddamento congela il materiale in uno stato di non-equilibrio, in pratica si mantengono gli atomi in una configurazione che non dovrebbe essere tale e si modificano le proprietà meccaniche e di corrosione del materiale. La corrosione è un fattore molto importante per l’acciaio inossidabile, molto utilizzato nelle applicazioni marine. Si può avere il miglior materiale con le migliori proprietà meccaniche, ma se non può essere a contatto con l’acqua di mare, questo limiterà notevolmente le applicazioni».
Il nuovo studio secondo i ricercatori segna un significativo passo avanti nella lotta alla corrosione, non solo approfondendo la comprensione scientifica dei processi di corrosione, ma anche aprendo la strada allo sviluppo di materiali e migliori tecniche di produzione. Svelando i meccanismi alla base delle scorie e la loro relazione con la corrosione per vaiolatura, gli ingegneri e i produttori potranno impegnarsi per creare componenti in acciaio inossidabile non solo forti e durevoli, ma anche altamente resistenti alle forze corrosive dell’acqua di mare, con implicazioni che si estendono oltre il regno delle applicazioni marine e ad altri settori e tipi di ambienti difficili.
Thomas Voisin ha affermato:
«Quando stampiamo il materiale in 3D è migliore per quanto riguarda le proprietà meccaniche e, dalla nostra ricerca, capiamo che è migliore anche per la corrosione. L’ossido superficiale che si forma durante il processo si sviluppa ad alte temperature e questo gli conferisce molte differenti proprietà. L’aspetto entusiasmante è capire il motivo per cui il materiale si corrode, perché è migliore di altre tecniche e la scienza che c’è dietro. Si sta confermando, ripetutamente, che possiamo usare la fusione di polvere con laser (LPBF) per la produzione additiva (AM) per migliorare le proprietà dei nostri materiali, molto più di quanto possiamo fare con altre tecniche».
Il team di scienziati ora ha compreso le cause della corrosione, Shohini Sen-Britain e Thomas Voisin hanno dichiarato:
«I prossimi passi per migliorare le prestazioni e la longevità dell’acciaio inossidabile 316L stampato in 3D, consisteranno nel modificare la formulazione del materiale a fusione di polvere con laser (LPBF) per rimuovere il manganese e il silicio e limitare o eliminare la formazione di scorie».
Thomas Voisin ha aggiunto:
«Il team di ricercatori potrebbero anche analizzare simulazioni dettagliate della traccia di fusione del laser e del comportamento di fusione, per ottimizzare i parametri di lavorazione del laser e potenzialmente evitare che le scorie raggiungano la superficie».
Brandon Wood ha affermato:
«Penso che ci sia un percorso reale per co-progettare queste composizioni di leghe e il modo in cui vengono lavorate per renderle ancora più resistenti alla corrosione. La visione a lungo termine è quella di tornare a un ciclo di feedback di previsione-validazione. Abbiamo l’idea che le scorie siano problematiche, quindi possiamo sfruttare i nostri modelli di composizione e di processo per capire come modificare le formulazioni di base, in modo da ottenere un problema di progettazione inversa. Sappiamo cosa vogliamo, ora dobbiamo solo capire come arrivarci».

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