Nuovo software permette di vedere attraverso le nuvole, la nebbia e altri ostacoli

I ricercatori della Stanford University hanno sviluppato una sorta di visione a raggi X, senza utilizzare i raggi X. Lavorando con hardware simile a quello che consente alle auto autonome di “vedere” il mondo che le circonda, hanno migliorato il loro sistema con un algoritmo altamente efficiente in grado di ricostruire scene nascoste tridimensionali basate sul movimento di singole particelle di luce, o fotoni. Il loro sistema nei test descritti in dettaglio in un articolo pubblicato su Nature Communications, ha ricostruito con successo forme oscurate dalla schiuma spessa 2,54 cm (per l’occhio umano è come vedere attraverso i muri).
Gordon Wetzstein, assistente professore di ingegneria elettrica della Stanford University, autore senior della ricerca, ha detto:
«Molte tecniche di imaging rendono le immagini migliori, meno disturbate, ma ciò che abbiamo realizzato è davvero qualcosa in cui rendiamo visibile l’invisibile, spingendo la frontiera di ciò che potrebbe essere possibile con qualsiasi tipo di sistema di rilevamento. È come una visione sovrumana».
La tecnica integra altri sistemi di visione in grado di vedere attraverso barriere su scala microscopica – per applicazioni in medicina – perché è più focalizzata su situazioni su larga scala, come la guida di auto a guida autonoma in caso di nebbia o pioggia battente e immagini satellitari della superficie di Terra e altri pianeti attraverso un’atmosfera nebbiosa.

Il potere della super vista dalla luce diffusa
Il sistema per vedere attraverso ambienti che diffondono la luce in ogni direzione, accoppia un laser con un rilevatore di fotoni super sensibile che registra ogni bit di luce laser che lo colpisce. Il laser mentre scansiona un’ostruzione come un muro di schiuma, un fotone occasionale riuscirà a passare attraverso la schiuma, colpire gli oggetti nascosti dietro di essa, tornare indietro attraverso la schiuma per raggiungere il rilevatore (vedi il processo di scansione laser in azione: i singoli fotoni che viaggiano attraverso la schiuma, rimbalzano sulla “S” e indietro attraverso la schiuma fino al rivelatore forniscono informazioni per la ricostruzione dell’algoritmo dell’oggetto nascosto).
Il software supportato dall’algoritmo utilizza quindi quei pochi fotoni e le informazioni su dove e quando colpiscono il rilevatore per ricostruire gli oggetti nascosti in 3D.
I ricercatori hanno detto che questo non è il primo sistema con la capacità di rivelare oggetti nascosti attraverso ambienti sparsi, ma aggira i limiti associati ad altre tecniche, ad esempio, alcuni richiedono la conoscenza di quanto sia lontano l’oggetto di interesse. È anche comune che questi sistemi utilizzino solo informazioni provenienti da fotoni balistici, sono fotoni che viaggiano da e verso l’oggetto nascosto attraverso il campo di diffusione, ma senza effettivamente disperdersi lungo il percorso.
David Lindell ingegnere elettrico del Dipartimento di Ingegneria Elettrica della Stanford University, autore principale della ricerca, ha detto:
«Eravamo interessati a creare immagini attraverso la dispersione dei materiali senza questi presupposti e di raccogliere tutti i fotoni che sono stati dispersi per ricostruire l’immagine. Ciò rende il nostro sistema particolarmente utile per applicazioni su larga scala, dove ci sarebbero pochissimi fotoni balistici”.
I ricercatori per rendere il loro algoritmo suscettibile alle complessità della dispersione, hanno dovuto co-progettare strettamente il loro hardware e software, sebbene i componenti hardware che hanno usato siano solo leggermente più avanzati di quelli che si trovano attualmente nelle auto autonome. La scansione nei loro test a seconda della luminosità degli oggetti nascosti, ha richiesto da un minuto a un’ora, ma l’algoritmo ha ricostruito la scena oscurata in tempo reale e potrebbe essere eseguito su un laptop.
David Lindell ha detto:
«Non si poteva vedere attraverso la schiuma con i propri occhi, e anche solo guardando le misurazioni dei fotoni dal rilevatore, non si vede davvero nulla, ma, con solo una manciata di fotoni, l’algoritmo di ricostruzione può esporre questi oggetti, permettendo di vedere non solo come sono, ma dove sono nello spazio 3D».

Spazio e nebbia
Il dispositivo generato da questo sistema in futuro potrebbe essere inviato attraverso lo spazio ad altri pianeti e lune per aiutare a vedere attraverso le nubi ghiacciate fino a strati e superfici più profonde. I ricercatori nel breve termine vorrebbero sperimentare diversi ambienti di dispersione per simulare altre circostanze in cui questa tecnologia potrebbe essere utile.
David Lindell ha detto:
«Siamo entusiasti di spingerci oltre con altri tipi di geometrie di dispersione, quindi, non solo oggetti nascosti dietro una spessa lastra di materiale, ma anche oggetti che sono incorporati in materiale densamente disperso, sarebbe come vedere un oggetto circondato dalla nebbia».
David Lindell e Gordon Wetzstein sono anche entusiasti di come questo lavoro rappresenti un’intersezione profondamente interdisciplinare tra scienza e ingegneria. Gordon Wetzstein in conclusione ha detto:
«Questi sistemi di rilevamento sono dispositivi con laser, rivelatori e algoritmi avanzati, li collocano in un’area di ricerca interdisciplinare tra hardware e fisica e matematica applicata. Tutti questi sono campi critici, fondamentali in questo lavoro, sono ciò che è più entusiasmante per me».

fotoniStanford University software super visione