Auschwitz Alphabet, 27 gennaio, il giorno della memoria, per non dimenticare

Jonathan Wallace, autore dell’Alfabeto di Auschwitz, scrive:
«E’ il risultato di molti anni di lettura su tutto
quello che è stato l’Olocausto, in particolare la morte nel campo di Auschwitz

L’Alfabeto di Auschwitz, è un tributo a Primo Levi, mi ha permesso di utilizzare liberamente il suo "I sommersi e i salvati".
Levi, nonostante la sofferenza, emerse da Auschwitz, come un uomo gentile, con un senso d’umorismo e con una forte compassione. E’ la migliore guida per questi orrori.

L’Alfabeto, rappresenta la mia selezione (macabra parola) dei più significativi aspetti della vita e della morte ad Auschwitz.
In ventisei "lettere dell’alfabeto", ho cercato di illustrare l’intero paesaggio umano del campo di concentramento:
– Chi ha ucciso e chi è morto?
– Come ha fatto la gente a sopravvivere?
– Quali regole disciplinavano i carnefici e le loro vittime?
– Dove era Dio?».

Fonte : An Auschwitz Alphabet
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Dall’Alfabeto di Auschwitz, riporto la lettera "I" come iniezioni

Il più sterilizzato di tutti i metodi d’uccisione ad Auschwitz era l’iniezione di fenolo, che fu istituzionalizzata nelle fasi relativamente iniziali di Auschwitz. Il paziente era portato in un ambulatorio e lì gli era somministrato un farmaco da un medico o (nella maggior parte dei casi) dal suo infermiere, che indossava il camice bianco e usava ago e siringa per l’iniezione. Nel gergo del campo, c’erano il verbo attivo spritzen ("iniettare", "schizzare", "spruzzare"), la forma passiva abgespritzt ("essere iniettato", o ucciso) e forme sostantive equivalenti a significare "siringare" e "fenolizzare".
Inizialmente, il fenolo era iniettato in vena alla vittima, massimizzando l’aura medica dell’intera procedura… Ma poco dopo, la tecnica fu modificata nell’iniezione del fenolo direttamente nel cuore. Alcuni testimoni pensano che il cambiamento si dovette al fatto che le vene erano talvolta difficili da localizzare, ma la vera ragione sembra essere la maggiore efficienza mortale dell’iniezione cardiaca diretta. I pazienti inoculati per endovena potevano resistere per minuti o addirittura un’ora o anche di più… "La soluzione acquosa concentrata di fenolo" che fu sviluppata si rivelò "economica, di facile uso ed assolutamente efficace se introdotta nel ventricolo cardiaco", di modo che un’iniezione di dieci o quindici millilitri nel cuore causava la morte entro quindici secondi.

Le iniezioni di fenolo erano praticate nel Blocco 20:
A quel punto due infermieri ebrei prigionieri portavano la vittima nella stanza (a volte le vittime erano portate dentro due a due) e la mettevano su uno sgabello, solitamente in modo che il braccio destro le coprisse gli occhi e il braccio sinistro rimanesse sollevato di lato in posizione orizzontale… L’idea era che il torace della vittima fosse inarcato in modo che l’area cardiaca fosse massimamente accessibile per l’iniezione letale, e che egli od ella non potesse vedere ciò che stava accadendo… La persona che faceva l’iniezione – spesso lo SDG Josef Klehr – riempiva la siringa e poi infilava l’ago direttamente nel cuore del prigioniero seduto e svuotava la siringa del suo contenuto.
In questo modo, bastavano in media due minuti e 22 secondi per assassinare un prigioniero.

La traduzione, di tutte le lettere, dell’Alfabeto di Auschwitz, la trovi qui

arte culturagiorno della memorianazismonews googlepoliticashoah
Comments ( 5 )
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  • anonimo

    Agghiacciante, Patt!!

  • Grizabella1

    Mi sento malissimo a leggere queste cose..Ma dove era il resto del mondo?

  • anonimo

    Purtroppo, in certe situazioni della vita BISOGNA SAPER USARE L’ALFABETO DELLA SOPRAVVIVENZA!!!!!!!!!!!

    Un abbraccio saccheggiato contro la vecchia e la nuova BARBARIE!!!!!!!!!!

    OIDUALC

  • anonimo

    come ha potuto quell’uomo fare quelle cose??bah !sono SENZA parole

  • linodigianni

    è molto doloroso, è molo necessario saperlo.Purtroppo non sta bastando ad evitarlo.Grazie della preziosa segnalazione