Rispetto al passato, sempre più persone sono vittime di gravi allergie alimentari

Matthew Smith professore in Storia della Salute, all’Università britannica di Strathclyde con sede a Glasgow in Scozia, nel suo articolo riporta che la recente inchiesta sulla morte della giovane Natasha Ednan-Laperouse, potrebbe determinare un cambiamento nella legislazione sull’etichettatura dei prodotti alimentari.
La ragazza allergica è deceduta per anafilassi dopo aver mangiato una baguette preparata con carciofi, olive e salsa di tapenade, acquistata alle ore 07:00 al Terminal 5 dell’aeroporto di Heathrow il 17 luglio 2016 presso Pret a Manger (una catena di fast food britannica con 530 ristoranti nel mondo). L’inchiesta ha appurato che la baguette conteneva anche semi di sesamo, non segnalato alla ragazza allergica.
La quindicenne (il video in aereo mostra Natasha Ednan-Laperouse felice pochi minuti prima della sua fatale reazione allergica) ha iniziato a sentirsi male durante il volo British Airways, in shock anafilattico non riusciva a respirare. Vano l’intervento di suo padre con la somministrazione di due dosi di epinefrina iniettati con l’EpiPen. La ragazza lo stesso giorno è morta in un ospedale di Nizza poche ore dopo aver subito un arresto cardiaco.
E’ giunto il momento di affrontare una questione fondamentale: perché sempre più persone soffrono di allergie gravi come mai prima d’ora? Come ho spiegato nel libro “Il veleno di un’altra persona: una storia di allergia alimentare”, le strane reazioni al cibo sono note da qualche tempo, il medico greco antico Ippocrate (c.460-370 a.C.) ha descritto tali reazioni a vari alimenti, compreso il formaggio. Il medico austriaco Clemens von Pirquet nel 1906 quando coniò il termine “allergia”, molti credevano che il cibo potesse scatenare problemi cutanei, asma, disturbi gastrointestinali e persino disturbi mentali.
L’allergia alimentare negli anni ’30, è emersa come sottocategoria distintiva dell’allergia, ma era anche molto controversa: nelle reazioni anafilattiche sebbene fosse facile identificare il cibo, come quello che ha ucciso Ednan-Laperouse, queste reazioni improvvise erano rare. Gli allergologi alimentari tendevano a concentrarsi su pazienti le cui reazioni si manifestavano in ritardo, fino a 48 ore dopo aver mangiato il cibo sospetto e, quindi, molto più difficile da diagnosticare, con reazioni caratterizzate da sintomi come eczema, diarrea, asma, emicrania e problemi psichiatrici, tra cui depressione e iperattività.
Molti medici, tuttavia, hanno messo in dubbio le affermazioni degli allergologi alimentari secondo cui l’allergia alimentare è responsabile di molte malattie croniche non diagnosticate. Infatti, alcuni medici poco convinti inviavano agli psichiatri i pazienti che si lamentano di allergia alimentare cronica, credendo che i loro sintomi fossero psicosomatici. Gli accesi dibattiti che sarebbero emersi nel dopoguerra sulla prevalenza dell’allergia alimentare hanno distratto i ricercatori dall’indagare in profondità le le cause della condizione.

Allergia alle arachidi
L’allergia alimentare in medicina all’inizio degli anni ’80, è diventato un argomento marginale, poi è emerso un nuovo fenomeno che ha costretto i medici a prenderlo sul serio: l’allergia alle arachidi. Il caso di una ragazza di 24 anni morta dopo aver mangiato un biscotto contenente olio di arachidi è apparso in un articolo pubblicato nel 1988 sul Canadian Medical Association Journal; anche se una o due storie simili erano state riportate in precedenza sui giornali, questo è stato il primo rapporto segnalato in una rivista medica. Non sarebbe stato l’ultimo.
Le morti per allergia alle arachidi negli anni ’90 erano comuni, secondo la Food Allergy Research and Education (lavora per conto dei 15 milioni di americani con allergie alimentari, compresi tutti quelli a rischio di pericolo di vita), riporta che tra i bambini americani i tassi di allergia alle arachidi negli Stati Uniti sono triplicati tra il 1997 e il 2008. L’allergia alimentare come risultato è stata associata a queste allergie gravi, potenzialmente fatali, piuttosto che alle allergie alimentari croniche sulle quali gli allergologi alimentari si erano precedentemente concentrati.
Food Allergy Research and Education e altre associazioni di beneficenza per le allergie hanno esercitato con successo pressioni per una migliore etichettatura, spazi più liberi da arachidi (ad esempio nelle scuole) e la disponibilità di autoiniettore salvavita tipo EpiPen (somministrano una dose di epinefrina una sostanza chimica che restringe i vasi sanguigni e apre le vie respiratorie), ma non sono riusciti a convincere gli scienziati a condurre indagini dettagliate sul motivo per cui tali allergie stanno aumentando così rapidamente: da un lato, questa riluttanza è comprensibile, c’è l’urgente necessità di fornire nuovi trattamenti e sostegno al crescente numero di persone che soffrono di gravi allergie alimentari; dall’altro, gli scienziati hanno esitato a indagare su una condizione che era stata a lungo considerata una moda – una diagnosi sospetta e divisiva che era troppo dipendente dai resoconti dei pazienti per la sua giustificazione.
E’ vero che la ricerca continua a esplorare potenziali cure e trattamenti, ma non sono stati fatti sforzi sufficienti per indagare le cause alla radice, sono emerse una serie di spiegazioni controverse, molte delle quali non sono state basate su più ricerche scientifiche.

Possibili spiegazioni
Un suggerimento è l’ipotesi d’igiene, secondo la quale i bambini crescono in ambienti eccessivamente puliti, il che significa che il loro corpo fatica a distinguere tra agenti patogeni nocivi e proteine innocue, come quelle che si trovano nelle arachidi. Altri evidenziano la causa nelle tecniche di cottura, indicando che l’allergia alle arachidi è più comune nei paesi in cui sono tostate, piuttosto che bollite.

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