Ricercatori brasiliani per gli imballaggi alimentari hanno trasformato la frutta in commestibile pellicola di plastica

La maggior parte di noi in cucina smaltisce tonnellate di rifiuti di plastica, dagli imballaggi alimentari agli involucri, scarti molto inquinanti considerando che la plastica per decomporsi impiega circa 400 anni. E’ stato rilevato in più occasioni che il cambiamento climatico è in atto, per proteggere la Terra è importante prendere misure correttive.
Immaginiamo di non rimuovere il contenitore è cuocere una pizza nel forno, la pellicola protettiva che la copre è fatta di pomodoro e, quando riscaldata, sarà incorporata alla pizza diventando parte del pasto. E’ un materiale che già esiste, è stato sviluppato dai ricercatori di Embrapa Instrumentation (SP), ha prodotto la pellicola di plastica commestibile con frutta e verdura come barbabietole, papaia, frutto della passione (o maracuja), guava, spinaci, pomodori e altri prodotti che possono essere utilizzati come materia prima.
La ricerca è stata condotta nel laboratorio nanotecnologie di Brazilian Corporation of Agricultural Research (Embrapa), applicata al progetto Agribusiness Network (AgroNano) con l’investimento di circa 45.000 euro.
I ricercatori in questo modo stanno aiutando a ridurre i rifiuti alimentari utilizzando i prodotti eccessivamente maturi che altrimenti molto probabilmente finirebbero nella spazzatura.
Il nuovo materiale combina la flessibilità della plastica sintetica con le proprietà nutrizionali del prodotto. La pellicola rispetto alla plastica convenzionale può conservare gli alimenti per il doppio del tempo ed è anche tre volte più resistente. La “plastica” prodotta con la frutta è commestibile e biodegradabile, poiché decompone entro tre mesi e può anche essere utilizzata come fertilizzante.


Luiz Henrique Capparelli Mattoso, ricercatore di Embrapa ha detto:
«Siamo in grado di utilizzare i rifiuti dell’industria alimentare per elaborare il materiale, questo assicura due caratteristiche di sostenibilità: l’uso di rifiuti alimentari e la sostituzione di un imballaggio sintetico che sarebbe scartato. L’idea è pionieristica, è la prima volta che è utilizzata la frutta tropicale per sviluppare pellicola di plastica. Il materiale con la stessa capacità di proteggere il cibo, ha caratteristiche fisiche simili alla plastica convenzionale. Tuttavia, per l’industria dell’imballaggio il fatto che può essere ingerita apre un vasto campo da esplorare. Le possibilità sono molteplici, dal pollame avvolto in buste contenenti il condimento, alle confezioni di zuppe che con il loro contenuto possono sciogliersi in acqua bollente».
José Manoel Marconcini ricercatore di Embrapa ha aggiunto:
«La differenza sta nella materia prima. La plastica commestibile è costituita principalmente da cibo disidratato mescolato con un nanomateriale per legare il tutto. La sfida più grande di questa ricerca era trovare la formulazione ottimale, proporzioni e ingredienti della ricetta in modo di acquisire le caratteristiche di cui avevamo bisogno.
I prodotti alimentari utilizzati come materia prima passano attraverso il processo di liofilizzazione, un ritrovato tecnologico che permette l’eliminazione dell’acqua da una sostanza organica, un tipo di disidratazione in cui l’acqua senza passare attraverso la fase liquida è trasformata direttamente da solido a gas. Il risultato è un alimento completamente disidratato con il vantaggio di mantenere le sue proprietà nutrizionali. Il processo può essere applicato a molti cibi come frutta, verdura e anche alcuni tipi di spezie, ciò spiega la grande diversità del sapore e colore della confezione delle materie prime commestibili».
Luiz Henrique Capparelli Mattoso ha aggiunto:
«La plastica commestibile può anche contribuire a ridurre il problema dei rifiuti alimentari, come le verdure che se pur in condizioni di consumo restano invendute per l’aspetto appassito (vedi come far risorgere le verdure con il suggerimento Lisa Casali scienziata ambientale, esperta di cucina sostenibile), potrebbero essere utilizzate come materia prima per l’imballaggio alimentare. Si sta già pensando a partnership con aziende del settore per sviluppare commercialmente sacchetti di plastica.
Lo sviluppo di plastica commestibile è il risultato di due decenni di lavoro di Embrapa Instrumentation. In un primo momento, la preoccupazione era di utilizzare materiali rinnovabili in alternativa ai polimeri sintetici derivati dal petrolio. Il team ha iniziato ad aggiungere fibre naturali alle plastiche sintetiche in compositi contenenti entrambi i tipi di materie prime. Le fibre naturali hanno componenti come cellulosa e lignina, chiamati polimeri naturali perché le loro macromolecole sono simili ai polimeri sintetici: Sisal (fibra estratta dalle foglie dell’agave sisalana, utilizzata per la costruzione di corde, cesti, cappelli, tappeti e altri manufatti artigianali), cotone, juta, fibra di cocco e bagassa (residuo della macinazione e spremitura della canna da zucchero), sono alcune delle fibre naturali testate e incluse in questa composizione dei materiali. Il risultante composito ha maggiori proprietà meccaniche della plastica sintetica, in prove di laboratorio ha presentato maggiore resistenza alla trazione e l’impatto, oltre al fatto di essere tre volte più rigidi rispetto al 100% di polimeri sintetici.
La seconda fase della ricerca ha sviluppato un materiale realizzato interamente da fonti rinnovabili, senza aggiunta di materie plastiche a base di petrolio. Amido, polisaccaridi, derivati della cellulosa e le proteine sono stati testati anche per generare nuovi materiali.
Il team di ricerca prima di arrivare alla plastica commestibile, ha sviluppato anche polimeri biodegradabili. I ricercatori motivati dalla domanda per il confezionamento assorbibile dall’ambiente in breve tempo hanno ottenuto la plastica con materiali naturali, fino ad arrivare al momento del processo di fabbricazione delle materie plastiche commestibili, che ha richiesto l’inserimento di più elevati standard di sicurezza e igiene.
I ricercatori hanno condotto test anche con l’aggiunta di chitosano, un polisaccaride che rappresenta il principale costituente del guscio dei crostacei. E’ una molecola naturale con proprietà battericida, può aumentare la durata di conservazione di alimenti per le pellicole di plastica commestibili realizzate con applicazioni delle nuove tecnologie».

Embrapa Instrumentationpellicola commestibile per imballaggi alimentari