Raro tipo di virus influenzale è il motivo per cui l’epidemia del 2018 è “la peggiore a memoria d’uomo”

La rivista New Scientist ha definito il 2018 “The Year of the Flu” (l’anno dell’influenza) perché l’epidemia di quest’anno sta mostrando i segni più letali dopo la pandemia del 1918 “Great Influenza” (Grande influenza) che ha contagiato un terzo della popolazione mondiale, uccidendo tra i 20 e i 50 milioni di persone.
Le persone possono acquisire immunità ai ceppi influenzali contraendo il virus o ricevendo un vaccino antinfluenzale, ma il virus è in costante mutamento, più ceppi spesso circolano simultaneamente. I ceppi dell’influenza sono categorizzati da due lettere, H e N, rappresentano l’emoagglutinina e la neuraminidasi, due proteine nella struttura superficiale del virus.
Deborah MacKenzie su New Scientist ha scritto:
«Ora sono in circolazione un numero record di ceppi d’influenza, due nel gruppo dell’influenza B e due ceppi d’influenza A, H1N1 e H3N2. Il ceppo H3N2 è il vero problema, partendo dall’anno di nascita, è possibile prevedere con un buon grado di affidabilità qual è il ceppo di influenza cui si sarà più esposti in età adolescenziale e adulta. Tra il 1918 e il 1968, nessun virus H3N2 circolò come influenza invernale, quindi le persone nate prima del 1968 hanno un’immunità più debole».
L’Istituto Nazionale di Sanità (NIH) ha evidenziato che nelle stagioni influenzali dominate dal virus H3N2 si verifica il quadruplo di decessi in più, in genere gli anziani sono tra i più vulnerabili.
Il virus H3N2 di quest’anno sembra essere particolarmente severo: in Australia, nell’inverno appena passato, ha provocato oltre i tre quarti di tutti i casi d’influenza (vedi diagramma), con 2,5 volte in più di persone che hanno chiesto assistenza medica. La probabilità di morire era relativamente alta, con la maggior parte dei decessi tra gli anziani».
La pandemia influenzale del 1918 uccise adulti, anziani e giovanissimi sani. La pandemia avviene quando emerge un virus che non è la normale variazione della mutazione dell’anno precedente, ma una mutazione completamente nuova contro la quale una vasta popolazione non ha alcuna immunità. Molto persone di età superiore ai 71 anni nel 1918 erano protette, poiché un correlato virus invernale sarebbe circolato prima del 1847.
L’influenza spagnola era un’influenza aviaria in grado di diffondersi tra i mammiferi, era dotata di enzimi a rapida moltiplicazione genica, si adattavano bene agli uccelli, ma erano letali nei mammiferi. Sono morti in massa soprattutto i giovani.
L’influenza del 1918 uccise le persone attraverso i tentativi dei loro corpi di difendersi. I pazienti annegavano quando i loro polmoni si riempivano di sangue e altri fluidi, mentre i loro sistemi immunitari freneticamente tentavano di combattere il virus invadente.
I polmoni delle vittime erano così degradati da permettere all’aria di fuoriuscire e invadere altri tessuti, causando sindromi chiamate pneumomediastino ed enfisema sottocutaneo, quest’ultimo è una condizione per la quale del gas o dell’aria viene a trovarsi nello strato sotto la pelle. Poiché l’aria generalmente proviene dalla cavità toracica, l’enfisema sottocutaneo solitamente si verifica sul petto, sul collo e sul viso. Tale condizione presenta un caratteristico crepitio all’atto della palpazione della pelle, una sensazione che è stata descritta come simile a toccare dei Rice Krispies (cereali per la prima colazione, a base di riso soffiato); questa sensazione di aria sotto la pelle è conosciuta come crepitio sottocutaneo. Il rumore del crepitio è simile a quello prodotto dalla neve fresca quando è calpestata.
Gli scienziati stanno ancora lottando per capire cosa renda alcuni virus influenzali più letali di altri. La chiave sembra essere una combinazione delle armi incorporate del virus e della capacità del nostro sistema immunitario di riconoscere il virus come una minaccia e agire contro di esso.
Derek Smith dell’Università di Cambridge ha dichiarato a New Scientist che l’H3N2 di quest’anno – soprannominata “influenza australiana” – potrebbe trarre vantaggio da entrambi.
Fortunatamente, l’influenza australiana – per quanto altamente infettiva e grave – non dovrebbe essere letale come la pandemia del 1918, ma potrebbe essere sufficiente per svegliare il mondo alla minaccia rappresentata da una malattia che la maggior parte delle persone considera un inconveniente, non una minaccia letale.
Una pandemia assassina è in arrivo, comunque. Il vero problema, dicono gli epidemiologi, è che l’influenza è familiare. Può essere mite tranne quando non lo è. Finché non riconosciamo l’influenza per l’assassino che è, faremo meglio a fermarla».

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