Prima volta al mondo, scienziati hanno utilizzato la terapia della luce per distruggere le cellule tumorali

Il team europeo di ingegneri, fisici, neurochirurghi, biologi e immunologi provenienti da Regno Unito, Polonia e Svezia ha unito le forze per progettare un’innovativa terapia attivata dalla luce sviluppata presso l’Istituto per la ricerca sul cancro (ICR) di Londra, potrebbe aiutare a rilevare e curare un tipo aggressivo di cancro al cervello.
La nuova ricerca, pubblicata nella rivista BMC Medicine, si basa sulla chirurgia guidata dalla fluorescenza, utilizza una nuova tecnica chiamata fotoimmunoterapia (PIT). La terapia attivata dalla luce rispetto alle tecniche esistenti, costringe le cellule tumorali a illuminarsi al buio, aiutando i chirurghi a rimuovere una quantità maggiore di tumori, per poi uccidere le cellule rimanenti nel giro di pochi minuti al termine dell’intervento.
I ricercatori hanno detto che in una sperimentazione in prima mondiale, su topi affetti da glioblastoma multiforme, noto anche come GBM, uno dei tipi più comuni e aggressivi di cancro al cervello, le scansioni hanno rivelato che il nuovo trattamento illuminava anche le cellule tumorali più piccole per aiutare i chirurghi a rimuovere quelle residue. I ricercatori stanno ora studiando il nuovo trattamento anche per il neuroblastoma infantile.
Gabriela Kramer-Marek, responsabile dello studio, ha dichiarato:
«I tumori cerebrali come il glioblastoma possono essere difficili da trattare e, purtroppo, le opzioni terapeutiche per i pazienti sono troppo poche. La chirurgia è impegnativa a causa della localizzazione dei tumori, quindi nuovi metodi per vedere le cellule tumorali da rimuovere durante l’intervento e per trattare le cellule tumorali residue che rimangono in seguito potrebbero essere di grande utilità».
Il team leader dell’Istituto per la ricerca sul cancro (ICR) nel campo dell’imaging molecolare preclinico ha aggiunto:
«Il nostro studio dimostra che un nuovo trattamento fotoimmunoterapico che utilizza una combinazione di un marcatore fluorescente, una proteina Affibody, e una luce nel vicino infrarosso, è in grado di identificare e trattare le cellule residue di glioblastoma nei topi. In futuro, speriamo che questo metodo possa essere utilizzato per trattare il glioblastoma umano e potenzialmente anche altri tipi di cancro».
La terapia combina uno speciale colorante fluorescente con un composto mirato al cancro. La combinazione nella sperimentazione sui topi, ha dimostrato di migliorare enormemente la visibilità delle cellule tumorali durante l’intervento chirurgico e, successivamente quando è attivata dalla luce del vicino infrarosso, di innescare un effetto antitumorale.
Gli scienziati dell’Istituto per la ricerca sul cancro (ICR), dell’Imperial College di Londra, dell’Università di Medicina della Slesia, in Polonia, e dell’azienda svedese Affibody ritengono che il nuovo trattamento potrebbe aiutare i chirurghi a rimuovere più facilmente ed efficacemente i tumori particolarmente difficili, come quelli della testa e del collo.
L’impegno congiunto è stato in gran parte finanziato dal Cancer Research UK Convergence Science Centre presso l’Istituto per la ricerca sul cancro (ICR) e l’Imperial College di Londra, una partnership che riunisce scienziati internazionali provenienti da settori dell’ingegneria, della fisica e delle scienze della vita per trovare modi innovativi per affrontare il cancro.
Axel Behrens, leader del team sulle cellule staminali del cancro presso l’Istituto per la ricerca sul cancro (ICR) e direttore scientifico del Cancer Research UK Convergence Science Centre, ha dichiarato:
«Il lavoro multidisciplinare è fondamentale per trovare soluzioni innovative per affrontare le sfide della ricerca, della diagnosi e del trattamento del cancro, questo studio ne è un ottimo esempio. La nostra ricerca dimostra un metodo innovativo per identificare e trattare le cellule di glioblastoma nel cervello, utilizzando la luce per trasformare un ambiente immunosoppressivo in immunocompatibile, e che ha un potenziale entusiasmante come terapia contro questo tipo aggressivo di tumore cerebrale».
I ricercatori hanno detto che dopo decenni di progressi nella cura del cancro, le quattro forme principali oggi esistenti – chirurgia, chemioterapia, radioterapia e immunoterapia – consentono di trattare efficacemente un numero maggiore di persone a cui viene diagnosticata la malattia e di vivere in salute per molti anni. La vicinanza di alcuni tumori a organi vitali dell’organismo tuttavia rende indispensabile lo sviluppo di nuovi metodi di trattamento del cancro che consentano ai medici di superare il rischio di danneggiare parti sane del corpo. Gli esperti ritengono che la fotoimmunoterapia possa essere la risposta.
I tumori quando crescono in aree sensibili del cervello come la corteccia motoria, coinvolta nella pianificazione e nel controllo dei movimenti volontari, l’intervento chirurgico per il glioblastoma può lasciare dietro di sé cellule tumorali che possono essere molto difficili da trattare e che fanno sì che la malattia in seguito possa ripresentarsi in modo più aggressivo.
Il nuovo trattamento utilizza molecole sintetiche chiamate affibody, si tratta di minuscole proteine ingegnerizzate in laboratorio per legarsi con alta precisione a un bersaglio specifico, in questo caso una proteina chiamata EGFR, che è mutata in molti casi di glioblastoma, con una molecola fluorescente chiamata IR700, che viene utilizzata in chirurgia.
Gli affibody sono stati poi combinati con una molecola fluorescente chiamata IR700 e somministrati ai topi prima dell’intervento. La luce che illuminava i composti faceva brillare il colorante, evidenziando le regioni microscopiche dei tumori nel cervello che i chirurghi dovevano rimuovere. Il laser è poi passato alla luce del vicino infrarosso, che ha innescato l’attività antitumorale, uccidendo dopo l’intervento le cellule residue.
Charles Evans, responsabile delle informazioni sulla ricerca presso il Cancer Research UK, ha dichiarato:
«Le fotoimmunoterapie potrebbero aiutarci a colpire le cellule tumorali che non possono essere rimosse durante l’intervento chirurgico, il che potrebbe aiutare le persone a vivere più a lungo dopo il trattamento. Ci sono ancora sfide tecniche da superare, per esempio, come raggiungere tutte le parti di un tumore con la luce del vicino infrarosso, ma sono entusiasta di vedere come si svilupperà questa ricerca».

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