Nuovo test biomarcatore può rilevare nel sangue la neurodegenerazione dell’Alzheimer

Il team di neuroscienziati guidati da un ricercatore della University of Pittsburgh School of Medicine ha sviluppato un test per rilevare in un campione di sangue un nuovo marcatore della neurodegenerazione della malattia di Alzheimer. Il biomarcatore, chiamato tau di derivazione cerebrale o BD-tau, supera gli attuali test diagnostici del sangue utilizzati per rilevare la neurodegenerazione legata all’Alzheimer. È specifico per la malattia di Alzheimer e si correla bene con i biomarcatori della neurodegenerazione di Alzheimer nel liquido cerebrospinale (CSF).
Thomas Karikari assistente alla cattedra di psichiatria della University of Pittsburgh, autore della ricerca pubblicata nella rivista Brain, ha dichiarato:
«Attualmente, per diagnosticare la malattia di Alzheimer è necessaria la neuroimmagine, questi test sono costosi e richiedono molto tempo per essere programmati, più pazienti, anche negli Stati Uniti, non hanno accesso agli scanner MRI e PET».
I medici per diagnosticare la malattia di Alzheimer utilizzano le linee guida stabilite nel 2011 dal National Institute on Aging e dall’Alzheimer’s Association, denominate AT(N) Framework, richiedono il rilevamento di tre componenti distinte della patologia di Alzheimer: la presenza di placche amiloidi; grovigli tau e neurodegenerazione nel cervello tramite imaging o analisi di campioni di liquor.
I due metodi purtroppo soffrono di limitazioni economiche e pratiche, impongono la necessità di sviluppare biomarcatori AT(N) convenienti e affidabili in campioni di sangue, la cui raccolta è minimamente invasiva e richiede meno risorse.
Thomas Karikari ha detto:
«Lo sviluppo di strumenti semplici che rilevino i segni dell’Alzheimer nel sangue senza compromettere la qualità è un passo importante verso una maggiore accessibilità. L’utilità più importante dei biomarcatori ematici è quella di migliorare la vita delle persone, la fiducia clinica, e la previsione del rischio nella diagnosi della malattia di Alzheimer».
Gli attuali metodi di diagnostica ematica sono in grado di rilevare con precisione le anomalie dell’amiloide beta plasmatica e della forma fosforilata della tau, raggiungendo due dei tre punti di controllo necessari per diagnosticare con sicurezza l’Alzheimer, ma l’ostacolo maggiore nell’applicazione del Quadro AT(N) ai campioni di sangue, risiede nella difficoltà di rilevare marcatori di neurodegenerazione che siano specifici del cervello, e non siano influenzati da contaminanti, potenzialmente fuorvianti, prodotti in altre parti del corpo.
I livelli ematici di neurofilamenti leggeri, un marcatore proteico del danno alle cellule nervose, per esempio, diventano elevati nella malattia di Alzheimer, nel Parkinson e in altre demenze, rendendoli meno utili quando si cerca di differenziare la malattia di Alzheimer da altre condizioni neurodegenerative: d’altra parte, la rilevazione della tau totale nel sangue si è rivelata meno informativa del monitoraggio dei suoi livelli nel liquor.
Thomas Karikari e il suo team che comprende anche scienziati dell’Università di Göteborg, in Svezia, applicando le loro conoscenze di biologia molecolare e biochimica delle proteine tau in diversi tessuti, come il cervello, hanno sviluppato una tecnica per rilevare selettivamente la BD-tau evitando le grandi proteine tau libere, prodotte da cellule esterne al cervello, per farlo, hanno progettato un anticorpo speciale che si lega selettivamente alla BD-tau, rendendola facilmente rilevabile nel sangue. Hanno convalidato il loro test su oltre 600 campioni di pazienti provenienti da cinque coorti indipendenti, compresi quelli di pazienti la cui diagnosi di malattia di Alzheimer è stata confermata dopo la loro morte, nonché di pazienti con deficit di memoria indicativi di Alzheimer in fase iniziale.
I test hanno dimostrato che i livelli di BD-tau rilevati in campioni di sangue di pazienti affetti da Alzheimer con il nuovo test corrispondono ai livelli di tau nel liquor e distinguono in modo affidabile l’Alzheimer da altre malattie neurodegenerative.
I livelli di BD-tau si correlavano anche con la gravità delle placche amiloidi e dei grovigli di tau nel tessuto cerebrale, confermata dalle analisi autoptiche del cervello.
Gli scienziati sperano che il monitoraggio dei livelli ematici di BD-tau possa migliorare la progettazione degli studi clinici, facilitare lo screening e l’arruolamento di pazienti provenienti da popolazioni che storicamente non sono state incluse nelle coorti di ricerca.
Thomas Karikari ha affermato:
«C’è un enorme bisogno di diversità nella ricerca clinica, non solo per il colore della pelle ma anche per il background socioeconomico. Le sperimentazioni per sviluppare farmaci migliori, devono coinvolgere persone di diversa provenienza e non solo quelle che vivono vicino ai centri medici accademici. Il test del sangue è più economico, più sicuro e più facile da somministrare, e può migliorare la fiducia dei clinici nella diagnosi dell’Alzheimer e nella selezione dei partecipanti agli studi clinici e al monitoraggio della malattia».
Thomas Karikari e il suo team hanno in programma di condurre una validazione clinica su larga scala del BD-tau ematico in un’ampia gamma di gruppi di ricerca, compresi quelli che reclutano partecipanti provenienti da ambienti razziali ed etnici diversi, da cliniche della memoria e dalla comunità.
Inoltre, questi studi includeranno adulti anziani senza evidenza biologica di malattia di Alzheimer e persone in diversi stadi della malattia, sono progetti fondamentali per garantire che i risultati del biomarcatore siano generalizzabili a persone di ogni provenienza e apriranno la strada alla disponibilità commerciale di BD-tau per un diffuso uso clinico e prognostico.

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