L’India produce più cibo del necessario, ma la fame della popolazione persiste

«La fame nel mondo dopo un prolungato declino, sembra essere in aumento», afferma un documento dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO), intitolato «Lo stato di sicurezza alimentare e nutrizione nel mondo (2017)».
Il dato nell’economia in più rapida crescita del mondo è maggiormente riscontrabile in India, dove vivono 191 milioni di persone denutrite, più della maggior parte di tutti gli altri paesi. Ecco alcune statistiche del documento:

– il 14,5% della popolazione indiana è denutrita;
– 47,5 milioni di bambini indiani di età inferiore ai cinque anni sono rachitici, più di qualsiasi paese del mondo;
– il 51,4% delle donne indiane in età riproduttiva (15-49 anni) soffre di anemia;
– il 64,9% delle donne indiane (la percentuale più alta al mondo) si affida esclusivamente all’allattamento al seno per l’alimentazione dei neonati di età compresa tra zero e cinque mesi.

I numeri sopracitati certamente raccontano una situazione – ma i numeri sono, per definizione, astratti -, per questo, continuando a leggere è utile guardare la realtà di alcune storie.

Morti per fame
Tre sorelle (Mansi, 8, Shikha, 4 e Parul, 2) nella zona di Mandawali a Delhi non molto tempo fa morirono di fame. Amita Saxena, la soprintendente medica dell’ospedale Lal Bahadur Shastri, ha detto che «non c’era nulla nello stomaco e nella vescica dei bambini […] sembrava che non avessero mangiato per otto o nove giorni».
Non si tratta di un incidente isolato: lo scorso ottobre, un bambino di 11 anni di nome Santoshi, nello stato di Jharkhand situato nella parte nord-orientale dell’India, è morto di fame quando la razione spettante al nucleo familiare della madre è stata cancellata dopo che non era riuscita a collegarla al documento d’identità Aadhaar (il più grande sistema d’identificazione biometrica del mondo).
Rajendra Birhor, un uomo di 40 anni  sempre nello stato di Jharkhand, è morto di fame, poiché la sua famiglia non aveva la tessera di razionamento. La sua morte seguì quella di Chintamani Malhar, un altro quarantenne dello stesso distretto morto di fame un paio di settimane prima.
Oltre la fame, c’è un altro filo conduttore che lega tutti questi tragici eventi: le affermazioni delle autorità secondo cui le morti non sono state causate dalla fame ma dalla “malattia”.

Perché morire di fame accade in India, un paese che produce più cibo di quello di cui ha bisogno?
L’India secondo il World Economic Forum per sfamare la sua popolazione ogni anno ha bisogno di circa 230 milioni di tonnellate di cibo. La produzione di grano alimentare dell’India nel 2016-2017 è stata da record con 273,3 milioni di tonnellate.

Decessi per fame, responsabili anche i ratti
I decessi per fame possono essere imputati anche ai ratti. Sharad Pawar, ex ministro dell’Agricoltura, in occasione di un suo intervento in Parlamento aveva detto che quasi il 40% del valore della produzione annuale di cibo in India è sprecato, con le colture lasciate a marcire al sole senza stoccaggio o trasporto, o mangiate da insetti e ratti.
La risposta del Ministero degli affari dei consumatori, del cibo e della distribuzione pubblica con nota RTI (è un atto del Parlamento dell’India prevede per i cittadini il diritto all’informazione) ha confermato che 61.824 tonnellate di cereali (abbastanza da sfamare circa 800.000 persone per un anno intero), tra il 2011-12 e il 2016-17 sono state danneggiate nei magazzini della Food Corporation of India.
Il governo indiano è impegnato a trovare soluzioni attraverso nuove strategie di distribuzione, l’uso della tecnologia, il miglioramento delle strutture della catena del freddo e il ricorso a operatori privati. Tuttavia, queste misure, anche se attuate, non sarebbero ancora sufficienti per sfamare e salvare migliaia di bambini che potrebbero continuare a morire come accaduto a Santoshi, Parul, Shikha e Mansi, perché il problema è più profondo della mancanza d’infrastrutture.

Sistema di base garantisce una minima quantità di cibo alle famiglie povere
In India, a parte i vincoli infrastrutturali, esiste un sistema di base per garantire alle famiglie povere una quantità minima di cibo. Il National Food Security Act, 2013 riporta che alle famiglie povere mensilmente e a costi sovvenzionati, procapite sono garantiti cinque chilogrammi di cereali alimentari.
La legge sulla minima quantità di cibo alle famiglie povere copre il 75% della popolazione rurale e il 50% della popolazione urbana dell’India, tuttavia, bambini come Santoshi e Paruls in India continuano a non ricevere aiuto. Il motivo è semplice – per usufruire dei vantaggi della legge nazionale sulla sicurezza alimentare, le famiglie devono possedere la tessera di razionamento (è un documento emesso in India per l’acquisto nei negozi a prezzo equo di merci essenziali), ora, l’Aadhaar ha ulteriormente aggravato la questione: nonostante la sua validità costituzionale sia in bilico, le autorità a livello di base insistono sul fatto che queste tessere di razionamento devono essere collegate al documento Aadhaar. La Corte Suprema ha riservato il suo verdetto.

Diritto all’alimentazione
La questione fondamentale è che l’accesso a qualcosa di così semplice come il cibo non dovrebbe essere regolato dalla disponibilità di un documento vincolante come Aadhar. Il diritto all’alimentazione è un fondamentale diritto umano, in India è sancito come tale dall’articolo 21 della Costituzione, garantisce il diritto alla vita e alla libertà. Il diritto alla vita di cui all’articolo 21 è stato interpretato come un diritto a vivere dignitosamente e non come mera esistenza animale, il che implica di garantire l’accesso al cibo e non solo alla sua presente disponibilità.
Simone Weil filosofa francese sulla fame ha detto: «E’ un dovere eterno nei confronti dell’essere umano non lasciarlo soffrire di fame quando si ha la possibilità di venire in suo aiuto». E’ giunto il momento che l’India con l’economia in più rapida crescita del mondo si adegui a tale obbligo.

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Pino Silvestri, blogger per diletto, fondatore, autore di Virtualblognews, presente su Facebook e Twitter.
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