L’incredibile storia del cervello di mio padre, donato alla scienza per il bene dell’umanità

A Victoria Owen, è stata diagnosticata la sclerosi multipla, la stessa malattia che lentamente ha ucciso suo padre

Nicolas, il padre di Victoria Owen, nel mese di marzo 2011, dopo una lotta estenuante, durata uarant’anni, ha  perso la battaglia contro la sclerosi multipla, ma ha lasciato  qualcosa che potrebbe aiutare i ricercatori a sconfiggere la malattia: il suo cervello.
Victoria Owen, racconta:
«Il professore di fronte a me, dopo aver cercato una piccola sezione segnata nella  braciola di maiale, presa come campione di un cervello, mi ha detto:
“Questo  è l’ippocampo, è, dove tuo padre ha memorizzato i suoi ricordi”.
Mio padre  Nicolas John Owen è morto nel mese di marzo di quest’anno, all’età di settanta  anni, dopo quaranta anni di battaglia contro i sintomi debilitanti della  sclerosi multipla. Prima di morire ha accettato di donare il  suo cervello alla scienza.
Io, dopo pochi mesi, quando il mio dolore è  leggermente attenuato, ho chiesto al Thomas Willis Collection Brain
Oxford
– il centro dove sono conservati i cervelli – se potevo visitare il loro laboratorio per vederli al lavoro. Molte persone non sanno che dopo la morte, il loro cervello può essere utile alla scienza. Ho voluto indicare il Centro per dare risalto a quello che fanno, ma, appena ho posato gli  occhi sul cervello di mio padre, in qualche modo mi sono sentita in colpa per essere stata invadente sulla sua personalità.
E’  una reazione comprensibile. Il cervello è diverso da qualsiasi altro organo: un cuore pompa il sangue nel corpo, un rene funziona come un filtro, il cervello è speciale, è l’incarnazione fisiologica dell’anima.
Funzionalmente, aiuta il nostro corpo a muoversi e sentire non solo il dolore fisico, ma anche quello che ci addolora emotivamente”.
Margaret Esiri, professoressa di neuropatologia dell’Università di Oxford, condirettrice del Thomas Willis Collection Brain Oxford, mi ha detto:
“Molte persone considerano il cervello come qualcosa di speciale. Sono felici di donare i propri organi, ma non il cervello perché sentono che racchiude in sé qualcosa di loro”.
Mio padre ha sostenuto questa ricerca con tutto il cuore. La sclerosi multipla colpisce circa 85.000 persone in Gran Bretagna – la malattia causa danni alla mielina, la guaina protettiva delle fibre nervose circostanti, interferendo con lo scambio di messaggi fra il  cervello e le altre parti del corpo. Per alcuni pazienti è caratterizzata da  periodi di ricaduta e remissione, ma per altri, come mio padre, la malattia
peggiora progressivamente fino alla fine.
I primi sintomi – paralisi temporanea e insensibilità – si sono presentati quando era poco più che
trentenne. Sposato da poco e con me in arrivo, rifiutò di farsi rovinare la festa dalla sclerosi multipla. Lui era un venditore, lavorava per la Pergamon Press, casa editrice specializzata in libri e riviste scientifiche. Il lavoro l’ha portato in Africa, Medio Oriente e Atene, dove abbiamo vissuto per un po’ a metà degli anni Settanta.
Le cartoline inviate mentre si trovava a lavorare all’estero, sono una testimonianza del grande entusiasmo per il suo lavoro e il profondo amore che nutriva per la sua famiglia.
La sclerosi multipla di mio padre, ha iniziato a farsi sentire negli anni Ottanta, quando siamo tornati a vivere a  Buckingham, in Gran Bretagna. Attacchi improvvisi di tremori e spasticità, lo costringevano a sospendere i suoi movimenti tra rabbia e frustrazione.
Rifiutava la sedia a rotelle, in città, mentre camminava nei negozi, barcollava, spesso lo  scambiavano per ubriaco. Odiava essere considerato un malato di sclerosi multipla, raramente citava il male per nome: quando le gambe non rispondevano, faceva riferimento a “questa cosa maledetta”, dava uno schiaffo alla coscia, poi con una vena d’umorismo commentava con la frase “la mente è pronta, ma il corpo non lo è”.
Il suo orgoglio, a volte in modo brusco, l’ha portato a rifiutare qualsiasi aiuto, non ha mai ricevuto un trattamento, non ha mai consultato un neurologo.
L’interferone beta
– un farmaco che attenua i sintomi della sclerosi multipla, è arrivato troppo tardi
per mio padre. Lui dopo aver provato anche qualche boccata di cannabis, offerta da uno dei miei cugini dallo spirito libero, decise che non era il caso. Fallito anche il rimedio alternativo con l’olio di enotera.
E’ stato il suo orgoglio, ancora una volta, a spingerlo a salire le scale, piuttosto che dormire al piano terra, lontano da mia madre. L’orgoglio oltre ogni misura, ha dato una chiave di lettura sulla sua decisione di continuare a utilizzare la macchina. Col senno di poi, devo dire che l’ha fatto pericolosamente, a causa della mancanza di sensibilità alle gambe, guidava male, per due volte ha demolito la porta del nostro garage.
Era un uomo di grandi emozioni. Ha pianto durante il film “Addio, Mr Chips”, adorava Dio con tutta l’anima e il pensiero, rideva di pancia quando vedeva in televisione “The Goon Show e Hancock’s Half Hour”.
Ora, non fraintendetemi: ci sono stati momenti in cui mio padre ha esasperato la mia vita.
Un giorno, era Santo Stefano, sono stata severamente rimproverata da alcuni parenti per aver chiamato mio padre un “idiota storpiato“. Ero adolescente, l’implacabile determinazione di mio padre per sconfiggere la sclerosi multipla, con risultati traballanti, mi aveva frustato. Mio padre ridacchiò al mio sfogo, poi prese a utilizzare quel termine come un suo affettuoso soprannome.
Non è riuscito a bloccare la malattia. Negli anni Novanta, restò paralizzato alle gambe, progressivamente nei successivi dieci anni, perse la funzionalità di tutto il  corpo.
Ha sofferto l’umiliazione dell’incontinenza, la frustrazione per non essere stato più in grado di leggere un  libro, quando le sue braccia divennero deboli e disfunzionali e, infine, sprofondò in una preoccupante depressione quando non riuscì più a stare seduto sulla sedia a rotelle. Amaramente si rassegnò a restare coricato a letto.
Il suo declino è stato molto toccante per me perché in quel periodo, mentre sostenevo i  miei esami di laurea, mi resi conto di aver ereditato la sclerosi multipla. Riconobbi i sintomi – torpore seguito da paralisi temporanea – ma, in un primo momento, tralascia di avere la conferma con una diagnosi ufficiale. Solo quando i miei compagni d’università con cui dividevo l’appartamento, preoccupati per le mie urla spaventate, sfondarono la porta della mia camera e mi trovarono paralizzata sul lato destro del mio corpo, decisi di consultare il mio medico di famiglia per concordare un esame.
La risonanza magnetica confermò che soffrivo la malattia anche se era una forma leggera.
L’esperienza di aver seguito la malattia di mio padre mi ha fortificato, mi ha aiutato a non abbattermi. Dopo quel primo episodio nel 1995, non ho avuto sintomi. Mi diverto nel vedere la reazione della gente quando resta sbalordita nel sapere che ho la sclerosi multipla.
Il fatto di aver ereditato la sclerosi multipla, affascina il mondo della medicina. Circa dodici anni fa, in veste di giornalista, mentre conducevo una serie d’interviste presso l’Oxford Radcliffe Infirmary, l’ospedale invischiato nella storia degli organi  umani, prelevati senza consenso a molti bambini deceduti, i medici intervistati, non nascose serie preoccupazioni per la cattiva pubblicità data dallo scandalo, mi dicevano che avrebbe scoraggiato emotivamente le donazioni volontarie di
organi
, compromettendo quella particolarmente importante del cervello devastato dalla sclerosi multipla.
I medici mi avevano detto che il cervello dei membri della famiglia di una persona colpita dalla sclerosi multipla, avrebbe aiutato la ricerca sulle cause genetiche della devastante malattia. Informai mio padre, insieme, firmammo i moduli per donare i nostri cervelli.
I parenti non erano stati informati, così dopo la morte di mio padre, nelle fasi legate alla donazione
del suo cervello, ci fu un breve momento di tensione con un parente. Ricordo distintamente le parole, mi disse: “Sei sicura che è quello che tuo padre avrebbe voluto?”.
Giusto il tempo di fornire una breve spiegazione, il cervello di mio padre dal Milton Keynes General
Hospital,
in un contenitore speciale, circondato dal ghiaccio, celermente, prima dei cambiamenti fisiologici, era già stato spedito al John Radcliffe Hospital di Oxford, dove, dopo un nuovo esame da parte dei neuropatologi, il cervello di mio padre fu tagliato in due. Una metà è stata congelata a – 18°per essere utilizzato per future ricerche, mentre l’altra metà del cervello, dopo essere stata trattata in una soluzione di formaldeide, è stata tagliata in strati sottili per essere utilizzati sui vetrini da microscopio.
Il Thomas Willis Collection Brain Oxford (banca del cervello), una delle quattordici della Gran Bretagna, ha circa 5.000 vetrini preparati con organi umani. Hanno bisogno di più cervelli per portare avanti le ricerche su numerose malattie neurologiche come la sclerosi multipla, il morbo di Alzheimer e il Parkinson.
Noi come famiglia, siamo immensamente orgogliosi del contributo dato da mio padre per questa causa.
Margaret Esiri, in laboratorio, mi ha spiegato perché la donazione del cervello è così importante:
“Non possiamo analizzare il cervello delle persone vive, purtroppo non si può scendere a livello molecolare con la risonanza magnetica, quindi l’unica possibilità che abbiamo è quella di studiare il cervello di una persona deceduta. Fare ricerche genetiche, studiare la struttura molecolare del tessuto cerebrale, comparare e confrontare quella di chi soffre di sclerosi multipla, sta aiutando gli scienziati a scoprire la causa che provoca questa malattia dolorosa.
L’individuazione di alcuni comportamenti molecolari può indirizzare i ricercatori verso possibili trattamenti. I benefici, in particolare, potrebbero arrivare alla ricerca da studi su campioni giovani, e approfondimenti su cervelli di persone libere da malattie neurologiche. In Inghilterra, anche se ci sono sedici milioni di persone registrate come donatori di organi, purtroppo, il cervello non è tra quelli più disponibili.
Emerge un senso convenzionale d’immediato altruismo collegato alla donazione di organi. La donazione del cervello, purtroppo, non rientra tra le forme d’altruismo.
L’argomento è ancora delicato, comunque, conforta che i parenti di chi dona il loro cervello traggono immenso conforto nel sapere che l’organo è utilizzato per aiutare la ricerca“.
Quando ho annunciato su Facebook che stavo andando a vedere il cervello di mio padre, molti sono rimasti scioccati. Alcuni hanno criticato con feroci discussioni il fatto che dopo la morte si possa lasciare una parte integrante del proprio corpo”.
La sclerosi multipla è la più comune malattia neurologica tra i giovani adulti in Gran Bretagna. La ricerca ha già fornito l’interferone beta-1b, un farmaco che può aiutare a combattere i sintomi, affiancato anche da altri medicinali in fase sperimentale come l’Amiloride e l’Alemtuzumab.
La ricerca medica nel 2010 ha introdotto uno spray alla cannabis per attenuare i sintomi dolorosi della spasticità.
La MS Society per la sclerosi multipla, nel luglio di quest’anno, ha annunciato un progetto per sperimentare le cellule staminali per rallentare e fermare i danni al cervello e al midollo spinale cavo.
E’ giusto sottolineare che per lo studio accademico, l’apporto collaborativo di mio padre è stato blando, ma ora, dal cielo può essere orgoglioso di sapere che il suo cervello, per il bene dell’umanità, è stato messo a disposizione dei ricercatori della Oxford University“.

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