William Rees, ecologista demografico della School of Community and Regional Planning dell’Università della British Columbia, ricorda agli abitanti della Terra che il pianeta non può sostenere oltre un certo numero di persone, nel suo documento pubblicato nella rivista World, sottolinea che nel corso degli anni sono stati sviluppati molti modelli che dimostrano che un determinato numero di animali (esempio i topi) possono vivere in un ambiente delimitato; tutti i modelli dimostrano che, a un certo punto, si verifica una correzione della popolazione.
Il riferimento di William Rees riguarda la ricerca dell’etologo John B. Calhoun, nel 1947 condusse alcuni esperimenti di densità sui topi, ha racchiuso quattro paia di topi in un recinto metallico di 9 x 4,5 metri senza presenza di predatori, dando a ogni colonia tutto ciò di cui aveva bisogno per sopravvivere, tranne lo spazio aggiuntivo.
L’intento di John B. Calhoun era quello di osservare gli effetti della densità di popolazione sui topi, ma l’esperimento ha prodotto risultati che andavano oltre: «Parlerò soprattutto dei topi, ma il mio pensiero va all’uomo», scriverà più tardi in un ampio rapporto.
I topi all’inizio si comportarono bene. Il loro numero raddoppiava ogni 55 giorni, ma dopo 600 giorni, con spazio sufficiente per ospitare fino a altri 1.600 roditori, la popolazione raggiunse il picco di 2.200 e iniziò a diminuire precipitosamente, fino all’estinzione dell’intera colonia, nonostante i loro bisogni materiali fossero soddisfatti senza alcun sforzo da parte di qualsiasi topo.
Il punto di svolta si verificò il giorno 315, quando apparvero i primi segni di un crollo delle norme e della struttura sociale. Le aberrazioni includevano quanto segue: femmine che abbandonano i loro piccoli; i maschi non difendono più il proprio territorio; entrambi i sessi diventano più violenti e aggressivi.
Comportamenti devianti, sessuali e sociali, aumentavano ogni giorno che passa. Gli ultimi mille topi nati tendevano ad evitare attività stressanti e concentravano sempre più la loro attenzione su se stessi.
Esperimenti successivi con altri animali hanno dimostrato più o meno lo stesso risultato, ciò ha portato i più esperti ricercatori del settore a concludere che gli esseri umani un giorno si troveranno nella stessa situazione. È questo elemento che William Rees ha sottolineato nel suo documento.
William Rees osserva che ci sono già segni di stress dovuti alla sovrappopolazione: il pianeta si sta riscaldando e le risorse critiche sono a rischio, come la disponibilità di combustibili fossili, cibo e acqua. Inoltre, si nota che molti dei cicli della Terra sono stati stravolti, come i modelli meteorologici e il ciclo globale dei nutrienti.
William Rees nel complesso suggerisce che il pianeta Terra si sta dirigendo verso un’importante correzione della popolazione, forse prima della fine di questo secolo. Tale correzione, osserva, comporterebbe una drastica riduzione della popolazione umana. Aggiunge che tale riduzione potrebbe avvenire in uno o più modi, attraverso guerre, carestie, instabilità degli habitat o malattie.
I topi negli studi condotti da John B. Calhoun, in molti casi si sono semplicemente ritirati dalla società, rifiutando di lavorare o di tentare di procreare.
William Rees aggiunge che la correzione della popolazione non è scontata, nonostante i risultati degli esperimenti. È possibile, osserva, che poiché abbiamo un cervello più grande di quello dei topi, possiamo riconoscere la follia dei nostri comportamenti e apportare cambiamenti che potrebbero salvarci.
William Rees suggerisce che se rallentiamo drasticamente la crescita della popolazione, freniamo il riscaldamento globale e affrontiamo alcuni degli altri problemi che abbiamo creato, la razza umana potrebbe sopravvivere fino a quando qualche altro evento fuori dal nostro controllo non ci ucciderà. Il primo passo, suggerisce, è riconoscere i problemi. Da lì, la pianificazione e l’innovazione potrebbero portare a realistiche soluzioni.