L’Arabia Saudita dopo 50 anni pone fine all’accordo con gli Stati Uniti sul petrodollaro

L’ordine finanziario mondiale stabilito negli ultimi 50 anni, ora sta passando a un nuovo e sconosciuto paradigma, poiché l’accordo sul petrodollaro tra gli Stati Uniti e Arabia Saudita è scaduto domenica 9 giugno.
Il termine “petrodollaro” descrive il ruolo del dollaro statunitense (USD) come valuta utilizzata per le transazioni di petrolio greggio sul mercato mondiale. Il termine risale ai primi anni Settanta, quando gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita strinsero un accordo poco dopo l’uscita degli Stati Uniti dal “gold standard” (era un sistema monetario in cui il valore della moneta era direttamente legato all’oro. Le valute erano convertibili in oro a un tasso fisso). L’accordo ha avuto conseguenze di vasta portata per l’economia globale.
L’accordo sui petrodollari nacque in seguito alla crisi petrolifera del 1973. L’accordo prevedeva che l’Arabia Saudita avrebbe prezzato le sue esportazioni di petrolio esclusivamente in dollari statunitensi e avrebbe investito le entrate petrolifere in eccesso in obbligazioni del Tesoro americano. Gli Stati Uniti in cambio fornivano supporto militare e protezione all’Arabia Saudita. Ciò ha contribuito a consolidare la posizione del dollaro USA come valuta di riserva mondiale e ha inaugurato un’era di prosperità per gli americani, che hanno potuto godere dei vantaggi derivanti dal fatto di essere il mercato preferito dalle multinazionali per vendere i loro prodotti.
L’afflusso di capitali stranieri verso i titoli del Tesoro americano inoltre ha sostenuto i bassi tassi di interesse e un solido mercato obbligazionario. Tutto questo è destinato a cambiare ora che l’Arabia Saudita sta cercando di andare oltre il rapporto esclusivo con gli Stati Uniti, come dimostra il fatto che l’Arabia Saudita è diventato uno dei nuovi membri del blocco BRICS: è un acronimo che rappresenta un raggruppamento delle economie mondiali emergenti formato dai Paesi del precedente BRIC composto da Brasile, Russia, India e Cina con l’aggiunta di Sudafrica (nel 2010) e di Egitto, Etiopia, Iran ed Emirati Arabi Uniti (nel 2024).
Sebbene molti indichino l’impulso per la scadenza dell’accordo nell’escalation delle tensioni globali, e nel cambiamento delle alleanze geopolitiche, anche i cambiamenti nelle dinamiche di potere del mercato petrolifero globale, hanno giocato un ruolo cruciale in questo sviluppo, in quanto il mondo si sta muovendo verso fonti di energia alternative.
L’aumento delle energie rinnovabili e del gas naturale, negli ultimi dieci anni ha ridotto costantemente la dipendenza del mondo dal petrolio, anche Paesi ricchi di petrolio come l’Arabia Saudita si sono evoluti. L’Arabia Saudita è sulla buona strada per generare entro il 2030 metà della sua elettricità con fonti rinnovabili e gas naturale. Prevede come parte di un obiettivo più ampio, di piantare 10 miliardi di alberi per raggiungere emissioni nette zero entro il 2060. L’Arabia Saudita per raggiungere questo obiettivo, ha messo in atto più di 80 iniziative del settore pubblico e privato, rappresentano un investimento di oltre 188 miliardi di dollari.
La decisione di andare in questa direzione è stata influenzata anche dall’emergere di nuovi Paesi produttori di petrolio, come il Brasile e il Canada, che hanno sfidato il tradizionale dominio del Medio Oriente.
È stato evidenziato che, sebbene molti analisti abbiano affermato che la minaccia allo status di valuta di riserva del dollaro statunitense (USD) sia esagerata, la maggior parte riconosce che la scadenza dell’accordo sui petrodollari, ha il potenziale a lungo termine di indebolire il dollaro statunitense (USD) e, di conseguenza, i mercati finanziari statunitensi.
L’Arabia Saudita in cambio di petrolio, attualmente accetta ancora i dollari americani, ma alcune delle maggiori economie mondiali stanno cercando di cambiare questa situazione, in particolare la Cina, attivamente da anni cerca di convincere l’Arabia Saudita a accettare lo yuan per l’acquisto di petrolio. L’Arabia Saudita sebbene si sia finora astenuta dal passare all’euro, ha espresso la propria disponibilità all’idea.
È stato evidenziato da fonte vicino alla Russia che quasi l’80% delle vendite globali di petrolio ha un prezzo in dollari. Tuttavia, la Russia, l’Iran, l’Arabia Saudita, la Cina e altri, stanno passando sempre più alle valute locali nel commercio di energia. Wall Street Journal riporta che nel 2023 il 20% del petrolio globale sarà acquistato in altre valute.
L’ammissione dell’Arabia Saudita nel blocco dei BRICS, potenzialmente può influenzare questa decisione, l’Arabia Saudita se decidesse di espandersi al di fuori del dollaro USA, indebolirebbe materialmente il dominio della valuta sul mercato del petrolio e, di conseguenza, il suo posto sulla scena mondiale. È stato evidenziato che un calo della domanda globale del biglietto verde, potrebbe tradursi in un aumento dell’inflazione, dei tassi d’interesse e in un indebolimento del mercato obbligazionario degli Stati Uniti.
Gli economisti internazionali hanno evidenziato che, se gli operatori mondiali riducono significativamente l’utilizzo del dollaro, la capacità degli Stati Uniti di emettere debito in dollari e di guadagnare dollari per le esportazioni diminuirà, e l’economia del Paese si contrarrà.
Le ragioni principali per cui non si è passati al cambio, sono la stabilità e l’accettazione globale del dollaro americano. Sebbene lo status quo del dollaro per il petrolio rimanga al momento in vigore, la scadenza dell’accordo sui petrodollari rappresenta un cambiamento significativo nelle dinamiche di potere globali, e mette in evidenza il cambiamento del panorama energetico e la crescente influenza delle economie emergenti.
Gli Stati Uniti a riprova del fatto che comprendono l’importanza di mantenere una forte relazione con l’Arabia Saudita, si apprende che l’amministrazione Biden è vicina a finalizzare con loro un trattato che impegnerebbe gli Stati Uniti a contribuire alla loro difesa, nell’ambito di un accordo volto a incoraggiare i legami diplomatici tra Arabia Saudita e Israele.
Reuters ha evidenziato:
«Il possibile accordo, ampiamente anticipato da funzionari statunitensi e di altri Paesi per settimane, fa parte di un pacchetto più ampio, includerebbe un accordo di cooperazione sugli utilizzi sicuri e pacifici dell’energia nucleare tra Stati Uniti e Arabia Saudita; passi verso la creazione di uno Stato palestinese; la fine della guerra a Gaza, dove mesi di sforzi per il cessate il fuoco non hanno portato alla pace».
Il trattato, noto come Accordo di Alleanza Strategica (Strategic Alliance Agreement), per essere approvato richiederebbe una maggioranza di due terzi al Senato degli Stati Uniti. Il progetto di trattato secondo funzionari statunitensi e sauditi, similmente è modellato sul patto di sicurezza reciproca di Washington con il Giappone.
Wall Street Journal ha scritto:
«In cambio dell’impegno degli Stati Uniti a difendere l’Arabia Saudita in caso di attacco, il progetto di trattato concederebbe a Washington l’accesso al territorio e allo spazio aereo sauditi per proteggere gli interessi statunitensi e i partner regionali».

Ripercussioni su dollaro statunitense (USD), Bitcoin e Oro
Daniel Krupka, responsabile della ricerca presso Coin Bureau ha affermato:
«La fine dell’accordo petrodollaro USA-Saudita probabilmente avrebbe un effetto minimo sul dollaro statunitense (USD), questo perché l’Arabia Saudita convertirebbe comunque in dollaro statunitense (USD) le valute non statunitensi che riceve per i pagamenti del petrolio. Sebbene una valuta BRICS possa avere un certo livello di adozione, non sarebbe in grado di raggiungere un livello di adozione simile a quello del dollaro statunitense (USD), dell’oro o del Bitcoin senza essere sostenuta da un’economia stabile. Nessuna delle due parti trae vantaggio dalla fine dell’accordo nel breve termine, perché, di fatto, complica solo le situazioni. A lungo termine, potrebbe rendere l’Arabia Saudita meno dipendente dal dollaro statunitense (USD), a seconda di come il Paese utilizzerà i suoi proventi non derivanti dal dollaro».
Daniel Krupka per quanto riguarda il progetto di trattato di difesa ha affermato:
«Può mantenere le relazioni bilaterali a livello strategico, ma non sostituisce direttamente l’aspetto economico dell’accordo sui petrodollari. Il Riyal saudita è ancorato al dollaro USA, ciò significa che l’Arabia Saudita ha bisogno del dollaro USA per sostenere la propria valuta. Tuttavia, la fine dell’accordo potrebbe essere negativa per il dollaro statunitense (USD) nella misura in cui l’Arabia Saudita decidesse di convertire i proventi in valuta non USD in altri asset, come Oro o Bitcoin. Una maggiore diversificazione degli asset sauditi in Oro o Bitcoin potrebbe contribuire a spingere al rialzo i prezzi, anche se ciò dipende dall’entità della diversificazione».
Brian Mahoney, co-fondatore di Acre, ha affermato:
«Il simbolismo della fine dell’accordo sul petrodollaro tra gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita, dal punto di vista economico e geopolitico, segna un cambiamento verso un futuro ulteriormente frammentato. Significa che la valuta mondiale per i principali beni energetici come il petrolio, non è più prezzata solo in dollari, aprendo invece la porta a beni alternativi. Il Bitcoin avrebbe senso come asset da esplorare per l’adozione in futuro, dati i suoi legami con le aziende energetiche attraverso il suo meccanismo di consenso proof of work, e il fatto che è il primo asset nativo digitale per capitalizzazione di mercato in un’economia globale sempre più digitale».
Il presidente russo Vladimir Putin sebbene i dettagli sul futuro di una valuta BRICS siano scarsi, ha dichiarato:
«All’interno dei BRICS stiamo lavorando per dare forma a un sistema di pagamento indipendente, libero da pressioni politiche, abusi e interferenze sanzionatorie esterne».
È stato sottolineato che alcuni hanno suggerito che la valuta dei BRICS potrebbe essere sostenuta da un paniere di materie prime, di cui farebbe parte anche l’oro, con probabili benefici per i prezzi dell’oro.
La maggior parte degli analisti ritiene che ci vorranno anni prima che il dollaro USA perda il suo status di valuta di riserva, ma l’utente Bullion Buzz su X ha sottolineato l’accelerazione della transizione dalle valute occidentali in seguito all’aumento delle tensioni geopolitiche.
Jaime Carrasco, Senior Investment Advisor e Senior Portfolio Manager di Canaccord Genuity Financial, ha dichiarato:
«Ciò che è importante per ogni investitore occidentale è il fatto che il Petrodollaro viene sostituito nelle vendite di petrolio con il contratto Petroyuan convertibile in oro. Sono sicuro che l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti e l’Iran, come la Russia, in sostituzione del dollaro USA saranno lieti di accettare l’oro come regolamento commerciale per il loro petrolio».
Jaime Carrasco in risposta a un post del Gold Telegraph in cui si evidenziava che “l’oro ha superato l’euro nelle riserve internazionali globali”, ha affermato:
«Ottima infografica che pone una domanda: a che prezzo sarà quando supererà il potente dollaro statunitense (USD)? L’Arabia Saudita come annunciato dalla Banca dei regolamenti internazionali, si unirà al sistema di pagamento del progetto mBridge una collaborazione lanciata nel 2021 tra le banche centrali di Cina, Hong Kong, Thailandia ed Emirati Arabi Uniti, lasciando così il sistema dei petrodollari come unico sistema di pagamento per l’energia».
Doctor Profit su X ha affermato:
«L’accordo sul petrodollaro tra gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita termina e non verrà rinnovato. Ciò costringerà gli Stati Uniti a stampare tonnellate di nuovi dollari statunitensi! Il dollaro da questo momento sarà sottoposto a forte pressione, verranno stampati dollari, l’inflazione inizierà a salire. Ciò è favorevole per l’oro, il Bitcoin, le azioni e l’immobiliare. Si tratta di un aumento a lungo termine. Gli effetti di questo cambiamento si vedranno tra 8-12 mesi. Il risultato è un aumento dell’inflazione e dei prezzi di tutto, comprese le azioni, i Bitcoin, gli immobili e l’oro».

Accordo petrodollaro scadutoArabia Saudita petrodollaroArabia Saudita Stati Uniti petrodollaro