La Vitamina B12 può proteggere contro la malattia di Alzheimer

I vermi non si muovono quando hanno il morbo di Alzheimer. Eppure qualcosa nel laboratorio della professoressa Jessica Tanis all’Università del Delaware, ha aiutato i vermi a resistere alla malattia.
Jessica Tanis e il suo team nella ricerca che hanno pubblicato nella rivista Cell Reports, hanno fornito nuovi indizi sul potenziale impatto della dieta sull’Alzheimer, la temuta malattia degenerativa del cervello che affligge più di 6 milioni di americani.
Jessica Tanis e il suo team alcuni anni fa hanno iniziato a studiare i fattori che influenzano l’insorgenza e la progressione della malattia di Alzheimer. Stavano facendo ricerche genetiche con C. elegans, un minuscolo verme che vive nel suolo, un organismo modello molto usato per lo studio della biologia dello sviluppo e dell’apoptosi.
Lo studio ha evidenziato che l’espressione dell’amiloide-beta, una proteina tossica implicata nell’Alzheimer, paralizza i vermi entro 36 ore dal raggiungimento dell’età adulta. È accaduto nel laboratorio di Jessica Tanis, mentre i vermi in una capsula di Petri sono stati resi completamente immobili, i vermi della stessa età nella capsula di Petri adiacente avevano ancora il loro movimento, documentato dagli scienziati come “piegamenti del corpo”.
Jessica Tanis ha detto:
«È stata un’osservazione fatta dalla mia studentessa di master Kirsten Kervin, assistente professore presso il Dipartimento di Scienze Biologiche dell’Università del Delaware. Ha ripetuto l’esperimento più volte con gli stessi risultati. Il nostro team di ricerca dopo anni di studio ha finalmente scoperto un’importante differenza, mentre tutti i vermi sono stati coltivati con una dieta di E. coli, abbiamo scoperto che un ceppo di E. coli aveva livelli più alti di vitamina B12 rispetto all’altro. Sebbene all’epoca il nostro lavoro fosse incentrato sui fattori genetici, ho reindirizzato la ricerca per esaminare questa vitamina e il suo ruolo protettivo».

Imparare dai vermi
C. elegans è un nematode, un verme sottile e trasparente lungo solo un millimetro, che vive nel suolo, dove si nutre di batteri, dagli anni ’70, questo verme è stato visto come un organismo modello, oggetto di numerosi studi perché, rispetto a noi umani, è un sistema molto più semplice per studiare la biologia cellulare e le malattie.
Jessica Tanis ha detto:
«Come esseri umani, abbiamo un’immensa diversità genetica e diete così complesse che rende davvero difficile decifrare come un fattore dietetico sta influenzando l’insorgenza e la progressione dell’Alzheimer. Ecco dove i vermi fanno la differenza, quelli che utilizziamo hanno tutti esattamente lo stesso background genetico, reagiscono all’amiloide-beta come fanno gli umani e possiamo controllare esattamente ciò che mangiano, quindi possiamo davvero arrivare ai meccanismi molecolari al lavoro».
L’accumulo di beta amiloide nel corso degli anni nel cervello degli esseri umani con Alzheimer provoca effetti tossici nelle cellule, con conseguente riduzione dell’energia, frammentazione dei mitocondri, le centrali elettriche delle cellule, e stress ossidativo da un eccesso di radicali liberi.
Jessica Tanis ha affermato:
«La stessa cosa nel giro di poche ore accade in C. elegans. L’amiloide-beta provoca la paralisi nei vermi, ma quando abbiamo dato la vitamina B12 ai vermi che ne erano carenti, la paralisi si è verificata molto più lentamente, il che ci ha immediatamente detto che la B12 era benefica. I vermi con vitamina B12 avevano anche livelli di energia più elevati e uno stress ossidativo inferiore nelle loro cellule».
Il team di ricercatori ha determinato che la vitamina B12 per funzionare si basa su un enzima specifico chiamato metionina, senza la sua presenza la vitamina B12 non ha alcun effetto. Inoltre, l’aggiunta della vitamina alla dieta funzionava solo se gli animali erano carenti di vitamina B12; dare più B12 agli animali con livelli sani non li aiuta in alcun modo. Il team di ricercatori ha anche dimostrato che la vitamina B12 non ha alcun effetto sui livelli di beta amiloide nei vermi.

Jessica Tanis e il suo team
Jessica Tanis riconosce ai suoi studenti il merito del loro duro lavoro e dei loro contributi. Il primo autore dell’articolo di ricerca, Andy Lam, sta perseguendo una doppia laurea all’Università del Delaware: un dottorato in scienze biologiche e un master in amministrazione aziendale. Ha trascorso anni a lavorare sui protocolli di laboratorio fondamentali per lo studio. Ha condotto numerose volte decine e decine di esperimenti e osservazioni documentate durante la notte.
L’obiettivo futuro è automatizzare questi esperimenti utilizzando un sistema ad alto rendimento presso il Bio-Imaging Center dell’Università del Delaware, abbinato a un’analisi di apprendimento profondo per rilevare se i vermi si muovono o no. Ciò consentirebbe al team di esaminare più rapidamente le interazioni tra dieta e genetica.
Jessica Tanis ha detto:
«Abbiamo essenzialmente identificato questo percorso molecolare, stiamo cercando di vedere cos’altro si attiva. La vitamina B12 può essere protettiva per più malattie neurodegenerative come la SLA e il Parkinson? Lo stiamo esaminando».
Jessica Tanis ha dato il giusto merito a Kirsten Kervin, laureata all’Università del Delaware con un master, ora è ricercatrice presso WuXi AppTec a Philadelphia, è stata la sua astuta osservazione su C. elegans che ha messo in moto il progetto.
Jessica Tanis spiega:
«Quell’osservazione iniziale ha aperto un mondo completamente diverso, che è in qualche modo la storia della mia carriera di ricercatrice all’Università del Delaware, sono venuta qua pensando che avrei studiato una cosa ma ora ne sto studiando un’altra, non è stato semplice, ma ha aperto un’area di ricerca completamente nuova che stiamo perseguendo».
Ora quel “noi” che lavoriamo su questo progetto, nel team di ricerca include due studenti laureati, un associato di ricerca post-dottorato, tre studenti universitari, collaborazioni con il Centro di Bio-Imaging e l’apertura di più laboratori all’Università del Delaware.
Jessica Tanis in conclusione ha detto:
«In questo momento, non esiste un trattamento efficace per il morbo di Alzheimer, ci sono alcuni fattori che non puoi modificare: non puoi cambiare il fatto che invecchi e non puoi cambiare una predisposizione genetica al morbo di Alzheimer, ma una cosa che puoi controllare è ciò che mangi, se le persone potessero cambiare la loro dieta per influenzare l’insorgenza della malattia, sarebbe fantastico. È qualcosa che il mio laboratorio è entusiasta di continuare a esplorare”.

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About Pino Silvestri

Pino Silvestri, blogger per diletto, fondatore, autore di Virtualblognews, presente su Facebook e Twitter.
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