La rimozione dell’appendice può ridurre il rischio del morbo di Parkinson

La selezione naturale è spesso intesa come la perpetuazione di tratti utili per la sopravvivenza e l’eradicazione di quelli inutili, l’appendice è una di queste, anche se non è ancora chiaro se abbia qualche beneficio. Ciò che uno studio recente suggerisce è che la sua rimozione ha un chiaro vantaggio nel ridurre la probabilità del morbo di Parkinson.
Lo studio pubblicato su Science Translational Medicine, riporta che la rimozione dell’appendice in particolare, potrebbe ridurre del 20% il rischio di contrarre il morbo di Parkinson: per giungere a questa conclusione, su larga scala sono stati utilizzati i dati medici di un database svedese.
Lo studio ha scoperto che tra 1.144.745 svedesi che non avevano avuto un’appendicectomia, 1.608 aveva il Parkinson, mentre tra i 551.003 che l’avevano avuto, solo 644 avevano il Parkinson.
Lo studio è stato condotto da un team di scienziati del Van Andel Research Institute di Grand Rapids, nel Michigan. La riduzione del rischio per il Parkinson è diventata evidente solo quando l’appendice e l’alfa-sinucleina in essa contenuta sono state rimosse in una fase precoce della vita, anni prima dell’insorgenza della malattia, suggerendo che l’appendice potesse partecipare alla sua insorgenza. È noto da parecchi anni che la proteina alfa-sinucleina malripiegata si accumula nelle cellule nervose (neuroni) malate di Parkinson, formando i tipici corpi di Lewy. Tuttavia, le conseguenze di questi accumuli non erano noti.
La rimozione dell’appendice dopo l’inizio del processo patologico, tuttavia, non ha avuto alcun effetto sulla sua progressione. Lo studio ha anche mostrato che l’appendicectomia può ritardare la progressione della malattia, in media ritardando la diagnosi di 3,6 anni.
L’appendicectomia al contrario, non ha mostrato evidenti benefici nelle persone la cui malattia era correlata a mutazioni genetiche trasmesse dalle loro famiglie, un gruppo che comprende meno del 10% dei casi.
La scoperta getta anche nuova luce su una malattia complessa che ha impegnato i ricercatori per decenni, potrebbe fornire ai medici informazioni su come aiutare a prevenire la malattia nelle persone a rischio più elevato.

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