La chiave dell’anti-invecchiamento risiede nelle nostre ossa

Gérard Karsenty all’inizio degli anni ’90 era un giovane scienziato che cercava di farsi un nome quando si imbatté per la prima volta in una scoperta che avrebbe trasformato la nostra comprensione dell’osso e il ruolo che svolge nel nostro corpo. Era interessato all’osteocalcina, sospettava che avesse un ruolo cruciale nel rimodellamento osseo (il processo attraverso il quale le nostre ossa rimuovono e creano continuamente nuovo tessuto) che ci permette di crescere durante l’infanzia e l’adolescenza, e anche di riprenderci dalle lesioni. Intenzionato a studiare questo aspetto, ha condotto un esperimento di knockout genetico (è una tecnica genetica in cui uno dei geni di un organismo è reso inoperativo), rimuovendo dai topi il gene responsabile dell’osteocalcina. Tuttavia, con suo grande sgomento, i suoi topi mutanti non sembravano avere alcun difetto osseo evidente.
Mathieu Ferron, ex collega di Gérard Karsenty dirige un laboratorio di ricerca che studia la biologia ossea all’IRCM di Montreal, ha detto:
«Inizialmente per Gérard Karsenty è stato un fallimento totale, a quei tempi era super costoso fare modifiche al genoma del topo».
Gérard Karsenty in seguito notò qualcosa di inaspettato: mentre le ossa si erano sviluppate normalmente, i topi sembravano essere notevolmente grassi e cognitivamente compromessi.
Mathieu Ferron ha detto:
«I topi privi di osteocalcina aumentano il glucosio circolante, tendono a essere un po’ stupidi, può sembrare sciocco dirlo, ma non imparano molto bene, sembrano più depressi. Gérard Karsenty e il suo team hanno impiegato un po’ di tempo per capire come una proteina nelle ossa possa influire su queste funzioni, all’inizio erano un po’ sorpresi perché per loro non aveva alcun senso».
Gérard Karsenty dopo 15 anni ha pubblicato il primo di una serie di articoli di riferimento che avrebbero rivoluzionato in generale la nostra prospettiva di conoscenza sulle ossa e lo scheletro considerato principalmente come una struttura meccanica il cui ruolo principale è quello di servire da impalcatura per il resto del corpo, ma le nostre ossa sono organi molto vivi. Ora crediamo che abbiano un ruolo nella regolazione di tutta una serie di processi corporei vitali che vanno dalla memoria, all’appetito, alla salute dei muscoli, alla fertilità, al metabolismo e molti altri.
Thomas Clemens, professore di chirurgia ortopedica allo Johns Hopkins Center for Musculoskeletal Research, ha detto:
«È cambiato il concetto che l’osso sia solo un semplice organo separato da tutto il resto come un tessuto mineralizzato, e che non comunica. Gérard Karsenty ha fatto nascere l’idea che l’osso sia coinvolto nella comunicazione con altri tessuti del corpo, elementi che prima non erano stati realmente compresi o studiati».
Ora sappiamo che le ossa comunicano partecipando a una rete di segnali ad altri organi attraverso la produzione dei loro stessi ormoni, proteine che circolano nel sangue. I topi di Gérard Karsenty alla fine lo hanno portato a capire che l’osteocalcina è in realtà uno di questi ormoni, comprendere i suoi legami con la regolazione di tante di queste funzioni potrebbe avere implicazioni future in termini di interventi di salute pubblica.
Mathieu Ferron spiega:
«L’idea che l’osso potesse produrre un ormone che influisce sul metabolismo o persino sul fegato è stata inizialmente un po’ uno shock, in seguito altri scienziati hanno poi replicato i risultati e hanno persino scoperto nuovi ormoni prodotti dalle ossa. È stato aperto un campo completamente nuovo nella ricerca sulle ossa».

Invertire il declino legato all’età
Inevitabilmente con l’età, tutti noi perdiamo la massa ossea. Le ricerche dimostrano che l’uomo raggiunge il picco di massa ossea a 20 anni, poi è un lento declino che in età avanzata può portare alla fragilità ossea e a malattie come l’osteoporosi.
Le nuove scoperte nell’ultimo decennio hanno suggerito che questa riduzione della massa ossea può anche essere collegata all’indebolimento dei muscoli (definito in termini medici come sarcopenia), così come ai problemi di memoria e cognitivi che molti di noi sperimentano con l’avanzare dell’età. Ciò sembra essere collegato ai livelli di osteocalcina nel sangue, attraverso il suo ruolo di “regolatore principale”, in grado di influenzare nel corpo molti altri processi ormonali. Le persone molto attive tendono ad avere meno declino cognitivo con l’età rispetto alle persone sedentarie.
Gérard Karsenty ha detto:
«L’osteocalcina agisce nel muscolo per aumentare la capacità di produrre ATP, il carburante che ci permette di fare attività fisica e nel cervello di regolare la secrezione della maggior parte dei neurotrasmettitori necessari per avere memoria. I livelli circolanti di osteocalcina diminuiscono negli esseri umani intorno alla mezza età, solitamente il momento in cui queste funzioni fisiologiche, come la memoria e la capacità di fare attività fisica, iniziano a diminuire».
Gérard Karsenty negli ultimi anni ha condotto una serie di esperimenti, nello studio pubblicato nella rivista “Molecular Metabolism, ha dimostrato che attraverso le iniezioni aumentando i livelli di osteocalcina nei topi più anziani è possibile invertire molti di questi disturbi legati all’età. Ha detto:
«L’osteocalcina sembra essere in grado di invertire le manifestazioni dell’invecchiamento nel cervello e nei muscoli. È notevole che quando si somministri l’osteocalcina ai topi anziani, si ripristina la memoria e la capacità di fare movimento ai livelli visti in un topo giovane, potenzialmente lo rende molto interessante dal punto di vista medico».

Mantenere le ossa forti
Gli scienziati hanno anche scoperto che per gli esseri umani, un modo per mantenere naturalmente i livelli di questo ormone nel sangue, anche invecchiando, è attraverso l’attività fisica, elemento che ha un senso intuitivo, dato che è nota da tempo per avere proprietà anti-invecchiamento.
Mathieu Ferron spera che questi risultati possano essere utilizzati per sostenere i messaggi di salute pubblica riguardanti l’importanza di rimanere attivi durante la mezza età e in età avanzata. Ha detto:
«Svolgere regolarmente attività fisica stimola l’osso a produrre più osteocalcina, ciò avrà effetti benefici su muscoli e cervello. Sappiamo da studi epidemiologici che le persone molto attive tendono ad avere meno declino cognitivo con l’età rispetto alle persone sedentarie. Le persone tra qualche tempo per rimanere in buona salute saranno più consapevoli di questo legame, penseranno che la loro salute ossea sia altrettanto importante. Le ricerche in corso in questo campo suggeriscono anche che fare più attività fisica durante l’adolescenza e la prima età adulta può continuare ad avere un effetto protettivo sulle ossa e su altri aspetti della salute molto più avanti nella vita. Penso che questo beneficio potrebbe rafforzare il messaggio che è importante per le persone di essere attivi durante l’adolescenza e la prima età adulta, ciò significa raggiungere una massa ossea di picco più alta, che li proteggerà dai problemi di declino dell’osteocalcina legati all’età».

Utilizzare gli ormoni ossei per sviluppare nuovi farmaci
L’osteocalcina non è però l’unico ormone osseo ad aver attirato l’attenzione degli scienziati. Il gruppo di ricerca di Sundeep Khosla alla Mayo Clinic, ha studiato un ormone chiamato DPP4, è costituito da cellule sugli strati esterni dell’osso, chiamate osteoclasti, sembrano svolgere un ruolo importante nel modo in cui l’osso regola lo zucchero nel sangue.
Sundeep Khosla è particolarmente interessato a questo ormone perché il farmaco Denosumab prescritto clinicamente ai pazienti affetti da osteoporosi per cercare di rallentare il tasso di perdita ossea sembra avere un effetto positivo anche sull’ormone DPP4. Lo studio sui pazienti affetti da osteoporosi che assumono Denosumab pubblicato all’inizio di quest’anno, ha evidenziato che anche chi soffre di diabete ha registrato un miglioramento dei sintomi.
Sundeep Khosla ha detto:
«Ciò dimostra che allo stesso tempo questo farmaco può trattare sia l’osteoporosi sia il diabete. Ora stiamo cercando di dare un seguito a queste osservazioni e di testarlo attraverso uno studio di controllo randomizzato».
L’osteocalcina, con il suo potenziale di prevenire molti aspetti del declino legato all’età, rimane il principale argomento di interesse nella ricerca sulle ossa. Gérard Karsenty considerato che molte persone ignorano le linee guida di salute pubblica per quanto riguarda l’esercizio fisico (la British Heart Foundation nel 2017 ha riferito che circa 20 milioni di adulti nel Regno Unito non sono sufficientemente attivi), sta lavorando su un metodo per aumentare artificialmente i livelli di osteocalcina nel sangue, ha persino depositato un brevetto per il suo utilizzo nel trattamento dei disturbi cognitivi. Ha detto:
«Non è facile, ma quello che speriamo di fare è somministrare l’osteocalcina, magari sviluppando una molecola che la regoli. Stiamo esplorando vari modi per farlo, l’idea sarebbe quella di avere qualcosa che possa essere usato per trattare malattie legate all’età come la sarcopenia e il declino della memoria, questo sarà davvero un vantaggio per gli anziani, ma chiunque abbia un declino della funzione muscolare, a causa di una frattura dell’anca o di un’altra patologia, potrebbe anche trarre beneficio da questo trattamento».
Mathieu Ferron riporta che un tale trattamento sarebbe diverso dai farmaci attuali progettati per migliorare la salute delle ossa nell’osteoporosi, in quanto funzionano solo per bloccare la perdita della massa ossea, mentre un farmaco mirato all’osteocalcina avrebbe lo scopo di ottenere benefici più ampi per la salute attraverso la stimolazione del miglioramento della massa ossea. Tuttavia, ci sono ancora molti ostacoli da superare, ad esempio, è improbabile che la semplice iniezione di una forma di osteocalcina sia sufficiente per ottenere nell’uomo un beneficio terapeutico.
Mathieu Ferron ha detto:
«Trattamenti come questo tendono ad essere più costosi e più difficili, poiché le iniezioni di proteine non hanno un’emivita molto lunga. Il mio laboratorio sta sviluppando una forma stabilizzata di osteocalcina in modo che possa rimanere più a lungo nel corpo, ma la soluzione migliore sarebbe quella di avere una sorta di piccole molecole farmacologiche che potrebbero essere messe in una pillola per colpire il recettore dell’osteocalcina per stimolarne l’attività. È questa l’idea che vedo per il futuro».
Le scoperte dello scienziato Gérard Karsenty hanno portato altri suoi colleghi a riflettere su una domanda più specifica: in che modo le ossa hanno sviluppato la capacità di produrre ormoni come l’osteocalcina? Gérard Karsenty ritiene che la risposta si trovi nel profondo del nostro passato evolutivo. Ha detto:
«Credo che l’evoluzione abbia inventato l’osteocalcina come ormone della sopravvivenza, perché per sfuggire ai predatori, è necessario che le ossa siano in grado di segnalare ai muscoli di correre, ciò è mediato dall’osteocalcina; per sopravvivere, bisogna anche ricordare dove trovare il cibo o dove si trovava un predatore, tali processi di memoria sono regolati dall’osteocalcina. Sempre più spesso pensiamo che l’osteocalcina si sia evoluta come ormone per aiutare gli animali a sfuggire al pericolo».

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