Il Pentagono per contrastare le fabbriche d’abbigliamento cinesi, mette in campo i sarti robot

L’esercito statunitense sta finanziando un progetto per rendere robotiche le macchine per cucire, in grado di confezionare abiti più a buon mercato rispetto ai lavoratori cinesi.

Gli americani non potranno più comprare vestiti con etichetta “made in Cina” se le macchine da cucire robot potranno abbattere i costi del lavoro cinese. Il Pentagono, per trasformare in realtà questo concetto futuristico, ha finanziato con 1,2 milioni dollari la Georgia Tech, una società spin-off.
Le macchine per cucire controllate dal computer, devono – come fanno occhi e mani umane – muovere il tessuto sotto l’ago “punto per punto” e seguire con attenzione le varie fasi del lavoro.
Il successo – secondo il contratto emesso  il 5 giugno 2012 dalla US Defense Advanced Research Projects Agency (DARPA) -, potrebbe portare l’automatizzazione delle fabbriche degli Stati Uniti, per “produrre capi d’abbigliamento con zero manodopera diretta“.
L’idea di realizzare un business redditizio per gli Stati Uniti con il “taglia e cuci“, arriva da Steve Dickerson, fondatore della Georgia Tech, la società che recentemente ha ricevuto da DARPA un finanziamento di 1,2 milioni dollari.
Steve Dickerson, ha maturato l’idea di produrre macchine da cucire robot, dopo aver osservato che gran parte dell’industria del “cucito” è quasi del tutto scomparsa dalla sua città natale in Georgia, e dalla maggior parte delle città degli Stati Uniti.
Gli Stati Uniti importa ogni anno – in gran parte da paesi come la Cina o il Vietnam -, circa cento miliardi di vestiti e oggetti cuciti.
Il successo dell’operazione “taglia e cuci” – secondo i critici -, potrebbe creare grossi problemi per i lavoratori, scalzati dai robot che sempre più nelle industrie manifatturiere, e non solo, continuano a sottrarre il lavoro agli umani. In questo contesto, a subire più danni saranno i lavoratori a basso reddito nei paesi in via di sviluppo; non andrà bene neanche ai lavoratori americani, si ritroveranno a guadagnare di meno. Tuttavia, le imprese statunitensi potrebbero ancora una volta riconquistare una posizione nel settore dell’abbigliamento e una quota di commercio internazionale.
La rivoluzione robotica non si ferma qui. Steve Dickerson, ha anche suggerito che i robot potrebbero far tornare la produzione di smartphone, computer e televisori  negli Stati Uniti – un’idea espressa in una e-mail al National Institute of Standards and Technology nel 2011.

Una rivolta “robotica” potrebbe divampare in aziende come la Foxconn, dove a ritmi frenetici si producono iPhone e iPad della Apple.
La Foxconn, nel corso degli ultimi anni è entrata nell’occhio del ciclone a causa di segnalazioni di cattive condizioni di lavoro, e persino suicidi dei dipendenti.

Il giornalista Rob Schmitz, ha realizzato un video dove mostra le condizioni di vita e di lavoro, insieme al processo di produzione di un iPad. Ha detto:
“L’equivoco che avevo sull’impianto Longhua Foxconn nella città di Shenzhen, era quello di averla sempre  chiamata una ‘fabbrica’ – tecnicamente, lo è. Ma dopo aver varcato i cancelli e andato in giro, capisci subito che è anche una città, qui lavorano 240.000 persone, quasi 50.000 di loro vivono nel campus in camere dormitorio condivise.
C’è una via principale fiancheggiata su entrambi i lati da fast-food, banche, bar, negozi di alimentari, un negozio per foto matrimoniali e una libreria automatizzata.
Per mettere le cose nel giusto binario, posso dire con sicurezza che la città è davvero una “città” e non una prigione“.

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Pino Silvestri, blogger per diletto, fondatore, autore di Virtualblognews, presente su Facebook e Twitter.
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