Il cambiamento climatico sta rallentando le correnti atlantiche, elemento chiave per non alterare i modelli meteorologici europei

Peter T. Spooner ricercatore associato in Paleoceanografia presso l’University College di Londra fa parte del programma di ricerca EU ATLAS Horizon 2020. L’obiettivo generale del programma ATLAS è migliorare la comprensione e la gestione degli ecosistemi nel profondo oceano Atlantico. Ha detto:
«La ricerca condotta insieme ai miei colleghi ha evidenziato che le correnti oceaniche che contribuiscono a riscaldare le coste atlantiche dell’Europa e del Nord America dal 1800 hanno subito un forte rallentamento, sono al punto più debole nel corso degli ultimi 1.600 anni.
L’indebolimento di questo sistema di circolazione oceanica, come abbiamo stabilito in un nuovo studio sulla natura, potrebbe essere iniziato in modo naturale, ma probabilmente proseguirà per l’effetto dei cambiamenti climatici legati alle emissioni di gas serra; questa circolazione è un elemento chiave del sistema climatico terrestre, un rallentamento grave o improvviso potrebbe avere ripercussioni a livello globale, causare l’innalzamento del livello del mare sulla costa orientale degli Stati Uniti, alterare i modelli meteorologici europei o i modelli di pioggia a livello globale e danneggiare la fauna marina.
Sappiamo che alla fine dell’ultima grande Era glaciale, le rapide fluttuazioni della circolazione hanno portato a cambiamenti climatici estremi su scala globale: un esempio esagerato (ma terrificante) di un evento così improvviso è stato rappresentato nel 2004 nel film di grande successo The Day After Tomorrow. Il recente indebolimento che abbiamo riscontrato probabilmente è dovuto al riscaldamento dell’Atlantico settentrionale e all’aggiunta di acqua dolce dovuta all’aumento delle precipitazioni e allo scioglimento dei ghiacci. E’ stato previsto molte volte, ma, fino ad ora, quanto indebolimento si sia già verificato è rimasto in gran parte un mistero. La portata dei cambiamenti che abbiamo scoperto è una sorpresa per molti, me compreso, indica cambiamenti significativi per il futuro».
Il sistema di circolazione in questione è noto come Atlantic Meridional Overturning Circulation (AMOC). L’AMOC è come un gigantesco nastro trasportatore d’acqua, trasporta l’acqua calda e salata verso il Nord Atlantico, dove fa molto freddo e affonda. L’acqua una volta nell’oceano profondo scorre verso sud e poi in tutto il mondo: questo nastro trasportatore è uno dei più importanti trasportatori di calore nel sistema climatico, comprende la corrente del Golfo, nota per mantenere calda l’Europa occidentale.
I modelli climatici hanno costantemente previsto che l’AMOC rallenterà a causa del riscaldamento dei gas serra e dei relativi cambiamenti nel ciclo dell’acqua. Gli scienziati a causa di queste previsioni e della possibilità d’improvvisi cambiamenti climatici, hanno monitorato l’AMOC dal 2004 con strumenti collocati nell’Atlantico in luoghi chiave. In effetti, per testare realmente le previsioni del modello e capire come il cambiamento climatico sta influenzando il trasportatore, abbiamo avuto bisogno di registrazioni molto più lunghe.

Alla ricerca di modelli
Per creare questi modelli, il nostro gruppo di ricerca, guidato dal dott. David Thornalley dell’University College di Londra, ha utilizzato l’idea che un cambiamento nell’AMOC ha un modello unico d’impatto sull’oceano: quando l’AMOC s’indebolisce, l’Atlantico nord-orientale si raffredda e alcune zone dell’Atlantico occidentale si riscaldano. Possiamo cercare questo modello nelle registrazioni passate della temperatura dell’oceano per tracciare com’era la circolazione in passato.
Un altro studio pubblicato sullo stesso numero di Nature, condotto da ricercatori dell’Università di Potsdam in Germania, ha usato le osservazioni storiche della temperatura per verificare l’impronta digitale. Hanno scoperto che l’AMOC dal 1950 si era ridotto di circa il 15%, evidenziando come causa primaria il ruolo delle emissioni di gas serra prodotte dall’uomo.
Nel nostro documento, che fa parte anche del progetto ATLAS dell’EU, abbiamo trovato la stessa impronta digitale, per risalire molto più avanti nel tempo invece di utilizzare le osservazioni storiche, abbiamo utilizzato la nostra esperienza nella ricerca sul clima del passato. Lo abbiamo fatto combinando i dati noti dei resti di piccole creature marine trovate nel fango dei mari profondi. La temperatura può essere calcolata osservando le quantità di diverse specie e le composizioni chimiche dei loro scheletri.
Siamo anche stati in grado di misurare direttamente le velocità delle correnti oceaniche profonde del passato osservando lo stesso fango: grumi di fango più grandi implicano correnti più rapide, mentre grumi più piccoli significano che le correnti erano più deboli. Entrambe le tecniche indicano un indebolimento dell’AMOC dal 1850, sempre di circa il 15-20 per cento. E’ importante notare che l’indebolimento moderno è molto diverso da tutto ciò che si è visto negli ultimi 1.600 anni, indica una combinazione di fattori naturali e umani.
La differenza di tempo tra l’inizio dell’indebolimento dell’AMOC nei due studi richiederà maggiore attenzione scientifica, nonostante questa differenza, entrambi i nuovi studi sollevano importanti questioni in merito alla possibilità che i modelli climatici simulino i cambiamenti storici della circolazione oceanica e alla necessità di rivedere alcune delle nostre future proiezioni.
Tuttavia, ogni lunga registrazione aggiuntiva rende più facile valutare quanto bene i modelli simulano questo elemento chiave del sistema climatico. Infatti, la valutazione dei modelli rispetto a questi lunghi dati può essere un passo cruciale per sperare di prevedere con precisione i possibili eventi estremi dell’AMOC e il loro impatto sul clima».

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