I personaggi della panchina di Eugene Kotenko, ricorda Come vi piace di Shakespeare (foto)

Fotografare la gente sulle panchine non è una novità nel campo della fotografia, i fotografi di solito catturano le immagini di svariate persone sedute su panchine differenti.
Eugene Kotenko, fotografo ucraino, ha fatto qualcosa di diverso, per quattro anni ha documentato la vita che si è svolta attorno all’unica panchina del parco di fronte alla sua casa.
La serie fotografica mostra il trascorrere del tempo con i ritratti dei personaggi che sono passati (clicca l’immagine per vedere tutte le foto).


Vediamo la panchina in varie stagioni, in vari stati di degrado, dipinta con colori diversi.
Vediamo il tempo libero, l’attesa, l’amore, il mangiare, il bere, il dormire.
La panchina diventa un teatro in miniatura, dove personaggi sconosciuti offrono momenti della loro vita personale.
La Panchina e i suoi personaggi, ricorda uno dei soliloqui più famosi e citati di Shakespeare:
«Tutto il mondo è un palcoscenico. E tutti gli uomini e tutte le donne non sono che attori, con le loro entrate, le loro uscite… E ciascuno nella vita recita varie parti, i suoi atti essendo sette età.
Prima il bambino, che vagisce e sbava in braccio alla nutrice.
Poi il piagnucolante scolaro, con la sua cartella, il viso fresco e mattutino, che striscia con passo di lumaca verso la deprecata scuola.
Poi l’innamorato, sospiroso come una fornace con la sua melanconica ballata a gloria delle ciglia della sua bella.
Poi il soldato, facile alla bestemmia straniera e baffuto come un leopardo, puntiglioso sull’onore, pronto e violento alla lite, sempre in cerca di una gloria vana fin sulla bocca del cannone.
Poi il giudice, con la sua rotonda pancia sazia di un buon cappone, sguardo severo, barba ben tagliata, pieno di sagge massime e di luoghi comuni, e così recita la sua parte.
La sesta età lo muta nel magro e squallido Pantalone, con le sue pantofole, gli occhiali sul naso e la borsa al fianco; e le calze della gioventù, ben conservate, sono troppo larghe per le sue gambe ischeletrite, e la sua voce, un tempo robusta, ora sibila e geme.
La scena finale, l’ultima di questa strana e avventurosa storia è la seconda infanzia e il totale oblio, senza più denti, senza vista, senza gusto, senza più niente».
Queste parole, che Shakespeare mette in bocca al triste poeta della vita Jaques in Come vi piace, hanno un risvolto importante sulla concezione della recitazione. Se il teatro è specchio del mondo e l’attore specchio dell’uomo, è proprio la recitazione lo strumento principale attraverso il quale lo spettatore può riconoscere nell’attore una immagine ‘vera’ di se stesso.

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