I neuroscienziati hanno registrato il viaggio fugace di un pensiero attraverso il cervello umano (Video)

I neuroscienziati dell’Università della California, Berkley, hanno monitorato il progresso di un pensiero attraverso il cervello, mostrando chiaramente come la corteccia prefrontale nella parte anteriore del cervello coordini l’attività per aiutarci ad agire in risposta a una percezione.
Registrando l’attività elettrica dei neuroni direttamente dalla superficie del cervello, gli scienziati hanno scoperto che per un compito semplice, come ripetere una parola presentata visivamente o acusticamente, le cortecce visive e uditive hanno reagito per prime a percepire la parola. La corteccia prefrontale è quindi intervenuta per interpretare il significato, seguita dall’attivazione della corteccia motoria in preparazione per una risposta. La corteccia prefrontale durante il mezzo secondo tra lo stimolo e la risposta, è rimasta attiva per coordinare tutte le altre aree cerebrali.
Avgusta Shestyuk, ricercatrice senior presso l’Helen Wills Neuroscience Institute dell’Università della California, Berkley e autrice principale dello studio che riporta i risultati nella rivista Nature Human Behaviour, ha messo a disposizioni i due video sottostanti.
La ricerca è stata condotta insieme al primo autore Matar Haller, che ha ottenuto il suo dottorato di ricerca in neuroscienze all’Università della California, Berkleye ora è ricercatore presso SparkBeyond in Israele; l’ex studente universitario dell’Università della California, Berkley John Case; il neurologo ed epilettologo Nathan Crone della Johns Hopkins Univeristy; il neurochirurgo Eddie Chang della UCSF; gli epilettologi David King-Stephens, Kenneth Laxer e Peter Weber del CPMC e dell’epilettologo Josef Parvizi di Stanford.

Il cervello per un semplice compito di ripetizione di parole, ha ricevuto (giallo), interpretato (rosso) e ha risposto (blu) entro un secondo, durante il quale la corteccia prefrontale (rossa) ha coordinato tutte le aree del cervello coinvolte (vedi video 1).

Il cervello per un compito particolarmente difficile, come determinare il contrario di una parola, ha impiegato diversi secondi per rispondere, durante i quali la corteccia prefrontale ha reclutato altre aree del cervello, comprese presumibilmente reti di memoria non effettivamente visibili. La corteccia prefrontale solo allora è passata alla corteccia motoria per generare una risposta vocale. Più veloce è il trasferimento del cervello, più velocemente le persone hanno risposto.
È interessante notare che i ricercatori hanno scoperto che il cervello ha iniziato a preparare le aree motorie per rispondere molto presto, durante la presentazione iniziale dello stimolo, suggerendo che ci prepariamo a rispondere anche prima di sapere quale sarà la risposta.
Avgusta Shestyuk ha detto: «Questo potrebbe spiegare perché le persone a volte dicono le cose prima di pensare».

Il cervello delle persone per un compito più difficile, come pronunciare una parola che è l’opposto di un’altra parola, ha richiesto 2-3 secondi per rilevare (giallo), interpretare e cercare una risposta (rosso) e rispondere (blu), con sostenuta attività del lobo prefrontale (rosso) per coordinare tutte le aree del cervello coinvolte (vedi video 2).

I risultati, compreso il ruolo chiave svolto dalla corteccia prefrontale nel coordinare tutte le regioni attivate del cervello, sono in linea con ciò che i neuroscienziati hanno messo insieme negli ultimi decenni da studi su scimmie e esseri umani.
Robert Knight, professore di psicologia e neuroscienze all’Università della California, Berkley, e professore di neurologia e neurochirurgia presso l’UCSF, coautore della ricerca, ha detto:
«Questi studi molto selettivi hanno scoperto che la corteccia frontale è l’orchestratore, collegando le cose insieme per un risultato finale. Abbiamo condotto otto diversi esperimenti, visivi e altri uditivi, alcuni pazienti dovevano parlare, altri dovevano premere un pulsante, tutti hanno trovato una firma universale di attività centrata nel lobo prefrontale che collega la percezione e azione. È il collante della cognizione».
È stato evidenziato che mentre altri neuroscienziati hanno utilizzato la risonanza magnetica funzionale (fMRI) e l’elettroencefelografia (EEG) per registrare l’attività nel cervello pensante, gli scienziati dell’Università della California, Berkley, hanno impiegato una tecnica molto più precisa, l’elettrocorticografia (ECoG), che registra da diverse centinaia di elettrodi posizionati sulla superficie del cervello e rileva l’attività nella sottile regione esterna, la corteccia, dove si verifica il pensiero. L’ECoG fornisce una migliore risoluzione temporale rispetto alla fMRI e una migliore risoluzione spaziale rispetto all’EEG, ma richiede l’accesso ai pazienti con epilessia sottoposti a chirurgia altamente invasiva che comporta l’apertura del cranio per individuare la posizione delle convulsioni.

Indizi da pazienti con epilessia
L’attuale studio ha impiegato 16 pazienti con epilessia che hanno accettato di partecipare a esperimenti durante un intervento chirurgico per l’epilessia presso l’UC San Francisco e il California Pacific Medical Center di San Francisco, la Stanford University di Palo Alto e la Johns Hopkins University di Baltimora.
Avgusta Shestyuk ha registrato il suo primo paziente dieci anni fa, ha detto:
«Questo è il primo passo per osservare come le persone pensano e come prendono decisioni diverse, fondamentalmente come si comportano le persone. Stiamo cercando di guardare a quella piccola finestra di tempo tra il momento in cui le cose accadono nell’ambiente e il nostro comportamento in risposta ad esso».
Avgusta Shestyuk e i suoi colleghi una volta che gli elettrodi sono stati posizionati sul cervello di ogni paziente, hanno condotto una serie di otto compiti che includevano stimoli visivi e uditivi. I compiti andavano da semplici, come ripetere una parola o identificare il genere di un viso o di una voce, a complessi, come determinare un’emozione facciale, pronunciare il contrario di una parola o valutare se un aggettivo descrive la personalità del paziente.
Il cervello durante questi compiti ha mostrato quattro diversi tipi di attività neurale. Inizialmente, le aree sensoriali della corteccia uditiva e visiva si attivano per elaborare segnali acustici o visivi. Le aree principalmente nelle cortecce sensoriali e prefrontali successivamente intervengono per estrarre il significato dello stimolo. La corteccia prefrontale è continuamente attiva durante questi processi, coordinando gli input da diverse aree del cervello. Infine, la corteccia prefrontale si abbassa mentre la corteccia motoria si attiva per generare una risposta vocale o un’azione, come quella di premere un pulsante.
Avgusta Shestyuk ha affermato:
«Questa attività persistente, vista principalmente nella corteccia prefrontale, è un’attività multitasking. Gli studi fMRI spesso scoprono che quando un compito diventa progressivamente più difficile, vediamo più attività nel cervello, e in particolare la corteccia prefrontale. Siamo stati in grado di vedere che questo non è dovuto al fatto che i neuroni stanno davvero lavorando duramente e si attivano tutto il tempo, ma piuttosto vengono reclutate più aree della corteccia».
Robert Knight, in conclusione ha detto: «L’attività sostenuta nella corteccia prefrontale è ciò che guida una percezione in un’azione».
Il lavoro è stato sostenuto dalla National Science Foundation, dal National Institute of Mental Health (F32MH75317) e dal National Institute of Neurological Disorders and Stroke (R37NS21135).

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About Pino Silvestri

Pino Silvestri, blogger per diletto, fondatore, autore di Virtualblognews, presente su Facebook e Twitter.
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