I conti in rosso della Roma fortemente condizionati da cinque anni di plusvalenze, per risanare sarà costretta a vendere i migliori

In buona sostanza, i quattro anni di gestione americana hanno portato ad un peggioramento di tutti gli indicatori economici che potevano essere controllati dal management: sponsorizzazioni, merchandising, proventi pubblicitari, monte ingaggi, ammortamenti, margine operativo, risultato d’esercizio, indebitamento e patrimonio netto. Insomma: tutto.

Il grafico seguente vale più di mille parole e mostra anche visivamente quale sia stato il trend di questi quattro anni.

Gli unici incrementi si sono avuti nei ricavi da botteghino e nei diritti televisivi: due voci sulle quali la gestione aziendale non ha però alcuna influenza. Rimane, infine, la voce “Altri proventi”, cioè cose come “proventi collettivi di competenza di A.S. Roma, riconosciuti dalla LNP Serie A, per attività commerciali diverse dalla commercializzazione dei diritti audiovisivi”; “sopravvenienze attive, per attività svolte in esercizi passati”; “indennizzi assicurativi relativi ad infortuni occorsi a tesserati”; “altri proventi diversi”. Ossia, niente su cui si possa contare davvero. E, di nuovo, niente che possa essere ricondotto alle scelte della dirigenza.

Il mancato incremento dei ricavi ordinari ha come conseguenza l’impossibilità di mantenere questo livello di costi nel medio periodo. Continuare su questa strada, con una gestione ordinaria che prosciuga la liquidità aziendale ed un elevato indebitamento, porterà inevitabilmente ad una crisi di liquidità, con l’impossibilità di onorare gli impegni assunti con dipendenti e fornitori. A quel punto, sarà necessario un cospicuo aumento di capitale per evitare il fallimento. L’altra via è un drastico taglio dei costi, ma, vista anche la campagna acquisti di quest’anno, non sembra essere questa la direzione intrapresa da Sabatini e Pallotta.

E c’è di peggio.

Come dicevo prima, a fronte di un incremento strutturale nei costi, l’incremento dei ricavi è invece basato su fonti precarie, incerte nell’an e nel quantum: 52,2 ml di euro sono relativi alla partecipazione alla Champions League e 27,7 ml sono ricavati dalla gestione calciatori (per ottenere questo importo, tra l’altro, sono state necessarie cessioni che portassero ben 38,5 ml di plusvalenze).

Supponiamo che la squadra incappi in un’annata sfortunata e non si qualifichi alla Champions League. Potrebbe succedere: non è un evento così improbabile.

In un sol colpo verrebbero meno 50 ml aggiuntivi di diritti televisivi; l’annata negativa svaluterebbe il parco giocatori, rendendo probabilmente difficile replicare quell’ammontare di plusvalenze e, senza Champions, calerebbe anche l’importo ricavato dalla biglietteria. Verrebbero così a mancare almeno 60/70 ml. La riduzione dei ricavi a 150 ml, a fronte di costi pari a 250 ml, con una gestione che già adesso, in condizioni massimamente favorevoli, ha prodotto una perdita di circa 30 ml, avrebbe effetti devastanti.

Normalmente, un’azienda che sperimenta una temporanea diminuzione dei ricavi, fa ricorso all’indebitamento per garantire la continuità aziendale. La AS Roma però è già pesantemente indebitata e presenta un patrimonio netto profondamente negativo: non si vede come possa accedere ad ulteriore credito. A quel punto, rimarrebbero poche cose da fare: la vendita massiccia dei calciatori più importanti; l’ennesimo aumento di capitale; portare i libri in tribunale. Una, due o tutte e tre le cose.

Le speranze, a quanto mi dicono, sono riposte nello stadio.

Premesso che non riesco ad immaginare come una società con quel mix di conto economico/stato patrimoniale/indebitamento possa dapprima reperire i finanziamenti e poi sostenerne i costi (va bene, qualcun altro progetta lo stadio – e tutto quello che ci sta intorno -, ci mette i soldi, lo costruisce in nome e per conto della AS Roma, e poi? Dopo aver sostenuto tutti gli oneri, gira tutti i ricavi alla Roma? E chi sarebbe questo benefattore? Pallotta?), resta comunque il fatto che perfino un incremento netto dei ricavi da biglietteria pari a 30 ml (vorrebbe dire incassare come minimo 80/90 ml dallo stadio!), con questo livello di costi, farebbe fatica a riportare in equilibrio la gestione. Inoltre, la costruzione di uno stadio ha tempi lunghi, del tutto incompatibili con l’attuale situazione economico finanziaria della Roma.

Di questo passo, se la dirigenza non porta nuovi e ricchi sponsor e non si organizza per incrementare cospicuamente il merchandising, la società AS Roma finirà inevitabilmente per schiantarsi, sia a livello economico che sportivo.

Anche un aumento di capitale non risolverebbe il problema (potrebbe, però, posticiparlo): se la gestione non è in equilibrio, è solo questione di tempo perché i soldi finiscano nuovamente.

Nel frattempo, credo che qualche domanda sulle intenzioni di questa dirigenza, che sta depauperando anno dopo anno il patrimonio economico della Roma, sia lecito porsela. (leggi tutto su Tifoso Bilanciato).

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Pino Silvestri, blogger per diletto, fondatore, autore di Virtualblognews, presente su Facebook e Twitter.
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