Esperimento su larga scala ha utilizzato la pipì umana per fertilizzare le colture. Ecco che cosa è successo

Fare la pipì sulle piante al giorno d’oggi può essere considerato un metodo di giardinaggio volgare e stravagante, nonostante la pratica si sia dimostrata benefica per migliaia di anni, ma la nostra moderna schizzinosità ha fatto sì che i giardinieri e gli agricoltori debbano ricorrere a costosi fertilizzanti per fornire alle loro colture i tanto necessari nutrienti che si trovano liberi nella nostra pipì. Molti agricoltori, come quelli delle regioni più remote della Repubblica del Niger, devono fare i conti con l’esaurimento delle sostanze nutritive del suolo, oltre che con le condizioni climatiche più rigide, e fanno fatica a coltivare e produrre.
Hannatou Moussa ricercatore dell’Istituto nazionale di ricerca agricola del Niger, insieme al suo team ha quindi cercato di resuscitare questa antica pratica, utilizzata in alcune zone dell’Asia, di usare la pipì come fertilizzante, naturalmente con qualche tocco di modernità, come la sanificazione per garantire la sicurezza di tutti.
Le donne in queste terre aspre dell’Africa subsahariana, contribuiscono alla produzione alimentare con una quota di manodopera superiore a quella degli uomini, ma non hanno il controllo della terra o delle risorse, né un facile accesso alle informazioni. Spesso queste donne si ritrovano con i campi più poveri di sostanze nutritive su cui coltivare un cereale base della regione, il miglio perlato (Cenchrus americanus).
Le donne per iniziare a coltivare in modo naturale, al prodotto fertilizzante hanno dato il nome di Oga, che in lingua Igbo significa “il capo”, tale scelta è stata adottata per aiutare a superare le barriere sociali, religiose e culturali che impediscono di aprire discussioni sull’uso dell’urina umana. I volontari dopo aver ricevuto una formazione su come usare l’Olga in modo sicuro, sono stati divisi in due gruppi: il primo ha continuato a utilizzare i loro metodi agricoli tradizionali, mentre il secondo gruppo, ai loro appezzamenti sperimentali, ha applicato l’Oga, con e senza letame animale.
La produzione di fertilizzanti industriali di solito comporta l’estrazione intensiva di minerali contenenti fosforo e potassio. La combustione di gas naturale ad alte temperature sequestra il tanto necessario azoto dall’aria che respiriamo, in una delle reazioni chimiche di produzione a più alta intensità di CO₂. Le piante, tra l’altro, per la fotosintesi utilizzano tutti e tre questi elementi. Eppure la nostra urina è piena di fosforo, potassio e azoto già in forma facilmente accessibile. Inoltre, rispetto alla nostra cacca, la pipì è relativamente sterile quando lascia il nostro corpo grazie all’ammoniaca che contiene. La sola conservazione passiva dei contenitori per 2 o 3 mesi a temperature comprese tra 22 e 24 °C  è sufficiente a distruggere gli agenti patogeni residui che possono resistere a lungo nel liquido acido.
Le donne sono state istruite su questo processo di sanificazione e per l’uso su come diluire l’Oga risultante. L’hanno applicato per i primi anni in combinazione con il concime organico e, una volta ottenuto il successo, hanno deciso di provare l’Oga da solo. Coloro che hanno utilizzato l’Olga in tre anni (dal 2014 al 2016) e in 681 sperimentazioni, hanno registrato un aumento medio del 30% della resa del miglio perlato. La differenza era così evidente che molte altre donne della zona hanno iniziato a usare l’Oga.
Il team di ricercatori nella ricerca pubblicata nella rivista Agronomy for Sustainable Development, hanno detto:
«Oga è un’opzione di fertilizzante a basso rischio e a basso input finanziario, pronta per essere diffusa nei siti sabbiosi della Sahelia con un basso livello di resa del miglio perlato».
I ricercatori hanno detto che in pratica se utilizzassimo questo prodotto anche nei paesi industrializzati, non solo potremmo aumentare la resa delle colture e ridurre le risorse ad alta intensità di combustibili fossili necessarie per la loro coltivazione, ma potremmo anche rendere più sostenibili i nostri sistemi igienico-sanitari. Hanno evidenziato che anche alcuni gruppi in Svezia, Stati Uniti e Australia stanno studiando l’uso di fertilizzanti a base di urina.
Cara Beal, ricercatrice in materia di salute ambientale della Griffith University, all’inizio di quest’anno, parlando di possibili sperimentazioni australiane con l’Australian Broadcasting Corporation (la principale società pubblica di diffusione radiotelevisiva australiana, interamente finanziata dal Governo Federale) ha dichiarato:
«Milioni e milioni di dollari all’anno vengono spesi per cercare di trattare i nostri rifiuti prima che l’acqua raggiunga standard accettabili di azoto e fosforo, del fosforo, ma se riusciamo a chiudere quel ciclo di nutrienti, avrebbe molto senso in termini di sostenibilità, economia circolare e una migliore cura del nostro pianeta».
È stato sottolineato che in Niger dopo due anni di sperimentazione, più di mille donne contadine per fertilizzare i loro raccolti, hanno iniziato a utilizzare l’Oga.

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