Esperimento ospedaliero rivela quanto velocemente il coronavirus può diffondersi nei reparti

Il coronavirus Covid-19 da quello che finora sappiamo è più comunemente diffuso da persona a persona, ma se c’è qualcosa che la pandemia ci ha insegnato, è quello di prestare molta attenzione alla potenziale trasmissione da superfici e altri oggetti.
I microbiologi dell’University College di Londra (UCL) hanno scoperto che anche nelle sale ospedaliere progettate per contenere i rischi del coronavirus Covid-19, i virus possono essere facilmente trasferiti in altre aree. La ricerca è stata pubblicata nella rivista The Journal of Hospital Infection.
La sindrome respiratoria acuta grave coronavirus-2 (SARS-CoV-2), indicata come coronavirus Covid-19 responsabile dell’attuale pandemia, si diffonde per trasmissione di goccioline e non si pensa che si diffonda per via aerea; negli ambienti interni, c’è una crescente preoccupazione su come il virus possa circolare all’interno di uno spazio. Il Regno Unito a causa della trasmissione delle goccioline, per limitare il contagio ha stabilito una distanza di 2 metri.
La trasmissione delle goccioline nell’aria mentre deve essere considerata, ed è un elemento fondamentale per la sicurezza degli operatori sanitari che interagiscono con i pazienti, è anche importante considerare il ruolo delle superfici. La guida attuale afferma che la pulizia delle superfici dovrebbe essere effettuata per almeno 20 minuti dopo una procedura di generazione di aerosol (AGP) su un paziente coronavirus Covid-19 positivo; tuttavia, ci sono poche indicazioni sulla pulizia generale delle superfici in altri contesti. Il coronavirus Covid-19 rimane attivo fino a 72 ore su superfici in plastica e acciaio e fino a 8 ore su superfici in rame e cartone. La non efficace pulizia della superficie, può rappresentare un rischio importante per la trasmissione mediata dalla superficie.
Ora più che mai, nel Regno Unito il Punto 5 dei “Cinque momenti per l’igiene delle mani” (l’igiene delle mani dopo il contatto con le superfici circostanti) deve essere seguito, ciò è vitale nelle aree cliniche e anche in ambienti non clinici a causa del trasporto asintomatico negli adulti.
I ricercatori per determinare come il coronavirus Covid-19 si sarebbe diffuso sulla superficie all’interno di un ambiente clinico, hanno utilizzato un surrogato oligonucleotidico del DNA per il liquido corporeo contaminato basato sul virus del mosaico del cavolfiore (AB863139.1). Il lunedì mattina 100 microlitri contenenti 1,15E+09 copie di oligonucleotide sono stati inoculati su una ringhiera del letto all’interno di una stanza di isolamento in un reparto pediatrico.
I campioni sono stati prelevati dalle superfici del reparto quella sera e le quattro sere successive per valutare la dispersione. I tamponi sono stati trasferiti in acqua di grado molecolare e trattati con reazione a catena della polimerasi quantitativa (efficienza= 103%, R2= 0,99).
Ogni giorno in totale sono stati prelevati 44 campioni: 20 dall’ambiente dell’immediata zona notte, 8 dall’ambiente più ampio (ad es. maniglie delle porte dei reparti), 7 dalle aree cliniche (ad es. altezza e sala pesi) e 9 dalle aree del reparto generale (ad es. reception). Il surrogato è stato prontamente rimosso con il lavaggio a mano aderendo alla linea guida “Cinque momenti per l’igiene delle mani”. È stato dimostrato che una singola salvietta disinfettante imbevuta di alcol (Clinell Universal o PDI alcohol wipe) ha permesso di rimuovere il 98,88-99,84% del surrogato asciugato su una superficie. I campioni non sono stati prelevati dal sito di inoculazione originale per evitare la rimozione del materiale di inoculazione.
I risultati hanno mostrato che entro 10 ore, il surrogato si è spostato dalla stanza di isolamento e si è trasferito al 41% di tutte le superfici campionate all’interno del reparto, con un picco del 52% il terzo giorno (vedi Figura 1), nello specifico:

– barre blu chiaro (spazio letto immediato);
– barre blu scure (spazio letto più ampio);
– barre arancioni (aree cliniche);
– barre grigie (reparto generale);
– linea verde (percentuale complessiva positiva).
Il DNA surrogato ha persistito per tutto il periodo di campionamento.

È chiaro che quando si considerano i siti postivi in relazione alla distanza dal sito di inoculazione iniziale e dall’area campionata, entrambi questi fattori svolgono un ruolo. La maggior parte dei siti positivi sono stati recuperati dalle superfici vicino alla stanza di isolamento. L’ambiente dell’immediato spazio letto e le aree cliniche avevano, nel complesso, i siti più positivi, raggiungendo picchi rispettivamente del 60% e dell’86%. La maggior parte dei siti positivi è stata individuata dalle ringhiere dei letti, classificate come sito per lo spazio letto immediato, all’interno di una vicina stanza a quattro letti, evidenziando il rischio per gli altri pazienti.
Il risultato di questo studio mostra l’importanza della trasmissione mediata in superficie, soprattutto alla luce dell’attuale epidemia. Il quinto giorno il DNA surrogato persisteva sulle superfici, con il 41% di siti positivi, il che implica una combinazione di scarsa pulizia, movimento dei pazienti, assistenti che non aderiscono alla linea guida “Cinque Momenti” e potenziale re-inoculazione del DNA surrogato in seguito al movimento del paziente tra la stanza di isolamento e le aree cliniche. La localizzazione del DNA surrogato al di fuori della stanza di isolamento evidenzia quanto facilmente le superfici svolgano un ruolo nella trasmissione di agenti infettivi, anche da stanze progettate per contenere i rischi del coronavirus Covid-19.
Il DNA surrogato è stato inoculato una sola volta in un unico sito, mentre i reali pazienti infettati dal coronavirus Covid-19 potenzialmente possono infettare attraverso il contatto con le superfici e la tosse. Gli operatori sanitari non possono impedire la diffusione del virus durante la generazione di aerosol (AGP) e il contatto con i pazienti infetti a meno che non venga eseguita un’igiene rigorosa delle mani, un’attenta vestizione e rimozione dei dispositivi di protezione individuale (DPI) e una coerente pulizia.
La carica virale dell’espettorato è stata ampiamente studiata, può arrivare a 108 copie virali in 1 ml di espettorato, tuttavia, non sono disponibili dati sulla potenziale carica virale sulle mani dopo il contatto con il paziente o il contatto con le superfici. Lo studio anche se non fa confronti tra il numero di siti positivi e il numero di copie necessarie per la dose infettiva, la rapida e consistente diffusione del DNA surrogato ha indicato importanti implicazioni per il controllo dell’infezione.
La stanza di isolamento in cui è stata inoculata la ringhiera del letto essendo un’area ad alto rischio, aveva un regime di pulizia diverso da quello del resto del reparto, tuttavia, la sua ampia diffusione indica un fallimento della pulizia. Il surrogato poiché è rimosso facilmente con una buona igiene delle mani, anche questo indica un fallimento nell’igiene delle mani.
È importante considerare tutti i metodi di trasmissione, compreso il rischio derivante dalle superfici: la prima linea di difesa per prevenire la diffusione del coronavirus Covid-19, e di altri potenziali agenti patogeni, è una pulizia efficace. Il coronavirus Covid-19 è un virus avvolto, come tale, è molto suscettibile alla maggior parte degli agenti pulenti, che distrugge l’involucro e disattiva il virus. Lo studio evidenzia il ruolo delle superfici come serbatoio di agenti patogeni e la necessità di affrontare i requisiti per la pulizia delle superfici.

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Pino Silvestri, blogger per diletto, fondatore, autore di Virtualblognews, presente su Facebook e Twitter.
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