Ecco il drone scientifico per monitorare e prevedere l’eruzione di un vulcano

I vulcani principalmente rilasciano gas sotto forma di vapore acqueo, anidride carbonica e anidride solforosa. Lo studio di questi gas è un metodo importante per ottenere informazioni sui sistemi vulcanici e acquisire conoscenze uniche sui processi magmatici, ad esempio, il rapporto tra anidride carbonica e anidride solforosa può fornire indizi sulle imminenti eruzioni.
I droni vengono utilizzati per portare i sistemi di misurazione direttamente sulla scena, ma a causa delle loro dimensioni, finora dovevano essere trasportati sul luogo di utilizzo con costi elevati. Il team di ricerca della Johannes Gutenberg University Mainz (JGU), guidato da Thorsten Hoffmann ha ora testato un piccolo drone di misurazione trasportabile in regioni remote. Lo studio è stato pubblicato nella rivista Scientific Reports.

Il degassamento aiuta a prevedere le eruzioni vulcaniche
Vapore acqueo, anidride carbonica e anidride solforosa sono i principali componenti del gas vulcanico, questi rilasci di gas sono tra i pochi segnali chimici che forniscono la prova dei processi che si verificano nell’inaccessibile interno dei sistemi magmatici della Terra. Già da tempo si pensava che il fuggitivo degassamento potesse svolgere un ruolo centrale nel migliorare la previsione delle eruzioni vulcaniche.
Il rapporto tra la concentrazione di anidride carbonica e anidride solforosa nei gas rilasciati è un parametro particolarmente promettente quando si tratta di monitorare i cambiamenti dell’attività vulcanica, infatti, un cambiamento di questo rapporto è stato osservato in diversi vulcani appena prima delle eruzioni, tra cui l’Etna.
Il lato pratico della compilazione di una serie temporale continua di composizioni di gas, purtroppo rappresenta una grande sfida. Il campionamento manuale diretto mediante la scalata del vulcano è arduo e richiede tempo, per non parlare dei potenziali pericoli in caso di eruzione improvvisa; d’altra parte, le apparecchiature di monitoraggio fisse, spesso non registrano dati rappresentativi sulla composizione dei gas, principalmente a causa delle mutevoli direzioni del vento.
I droni scientifici di misurazione possono superare questi problemi, sono stati utilizzati anche per misurare la composizione chimica delle emissioni vulcaniche, in questo modo, il rischio per i vulcanologi di essere messi in pericolo da improvvisi cambiamenti dell’attività vulcanica è significativamente minore a causa delle maggiori distanze. Inoltre, i droni consentono di raggiungere fonti di emissione altrimenti difficili o impossibili da raggiungere, come fumarole su terreni ripidi e scivolosi o parti più vecchie del pennacchio che tipicamente si trovano in zone sottovento e ad altitudini più elevate. Finora per il monitoraggio dei vulcani sono stati utilizzati solo droni più grandi, il che non è pratico nelle regioni per lo più remote in cui si trovano solitamente i vulcani.

Piccolo sistema drone adatto al trasporto in uno zaino da escursionismo
Il team di ricerca della Johannes Gutenberg University Mainz (JGU) insieme al vulcanologo Nicole Bobrowski che conduce ricerche presso la Ruprecht Karls University di Heidelberg e presso l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) di Catania, ha testato un minuscolo drone commerciale di peso inferiore a 900 grammi dotato di sensori miniaturizzati e leggeri. L’intero sistema di misurazione non pesa più di una bottiglia di acqua minerale, potrebbe essere trasportato facilmente sulla scena in uno zaino da trekking, ma non è solo il peso del drone a essere determinante.
Nicole Bobrowski ha detto:
«Abbiamo bisogno di ottenere dati in tempo reale sui livelli di anidride solforosa in quanto ciò ci consente di sapere quando siamo effettivamente in contatto con il pennacchio vulcanico, qualcosa che si sposta prontamente nel tempo in risposta ai fattori atmosferici».
Thorsten Hoffmann ha aggiunto:
«La localizzazione di un pennacchio con i soli mezzi visivi da una distanza di diversi chilometri è praticamente impossibile».
Il progetto è sostenuto finanziariamente dall’area potenziale di ricerca “Sistemi magmatici terrestri” (TeMaS) presso JGU. Lo scopo di TeMaS, insieme ai ricercatori di Francoforte, Heidelberg e Monaco, è quello di comprendere i processi magmatici nel mantello terrestre e l’atmosfera, combinando l’esperienza di discipline diverse come la petrologia sperimentale e la chimica atmosferica.

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About Pino Silvestri

Pino Silvestri, blogger per diletto, fondatore, autore di Virtualblognews, presente su Facebook e Twitter.
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