Bruxelles preoccupata per il dopo Brexit, i produttori britannici potrebbero sfruttare commercialmente i nomi alimentari protetti come lo champagne, il parmigiano, il prosecco e la feta

Man mano che ilBrexit Day si avvicina, non è stata ancora risolta la questione della protezione delle denominazioni alimentari in Gran Bretagna e nell’Unione europea. L’UE dal parmigiano alla feta, dai pascoli della Cornovaglia alla birra bavarese, protegge con vigore le denominazioni di origine protette (DOP) e le indicazioni geografiche protette (IGP).
L’Europa con questo quadro giuridico protegge svariati prodotti molto popolari, impone che alcuni possano essere fabbricati solo in determinate regioni, per esempio, per le derrate, lo champagne deve essere prodotto nella regione dello Champagne in Francia, il prosecco in una piccola zona del nord-est d’Italia, ecc. Si tratta di prodotti con grandi quote di mercato nel Regno Unito, in cui la fedeltà dei consumatori è costruita e consolidata attraverso l’uso di questi rinomati nomi geografici.
La questione è importante anche per il Regno Unito, molti prodotti britannici sono protetti dal diritto comunitario dell’UE, aiuta a proteggere sia la loro qualità sia il loro valore.
Il Regno Unito quando lascerà l’Unione europea, non sarà più soggetto alle leggi che disciplinano lo status protettivo di questi prodotti. Il recente Libro bianco del governo, che ha delineato i piani del Regno Unito per la Brexit, dichiara che il Regno Unito istituirà una propria protezione delle denominazioni geografiche per garantire una protezione continua dei prodotti britannici all’interno del Regno Unito, ma non menziona alcuna continuazione del sistema di protezione dell’UE.
Bruxelles ha espresso il timore che i produttori britannici comincino a sfruttare commercialmente le denominazioni europee precedentemente protette. Eppure, paradossalmente, i prodotti britannici non perderebbero il loro status (in futuro potrebbero ancora chiedere nuove registrazioni nell’UE), poiché l’UE consente la protezione di denominazioni geografiche di paesi terzi. E’ questo uno squilibrio che sembra piacere ai negoziatori britannici.
La Commissione europea teme quindi che, dopo la Brexit, possa svanire l’elevato livello di protezione di cui godono in questo momento i prodotti europei nel Regno Unito in virtù del diritto dell’Unione europea. La proposta del “Libro bianco del governo” contrasta con la proposta della Commissione, suggerisce che il Regno Unito continui a proteggere le indicazioni geografiche, come avviene nell’ambito dell’UE.

Ingerenza degli Stati Uniti
Il desiderio dell’UE che il Regno Unito, dopo la Brexit, mantenga la sua protezione delle indicazioni geografiche è destinato a entrare in collisione con gli interessi strategici degli Stati Uniti. La posizione degli Stati Uniti è un fattore importante di cui tenere conto nei negoziati della Brexit. Il Regno Unito se sottoscriverà un accordo commerciale con gli Stati Uniti, probabilmente sarà in contrasto con molte normative UE, comprese le disposizioni che disciplinano l’uso delle denominazioni geografiche per i prodotti alimentari e le bevande.
Gli Stati Uniti applicano regole diverse per quanto riguarda la protezione di queste denominazioni. Numerose imprese alimentari statunitensi utilizzano liberamente le espressioni geografiche europee (tra cui parmigiano e feta per i formaggi) per identificare prodotti che non sono stati prodotti nei rispettivi stabilimenti europei. Negli Stati Uniti si tratta di nomi generici che descrivono i prodotti che non possono essere monopolizzati da nessuno, nemmeno dai produttori provenienti dalla zona geografica europea interessata.
Gli Stati Uniti per questo motivo stanno esercitando pressioni sul Regno Unito affinché abbandoni la protezione delle indicazioni geografiche dell’Unione europea, in particolare per consentire alle aziende alimentari e di bevande statunitensi di entrare nel mercato britannico utilizzando liberamente le denominazioni europee: un accordo commerciale USA-Regno Unito dipenderebbe probabilmente dall’abbandono, da parte del Regno Unito, della protezione delle indicazioni geografiche a livello dell’UE. Ciò, a sua volta, comprometterebbe le prospettive di un accordo con l’UE, un partner commerciale ancora più importante per il Regno Unito.

Punto critico
L’UE durante i negoziati commerciali ha costantemente esaltato la protezione dei propri nomi geografici, ciò si è rivelato un grande punto critico nei negoziati del “Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti (TTIP)” (è un accordo commerciale di libero scambio in corso di negoziato dal 2013 tra l’Unione europea e gli Stati Uniti d’America). La Francia e la Grecia, ad esempio, hanno minacciato di porre il veto a un accordo con gli Stati Uniti, salvo che questi non avessero mantenuto le loro indicazioni geografiche. Recentemente il ministro italiano dell’Agricoltura ha osservato che l’Italia non può ratificare l’accordo commerciale dell’UE con il Canada perché, a suo parere, non protegge adeguatamente le denominazioni geografiche italiane.
E’ evidente che non si può quindi dire che l’intero accordo della Brexit possa essere imperniato sulla questione delle indicazioni geografiche. Non vi è dubbio che fornire nel Regno Unito un livello di protezione paragonabile a quello dell’attuale sistema UE, ad esempio attraverso un sistema di riconoscimento reciproco UE-Regno Unito, faciliterebbe un accordo non solo sulla questione specifica dei nomi geografici, ma anche sull’intero accordo della Brexit. Ciò renderebbe meno probabili gli accordi commerciali favorevoli tra il Regno Unito e gli Stati Uniti. Sicuramente la battaglia sulle indicazioni geografiche proseguirà.

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Pino Silvestri, blogger per diletto, fondatore, autore di Virtualblognews, presente su Facebook e Twitter.
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