Brexit – La Gran Bretagna ha bisogno degli immigrati che non vuole

La Gran Bretagna ha un problema: vuole meno immigrati, ma la sua economia ha disperatamente bisogno di più lavoratori. Il governo dopo la decisione di uscire dall’UE nel marzo 2019 sta cercando di ridurre il numero d’immigrati dall’Unione europea. Sta progettando controlli più severi, nonostante gli avvertimenti che sono necessari altri lavoratori dell’UE per raccogliere le colture del paese, costruire case per i suoi cittadini, la ristorazione, i servizi, ecc.

Rischi particolarmente pronunciati nell’assistenza sanitaria
Il servizio sanitario nazionale afferma che in Inghilterra esistono oltre 11.000 posti di cura infermieristici e altri 6.000 posti vacanti in tutta la Scozia, il Galles e l’Irlanda del Nord. Il sistema sovraccaricato, descritto dalla Croce Rossa britannica come una “crisi umanitaria”, si basa già su 33.000 infermieri dell’UE.
Josie Irwin responsabile del rapporto di lavoro presso il Royal College of Nursing (è un’organizzazione di appartenenza e sindacato con più di 432.000 membri nel Regno Unito. La maggior parte dei membri registrati sono infermieri e assistenti sanitari), ha detto:
«NHS, il Sistema Sanitario Britannico è in crisi. Ci sono enormi problemi di assunzione di personale. Brexit può solo peggiorare la situazione».
Jason Filinras, greco ventinovenne, lo scorso anno è stato assunto come infermiere in un ospedale appena a nord di Londra, esegue test e determina come trattare i pazienti dopo che sono stati stabilizzati in pronto soccorso, ha detto:
«Se hai un paziente che non è in grado di prendersi cura di se stesso, lo devi aiutare a lavarsi, andare al bagno, nutrirlo».
Jason Filinras è uno dei 250 infermieri reclutati negli ultimi due anni dall’Unione Europea per essere assunti dal West Hertfordshire Hospitals Trust per lavorare nei suoi tre ospedali (gli infermieri inglesi sono insufficienti). I cittadini dell’UE costituiscono oggi il 22% del personale infermieristico.
L’impulso politico per ridurre l’immigrazione dall’UE può essere fatto risalire al 2004, quando la Gran Bretagna ha aperto i propri confini ai lavoratori di otto paesi dell’Europa orientale che avevano aderito all’UE. I funzionari governativi ogni anno prevedevano l’ingresso in Gran Bretagna di 5.000, 13.000 persone. Invece, solo il primo anno sono arrivate 177.000 persone.
I critici dicono che l’aumento dell’immigrazione ha cambiato il tessuto delle comunità locali ed ha sottoquotato i salari dei lavoratori britannici. E’ un argomento che ha avuto un forte impatto con gli elettori, secondo un sondaggio di Ipsos Mori, l’immigrazione prima del referendum di Brexit nel giugno 2016 è stato il tema più importante per gli elettori.
Theresa May, diventata primo ministro a seguito del referendum dell’UE, ha promesso di portare la migrazione netta annuale sotto le 100.000 unità. La cifra era di 248.000 nel 2016.
E’ stato difficile raggiungere l’obiettivo perché le norme UE permettono ai cittadini di muoversi liberamente all’interno dell’Unione Europea. Theresa May ha detto che Brexit significherà la fine della libera circolazione.

Brexit un gioco pericoloso per l’economia britannica
Heather Rolfe, ricercatore presso l’Istituto Nazionale di Ricerca Economica e Sociale ha detto: «Il governo sta mettendo la politica sopra l’economia, è un gioco pericoloso».
Gli economisti laburisti affermano che un calo radicale dell’immigrazione danneggerebbe l’economica britannica. L’Ufficio per la responsabilità di bilancio, l’organo di vigilanza fiscale del governo, ha dichiarato che 80.000 immigrati in meno l’anno ridurrebbe la crescita economica annua di 0,2 punti percentuali.
Christian Dustmann, professore di economia presso l’Università di Londra, ha aggiunto: «Perdere queste persone sarebbe un duro colpo, significa che alcuni settori potrebbero trovare difficoltà a sopravvivere».
Alcuni lavoratori dell’UE, sconvolti dalla retorica politica e dalla mancanza di chiarezza sul loro status giuridico, stanno già lasciando la Gran Bretagna. L’Ufficio per le statistiche nazionali ha evidenziato che la migrazione netta dall’UE da 184.000 unità nel 2015 è scesa a 133.000 nel 2016.
L’impatto è già evidente: The Nursing and Midwifery Council (NMC) (Il Consiglio infermieristico e ostetrico è l’organo di regolamentazione professionale per infermieri e ostetriche nel Regno Unito), ha dichiarato che nell’anno che è terminato a marzo circa 6.400 infermieri dell’UE si sono registrati per lavorare nel Regno Unito, con un calo del 32% rispetto all’anno precedente. Altre 3.000 infermiere dell’UE hanno smesso di lavorare nel Regno Unito.

Problemi anche in altri settori
La Food and Drink Federation rappresenta 46.000 hotel, ristoranti e club, ha avvertito che il settore con l’eventuale riduzione del numero di lavoratori dell’UE, dovrà far fronte a una carenza di 60.000 lavoratori l’anno.
KPMG stima che il 75% dei camerieri e cameriere e il 37% del personale di pulizia in Gran Bretagna provenga dall’UE. Le aziende britanniche sono fortemente dipendenti da questi lavoratori.
Gruppi di lavoro e sindacati hanno ripetutamente chiesto al governo di moderare la sua posizione negoziale, Theresa May non ha mostrato alcun segno di sostegno.
Heather Rolfe ricercatore presso l’Istituto Nazionale di Ricerca Economica e Sociale, in conclusione ha detto: «Il governo interpreta il voto per lasciare l’UE come voto contro l’immigrazione, in qualche misura ciò è vero».
Le parole di Heather Rolfe trovano conferma con Boston, una città sulla costa orientale dell’Inghilterra: secondo i dati del censimento, nel decennio fino al 2011 la popolazione straniera della città è cresciuta del 467%. La città nel 2016, alle urne per il referendum di Brexit ha avuto la più alta percentuale di elettori che hanno scelto di lasciare l’UE.

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