A Roma turisti "spennati",la denuncia del New York Times

Un po’ d’acqua nel sugo grazie all’ordinazione urlata con un tono diverso dal solito – e il cuoco capisce che si tratta di "turisti" – tre dollari per un cappuccino, pasta precotta e coperto nel conto. Ecco come Roma spenna i "turisti", tra virgolette, proprio come il New York Times, autore della denuncia contro i ristoratori della capitale, indica per tutto l’articolo le vittime dei raggiri. Non tourists, ma come li indichiamo nella nostra lingua.
Certo, sostiene il quotidiano americano (di solito ben disposto con la città, tanto da dedicare quest’inverno un caloroso panegirico al carciofo alla romana ed appena tre giorni fa una compiaciuta inchiesta sul mondo della moda della capitale) "sfruttare i turisti non è una sorpresa qua come ovunque nel mondo", ma "anche gli stranieri residenti affermano che i romani hanno tutto un gusto particolare" a farlo.
"Ogni turista che capita a Roma conosce questa sensazione – continua il quotidiano – ovvero il rendersi conto che gli italiani non pagano tre dollari per un minuscolo cappuccino, o quattro per un cestello di pane che nessuno ha ordinato". Un sospetto "spesso ben fondato, e confermato dai ristoratori romani nei loro momenti di candore". Ecco la tabella: "40 centesimi extra per un caffè, quattro per una bottiglia di vino" e così di seguito. Oppure "la sostituzione degli ingredienti originali con altri di qualità inferiore per un piatto di spaghetti alla carbonara".
Tra i trucchi più comuni per massimizzare i profitti "regole matematiche molto confuse nel fare il conto su una ricevuta non fiscale, pane e coperto che risentono terribilmente dell’inflazione, discrepanze difficilmente comprensibili nei prezzi presenti sul menù in inglese e su quello in italiano". Persino "quei stupefacenti e sproporzionati costi di servizio caricati per il caffè al tavolo rispetto a quello al banco".
No, non è per cattiveria, spiega al New York Times Tegan Shioler, chef canadese che per anni ha bazzicato le cucine e le cantine della Città Eterna, "i romani non considerano questo atteggiamento un crimine, ma una sorta di rivalsa. Nel senso che ad alcuni di loro i turisti non piacciono, e si giustificano dicendo che in fondo sono loro ad ammettere i visitatori a un particolare privilegio": quello di ammirare a bocca aperta Roma. E "non lo fanno senza una certa dose di divertimento".
Divertimento di cui non fanno le spese soltanto gli stranieri in senso stretto: "Anch’io ho pagato a lungo più degli altri avventori il mio caffè del mattino", ha confidato al quotidiano americano tale Chiara Basso, di Mantova, "vengo dal nord, e ho un certo accento".
Fonte: Repubblica

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