1° maggio: sindacati contro i lavoratori

E’ dal 1993 che tutte le trattative triangolari sindacati-padronato-governo si risolvono in diminuzione di diritti e di potere dei lavoratori. Una delle anomalie del nostro Paese è appunto questa: ad ogni trattativa con il padronato o il governo i lavoratori escono con una riduzione di quello che avevano!In queste condizioni, l’unità sindacale che fu un grande valore ai tempi di Lama, Storti e Vanni e motore di una eccezionale stagione di lotta per le riforme alla quale parteciparono milioni e milioni di lavoratori ed intere popolazioni, oggi è diventato un disvalore. Stare insieme a Cisl e UIL ha un solo significato: fare del sindacato uno strumento con il quale il padronato e la destra politica infliggono dure sconfitte ai lavoratori ed accrescono la loro subalternità.

Titolo originale (1 maggio: sindacati e lavoratori) di Pietro Ancona

Ultimo sgarbo ai lavoratori il giorno del 1° maggio: molte città italiane, in gran parte con sindaci pd, hanno concesso ai commercianti di aprire i negozi, in nome dell’interesse della categoria ma anche dei consumatori, una entità che viene evocata per contrapporla ai lavoratori. Una scelta che non corrisponde neppure alla volontà della popolazione. Un sondaggio di “Repubblica” dà l’81% di contrari!
Lo sgarbo viene fatto ai dipendenti dei negozi, in stragrande maggioranza donne, notoriamente sfruttate con bassissimi salari e condizioni quasi proibitive di lavoro. I sindacati hanno indetto scioperi di protesta ma la forza dei dipendenti è minima, quasi inesistente specialmente nelle piccolissime aziende.
L’apertura dei negozi avvia un percorso che potrebbe portare alla soppressione della festività. I nostri liberisti hanno come faro ideologico gli USA: qui dove è nato nel lontanissimo 1886 la Festa del lavoro per rivendicare il diritto alle otto ore ed anche per ricordare i martiri di Chicago, il 1° maggio è normale giorno lavorativo. Anche nella Cina del totalitarismo postcomunista e liberista la festività è stata di fatto abolita. In entrambi i casi la scelta è ideologica: sopprimendo il 1° maggio si disconosce oltre un secolo di storia del movimento operaio stroncato in USA dalle fucilate degli sceriffi e della Pinkerton (madre della Blackwater oggi impegnata con centinaia di migliaia di killers nelle imprese coloniali) e dalle impiccagioni ed in Cina dall’avvento di un regime ipercapitalistico che distrugge diritti e dignità. Molti lavoratori cinesi sono talmente vessati da dover scegliere la rivolta o il suicidio per sfuggire all’inferno della loro condizione.
Le più importanti manifestazioni del 1° Maggio in Italia sono unitarie. Epifani, Bonanni ed Angeletti parleranno dallo stesso palco a Rosarno. Di che cosa parleranno? La Cisl e l’UIL praticano la politica degli accordi separati con padronato e governo: hanno approvato l’allegato lavoro della 1167 difendendolo financo dalle osservazioni del Capo dello Stato, hanno firmato il rinnovo del contratto separato dei metalmeccanici, hanno dato vita ad una fondamentale riforma della contrattazione che quasi annichilisce e comunque mette su un binario morto il contratto collettivo nazionale di lavoro. La CGIL si è opposta e continua ad opporsi e lotta contro l’isolamento fomentato da Sacconi che vuole “complicità tra sindacati ed imprese”, ma è in grandi difficoltà che la paralizzano. E’ assediata dal PD al quale fanno riferimento la stragrande maggioranza dei quadri dirigenti funzionari a tempo pieno dell’organizzazione. Il PD ha presentato un disegno di legge per l’introduzione in Italia del Contratto Unico di Ingresso che di fatto abolisce l’art.18 e fa del precariato la forma principale disoccupazione. Inoltre la CGIL ha lasciato cadere le sue obiezioni sulla legge Biagi, non rivendica dalle aziende miglioramenti salariali, dichiara di aborrire la scala mobile, non si oppone alle privatizzazioni, si è disimpegnata dalla lotta per la pace, non difende con la fermezza necessaria il welfare.
Insomma, a parte la difesa spesso anacronistica e di pura rimessa dagli attacchi più brutali e sfacciati della destra, la politica sindacale e sociale della CGIL è sempre più ristretta ed incanalata nell’alveo della “concertazione”. Una concertazione che da tempo non è più tale dal momento che si limita a registrare l’agenda dettata dalla Confindustria. E’ dal 1993 che tutte le trattative triangolari sindacati-padronato-governo si risolvono in diminuzione di diritti e di potere dei lavoratori. Una delle anomalie del nostro Paese è appunto questa: ad ogni trattativa con il padronato o il governo i lavoratori escono con una riduzione di quello che avevano!
In queste condizioni, l’unità sindacale che fu un grande valore ai tempi di Lama, Storti e Vanni e motore di una eccezionale stagione di lotta per le riforme alla quale parteciparono milioni e milioni di lavoratori ed intere popolazioni, oggi è diventato un disvalore. Stare insieme a Cisl e UIL ha un solo significato: fare del sindacato uno strumento con il quale il padronato e la destra politica infliggono dure sconfitte ai lavoratori ed accrescono la loro subalternità.
Ieri sera Anno Zero ha offerto uno spaccato della lotta sociale di straordinaria intensità. I bravi ed intelligenti cassiintegrati dell’Asinara, con grande saggezza e garbo, hanno costretto Bersani a mostrare la sua lontananza dalle loro lotte. A domanda hanno risposto che debbono la loro resistenza a se stessi ed alle loro famiglie. I lavoratori della Scala di Milano venivano mostrati mentre una ingiustificata repressione poliziesca conteneva la loro protesta contro la distruzione dei teatri e della cultura italiana, lavoratrici mostravano tutto il loro smarrimento per la fatica di vivere diventata angosciante. Il disagio esistenziale di milioni e milioni di persone che vivono di lavoro non ha trovato un punto di contrasto nel sindacato italiano. La solitudine dei lavoratori è immensa ed i tanti suicidi ne sono la conseguenza. Sindacato e PD parlano una lingua e sono distanti dalla gente. L’altra anomalia italiana è quella di avere potenti confederazioni sindacali, forti di oltre dieci milioni di iscritti che però sono preda di processi inarrestabili di impoverimento e di perdita di peso sociale. Le Confederazioni sono diventate delle ricche conglomerate di servizi, spesso unite attraverso gli enti bilaterali alle organizzazioni del padronato con le quali hanno dato vita ad una estesa burocrazia a cui si applicano i marchingegni della legge Biagi. I lavoratori sono al limite della sopravvivenza.
Se continua così gli interessi dei lavoratori e quelli delle confederazioni diventeranno sempre più diversi. I sindacati rischiano di diventare un peso ed addirittura di sottrarre diritti fino ad oggi garantiti dalle leggi. La privatizzazione del diritto del lavoro che ha una tappa importante nel trappolone dell’arbitrato varato ieri dalla Camera andrà avanti e produrrà altre limitazioni del diritto e delle libertà.
Quando finisce la libertà nel lavoro finisce dappertutto.
Ma la secolare storia della CGIL non può concludersi con una scelta simile a quella che costrinse nel 1911 Di Vittorio ad andarsene e dare vita all’USI. La tradizione riformista di Di Vittorio, Santi, Foa, Lama non può sfociare nel sindacalismo subalterno al padronato e collaborazionista. La CGIL è popolata da milioni di lavoratori che hanno una storia sociale che ha fatto grande e civile l’Italia. La CGIL deve recuperare la sua anima perduta nell’ipocrisia dei riti unitari e nell’involuzione da sindacato di lotta e di movimento ad erogatore di servizi. La sua base militante non ha mai perduto questa anima!
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