Un chimico senza utilizzare il petrolio ha creato una bioplastica, biodegradabile e riciclabile

Posate e altri prodotti a base di biomateriale PLA sono biodegradabili, ma non completamente riciclabili. I ricercatori della Colorado State University (CSU) in un recente lavoro, hanno segnalato una svolta nei polimeri riciclabili, usando il calore possono essere ricondotti nuovamente al loro stato molecolare originale.
L’innovazione è merito del laboratorio di Eugene Chen, professore di chimica (recente vincitore del premio Presidential Green Chemistry Challenge), insieme a Miao Hong, ricercatrice, borsista post-dottorato, il 23 novembre 2015 su Nature Chemistry, hanno descritto come sintetizzare un poliestere che, quando è semplicemente riscaldato per un’ora, si converte al suo stato molecolare originale, pronto per il riutilizzo. Riciclabile, nel senso più puro del termine.
La loro scoperta di un biopolimero chiamato poli (GBL) potrebbe rendere veramente riciclabile la plastica. Il GBL è un liquido incolore che ha una varietà di usi tra i quali la rimozione di colla e una soluzione per la pulizia. La comunità scientifica prima della scoperta di Eugene Chen aveva teorizzato non possibile la conversione di GBL a un polimero. Eugene Chen e Miao Hong, la pensavano diversamente, hanno condotto esperimenti, alla fine, hanno scoperto un metodo che dal GBL ha portato alla produzione di poli (GBL).

Plastiche rinnovabili
Le materie plastiche sono il tipo più comune di polimero artificiale, che è il termine chimico per una lunga catena di ripetizione di piccole molecole, o monomeri. Le materie plastiche come il polietilene e polistirene sono il re dei polimeri sintetici, ora sono sotto accusa per l’accumulo nelle discariche. Il Laboratorio di Chen è impegnato a produrre plastiche rinnovabili e biodegradabili e altri polimeri per sostituire i materiali a base di petrolio convenzionale. Eugene Chen ha detto:
«Ogni anno, a livello individuale sono consumati più di 200 chili di polimeri sintetici, la maggior parte di questi polimeri non sono rinnovabili. La grande spinta ora è di produrre polimeri o materiali plastici rinnovabili e biodegradabili. E’ solo una parte della soluzione perché in termini di riciclaggio delle materie prime i polimeri biodegradabili necessariamente non sono riciclabili».
Oggi sul mercato ci sono diverse materie plastiche biodegradabili, fra tutte quelle prodotte con il PLA il primo è l’acido poliattico, un polimero derivato da piante come il mais, il grano o la barbabietola, ricche di zucchero naturale (destrosio), utilizzato per produrre resine simili alla plastica o fibre. Oggetti come tazze, posate, piatti, vassoi, contenitori, bicchieri, coppette gelato, cannucce, sono realizzate in PLA. Sono biodegradabili, sì, ma non sono veramente riciclabili – una volta fatto, non possono essere completamente ricostituite nel loro stato monomero originale senza formare altri, indesiderati sottoprodotti.
E che dire di quei piccoli numeri sul fondo dei contenitori di plastica? Non significa “riciclabili”? In parte. Bottiglie di soda, tastiere di computer e milioni di altre materie plastiche possono essere riproposte per estendere il loro ciclo di vita, ma nel vero senso chimico di “riciclabilità”, fino ad ora era sconosciuto poter sintetizzare le biomolecole in un materiale utile, e poi nuovamente completamente convertito nelle stesse molecole riscaldando semplicemente il materiale sfuso.
Eugene Chen in conclusione ha detto:
«Nei miei quindici anni alla CSU, probabilmente per il mio gruppo è il lavoro più eccitante, abbiamo creato una classe di biopolimeri realmente sostenibili, perché sono entrambi rinnovabili e riciclabili, sulla base di un monomero bio-derivato in precedenza dichiarato non polimerizzabile».

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Pino Silvestri, blogger per diletto, fondatore, autore di Virtualblognews, presente su Facebook e Twitter.
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