Suor Maria Gómez Valbuena, accusata di aver rubato migliaia di neonati, venduti in adozione

Luisa Torres, il 31 marzo 1982, subito dopo il risveglio dall’anestesia generale, chiese: “Dov’è la mia bambina?”.
Suor Maria Gómez Valbuena, assistente presso il Maternity Hospital di Santa Cristina a Madrid, in un primo momento rispose alla donna che la bambina era morta, poi che non era morta ma doveva essere data in adozione a una famiglia francese perché era nata al di fuori del matrimonio e non poteva rimanere con una mamma inadatta.
Luisa Torres, aveva ventiquattro anni, rimasta sola in camera, si alzò dal letto e raggiunse il reparto neo natale. In una incubatrice vide una bambina con il nome Maria riportato sulla targhetta.
Suor Maria Gómez Valbuena, arrivò subito dopo, la prese per un braccio, la trascinò nella sua stanza, la buttò sul letto, minacciandola di fargli togliere anche l’altra figlia di due anni.
Luisa Torres, terrorizzata a morte, perse le tracce della sua bambina, aveva troppa paura di confrontarsi nuovamente con quella suora.
I genitori adottivi, Alejandro Alcalde e la moglie, pagarono 200.000 pesetas (l’equivalente di 6.600 dollari di oggi), per quella bambina di nome Maria.
Maria Pilar Alcalde, ora  ha trent’anni. Racconta:
“Ho iniziato a cercare mia madre a quindici anni, dopo il divorzio dei miei genitori adottivi. Mio padre adottivo mi ha aiutato a rintracciare la mia mamma biologica. All’inizio della ricerca siamo andati a chiedere notizie a Suor Maria Gómez Valbuena, nel corso degli anni aveva tenuto i contatti con i miei genitori adottivi.
La suora non lasciò trapelare nulla, raccontò che di fronte a mia madre, giurò a Dio che non avrebbe mai rivelato la sua identità“.
Luisa Torres, ha sempre pianto per quella sua bambina, specialmente nel giorno dei suoi compleanni. La sua determinazione per ritrovarla non è mai appassita, nonostante la difficoltà imposta dalla legge sulla privacy spagnola che impedisce ai genitori che danno i loro figli in adozione di ottenere informazioni sulla loro sorte o di nuove identità.
La speranza di ritrovarla è aumentata un anno e mezzo fa, quando altri casi di “bambini rubati” sono iniziati ad apparire nei media.
Inés, l’altra figlia, ha raccontato la storia al quotidiano spagnolo El Mundo.
Poco dopo un giornalista di Antena 3, ricordò che sette anni prima su El Diario, si era intrecciata la storia di  Alejandro e Maria Pilar con quella di Luisa Torres.
ll 30 giugno 2011, Luisa Torres, 54 anni, e Maria Pilar, dopo il test del DNA, sono state invitate a partecipare a un programma di El Diario TV. Prima di andare in onda, erano state intervistate separatamente, non immaginavano quello che sarebbe accaduto di lì a poco. Sedute una accanto all’altra, sono rimaste con il fiato sospeso fino a quando il presentatore televisivo non ha terminato di leggere i risultati del DNA. E’ stata una indimenticabile esplosione di grande gioia, Luisa Torres, tra le lacrime, mentre abbracciava la figlia ritrovata, diceva: “Ti amo, perdonami”. Sua figlia, singhiozzando, rispondeva: “Mamma, non hai nulla da  farti perdonare”.
Molti mesi dopo, hanno ricordato quel momento cruciale, come se fosse ieri.
Luisa Torres, ha detto:
“Ero quasi svenuta, mi tremavano le gambe. E’ stata una giornata intensa, molto bella e felice.
Maria Pilar, ha detto:
“Mi gettai tra le sue braccia, non riesco ancora a crederci”.
Il ricongiungimento di Luisa Torres con la figlia Maria Pilar, ha permesso alla coppia di accusare la suora. Finora, suor Maria non ha risposto alle accuse del pubblico ministero in tribunale.
Il 3 aprile 2012, Luisa Torres e Maria Pilar, si sono presentate davanti al giudice per l’udienza preliminare.

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Pino Silvestri, blogger per diletto, fondatore, autore di Virtualblognews, presente su Facebook e Twitter.
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