L’ateismo è in pericolo di estinzione?

I ricercatori dell’Università della Danimarca hanno condotto uno studio che suggerisce una conclusione, la laicità è in pericolo di estinzione, c’è un minor numero di atei, la maggior parte degli umani ha una sorta di credo religioso. La sintesi di questa conclusione è semplice: le famiglie religiose hanno più figli rispetto alle famiglie atee.

La fine dell’ateismo
Gli autori dello studio dopo aver analizzato i dati riguardanti la fertilità e le credenze religiose del popolo della Malesia e degli Stati Uniti, hanno concluso che gli atei non si riproducono tanto quanto chi abbraccia ogni dottrina religiosa.
La famiglia musulmana è la più fertile, in media ha cinque figli in Malesia e quattro negli Stati Uniti, a seguire sono i cristiani, la media è di tre bambini in entrambi i paesi. Coloro che non hanno religione, tuttavia, hanno meno di due bambini, mentre solo i buddisti sembrano riprodurre meno degli atei o, più pertinentemente, di quelli senza istituzionalizzazione delle convinzioni.
Ovviamente, nascono atei nelle famiglie di credenti e credenti nelle famiglie di atei, senza trascurare che nella famiglia l’istruzione nei primi anni di vita, in gran parte determina la credenza religiosa di una persona.

La forza delle idee
In ogni caso, prevedere che in futuro ci saranno meno atei è rischioso come prevedere il contrario, perché la religione di una nazione dipende non solo dall’educazione in famiglia, ma da molti fattori. La Spagna, ad esempio è sempre stata un paese molto cattolico, ma è il quinto paese con il maggior numero di atei: forse perché la religione è già stata associata a un’epoca vecchia, reazionaria e fascista.
In conclusione l’ultima indagine di Gallup, alla fine del 2014 ha intervistato 64.000 persone in 65 nazioni, ha evidenziato che più del 63 per cento della popolazione mondiale si definisce religioso, mentre solo il 22 afferma di non esserlo. L’11 per cento, infine, si dichiara ateo.

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Pino Silvestri, blogger per diletto, fondatore, autore di Virtualblognews, presente su Facebook e Twitter.
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